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Affidarsi a Gesù come Maria. “Fate quello che egli vi dirà”

Relazione di Suor Riccarda Lazzari, docente del “Camillianum” di Roma in occasione dell'incontro Diocesano dei Ministri Straordinari della Comunione in preparazione alla celebrazione della XXIV Giornata mondiale del malato. Sabato 30 gennaio, Aula Magna del Politecnico Attilio Alto, Università degli Studi di Bari, Facoltà di Ingegneria

Il tema ha un obiettivo: Affidarsi a Gesù sull’esempio di Maria che a Cana  ha pronunciato le famose parole: fate quello che Egli vi dirà. Le parole chiavi del nostro tema sono appunto queste che la madre del Signore ha rivolto ai servi. Sono le ultime parole  della Vergine:  il suo testamento spirituale, il programma di vita che ci ha lasciato!

Per comprendere appieno queste parole  è necessario conoscere anzitutto il contesto in cui Maria le ha pronunciate. Pertanto presento brevemente la scena evangelica delle nozze di Cana, i personaggi, i  significati.

1. Le Nozze di Cana

L’evento delle nozze di Cana  lo scrive soltanto l’evangelista Giovanni. Egli scrive il suo Vangelo intorno al 90-100 dopo Cristo,  ed è l’autore più tardivo del Nuovo Testamento,  perciò trasmette alla chiesa una delle riflessioni più mature sulla persona di Gesù e della  Madre di Lui.

Nel vangelo di Giovanni non compare mai il nome “Maria” riferito alla Vergine, mentre in quello  di Luca compare 12 volte[1]; l’evangelista del quarto vangelo usa invece i termini: “ Madre di Gesù[2], e “Donna”.

1.1 Il Contesto  e la prospettiva

L’episodio è situato a Cana in un villaggio della Galilea nominato tre volte nel Vangelo di Giovanni (2,1; 4,46; 21,2). Cana  è localizzata a 8 Km da Nazareth, sulla via che porta a Tiberiade[3]. Un giorno, in quel paesino, si festeggiava uno sposalizio (Gv2,1) e a quella festa fu invitata Maria  la Madre di Gesù (v.1b); l’invito fu  poi rivolto  anche a Gesù e ai suoi discepoli. Secondo l’esposizione letterale del testo, è Maria l’invitata, e probabilmente a causa di lei, sono stati invitati anche Gesù e i suoi discepoli. “S. Tommaso pensa,  persino che fu chiesto a Maria se bisognava invitare Gesù[4].

A un certo punto del pranzo viene  a mancare il vino e di fronte a questo disagio, la Vergine, attenta e premurosa, si rivolge direttamente a  Gesù  dicendo “non hanno più vino”. La risposta del Figlio alla Madre è alquanto enigmatica, Egli sembra rifiutare la proposta sottesa alla dichiarazione di Maria, adducendo, però,  un motivo: “non è ancora giunta la mia ora” (v. 4); “ma la  Madre, come se Gesù avesse acconsentito[5], dice ai servi: “fate quello che Egli vi dirà”. E Gesù, dietro  l’istanza  della Madre, anticipa “la sua ora” e dà inizio ai “segni” della Salvezza.

1.2 La sollecitudine compassionevole

Alle di Nozze di Cana,  Maria non appare soltanto come  invitata, ma  emerge come figura che ha delle responsabilità. Vari studiosi concordano nell’attribuire a Maria un ruolo qualificato  nel servizio della tavola[6]. Infatti quando Lei si  rivolge  ai servi: usa un verbo imperativo “fate quello che egli vi dirà”; questa direttiva manifesta che la Madre del Signore possedeva, in quel contesto, una certa autorevolezza.

Mentre i convitati pranzano tranquillamente, Maria, attenta e premurosa, si accorge che viene a mancare il vino. Il disagio è grande per quel momento conviviale. Ma ciò che preoccupa Maria,  non è il fatto che la festa venga rovinata, ma che gli sposi vedano guastato quello che dovrebbe essere il più bel giorno della loro vita. Infatti, quando Ella fa presente a Gesù il problema, non dice: “non c’è più vino”, ma “non hanno più vino”[7].

La sollecitudine di Maria, la sua preoccupazione e  compassione materna sono  rivolte ai due giovani sposi; ella si adopera per risolvere tale difficoltà e non c’è altro mezzo che quello di intercedere presso il Figlio, il quale può intervenire oltre le umane possibilità.  In questa ottica, Maria chiede a Gesù di intervenire per una realtà in se umilissima,  che riguarda un aspetto non essenziale  delle vicende umane della vita,  tuttavia lei è preoccupata e si fa mediatrice presso il Figlio. “Nel vangelo più sublime, quello di Giovanni, Maria chiede un miracolo umile, e che si poteva anche evitare[8]. Ma il significato immediato della richiesta di Maria  non è l’unico, ve ne sono altri che superano la sfera materiale e si collocano nel mistero della salvezza. Il vino che manca non è soltanto un elemento della buona tavola, ma riveste anche  altri significati.

1.2.1 “Non hanno più vino”

Queste parole rivolte a Gesù da Maria, non esprimono soltanto la compassione umana rivolta a risolvere un problema immediato dei due sposi, ma comunicano anche un altro bisogno, o meglio, un’altra speranza che il vino stesso rappresenta: la speranza messianica. Maria  chiede al Figlio un segno del suo essere  Messia, un segno che mentre risolve un problema umano, anticipa l’ora della Rivelazione del Figlio, e svela  che è giunta l’ora della Salvezza.

Nel suo atto di fede e nella sua preghiera, Maria appare come rappresentante l’umanità in difficoltà, ed il giudaismo nella sua speranza messianica: essa è  figura dell’umanità e di Israele che attendono una liberazione”[9].

Alla richiesta della Madre, Gesù risponde con parole  enigmatiche che sembrano esprimere un disaccordo: “che vi è tra me e te, o donna?”(v.4), il disaccordo è spiegato da Gesù con le parole: “la mia ora non è ancora venuta”(v.4). L’ora  di Gesù è quella della sua Passione-Morte e Resurrezione, è l’ora della piena Rivelazione, l’ora in cui la Salvezza sarà pienamente attuata. “Maria avrà compreso le parole enigmatiche del figlio? - si domanda un noto mariologo -Probabilmente no. Ma una cosa conta sommamente. Pur non avendo compreso quali siano esattamente le intenzioni del Figlio, Maria si affida totalmente alla volontà di Lui e trasmette ai servi questa sua fede aperta sull’incognito, prima che intervenga l’evidenza del segno: ’fate quello che egli vi dirà’ [10].

1.3 Fate quello che egli vi dirà: è affidarsi totalmente al Signore

Con le  parole «Fate quello che egli vi dirà...»,  Maria si affida totalmente  a Gesù!   Sono parole che contengono un programma di vita. Quel programma  che Ella  realizzò come prima discepola del Signore, e che oggi consegna a tutti  noi.

«Fate quello che egli vi dirà...», significa: ascoltate Gesù mio Figlio, seguite la sua parola e  abbiate fiducia in lui. Imparate a dire «sì» al Signore in ogni circostanza della vostra vita. E' un messaggio molto confortante, di cui tutti sentiamo il bisogno.

«Fate quello che egli vi dirà...». E’ la frase che  racchiude tutta la vita di Maria. La sua vita è stata, infatti, un grande «sì» al Signore. Un «sì» pieno di gioia e di fiducia. Un «sì», che lei ha vissuto tutta la  vita in totale  fiducia a Dio, in perfetta comunione col Figlio, anche  nei momenti più difficili, fino al  Calvario, ai piedi della croce.  Lei non ritira mai il suo «sì», perché ha posto tutta la  vita nelle mani di Dio: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38).

Nell'enciclica Redemptoris Mater è scritto, a questo proposito: «Nell'annunciazione, Maria si è abbandonata a Dio completamente, manifestando "l'obbedienza della fede[11]" a Colui che le parlava mediante il suo messaggero, e prestando "il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà". Maria ha   dunque risposto con tutta se stessa, e in tale risposta di fede, erano contenute: una piena cooperazione  "alla grazia di Dio che previene e soccorre" ed una perfetta disponibilità.

«Fate quello che egli vi dirà...», è, dunque, un progetto di vita basato  sul solido e sicuro fondamento che è  Cristo Gesù.

1.3.1.Fate quello che egli vi dirà: è rimettersi alla volontà di Dio

Pregare non significa dare a Dio l’indicazione di cosa deve fare, ma affidargli  un problema perché lo risolva secondo la sua volontà. Ce lo insegna  Maria, sempre nell’episodio delle nozze di Cana.

Quando la Vergine  si rivolge a Gesù dicendogli: "Non hanno più vino" (Gv 2,3), non dice al Figlio  che cosa  deve fare,  e neppure  gli chiede di compiere un miracolo mediante il quale produrre del vino;  Lei, semplicemente, affida la cosa a Gesù e a Lui lascia la decisione: fate quello che egli vi dirà.

Vediamo così nelle  parole della Madre di Gesù due realtà: da una parte, la sua sollecitudine affettuosa per gli uomini, l'attenzione materna con cui avverte l'altrui bisogno, la sua bontà  e la sua disponibilità ad aiutare;  dall’altra,  Maria si rimette totalmente  al giudizio e alla volontà  del Signore.

A Nazareth Maria ha consegnato a Dio la sua volontà:  ‘Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto’ (Lc 1, 38). Questo è il suo permanente atteggiamento di fondo: affidarsi al Figlio e  lasciare a Lui ogni decisione.

1.3.2 Perché Gesù chiama sua madre: “Donna”

Alle parole di Maria “Non hanno più vino” Gesù risponde: «Che ho da fare con te, donna? Non è ancora giunta la mia ora»

Benedetto XVI ci ha  offerto una chiara  riflessione  su questa difficile risposta di Gesù a sua madre  e in particolare  sul termine “donna” con il quale Egli  la chiama.

<<Noi  non comprendiamo bene e non ci piace molto questo titolo ‘donna’ usato da Gesù nel chiamare sua madre. In realtà  quel  titolo esprime la posizione di Maria nella storia della salvezza. Quel titolo, donna, rimanda al futuro, all'ora della crocifissione, in cui Gesù le dirà: "Donna, ecco il tuo figlio – figlio, ecco la tua madre!" (cfr Gv 19, 26.27). Quel titolo indica quindi in anticipo l'ora in cui Gesù  renderà la Donna, sua madre, madre di tutti i suoi discepoli. D’altra parte, il titolo evoca il racconto della creazione di Eva, e Maria rappresenta la nuova e definitiva donna, la compagna del Redentore, la Madre nostra.

L'appellativo, apparentemente poco affettuoso, esprime invece la grandezza della  missione di Maria.  Ma ancora meno – ha proseguito Benedetto XVI-  ci piace tutto il resto della risposta che Gesù a Cana dà a Maria: ‘Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora’ (Gv 2, 4). Noi vorremmo obiettare: ‘Molto hai da fare con lei! È stata lei a darti carne e sangue, il tuo corpo. E non soltanto il tuo corpo: con il “sì” proveniente dal profondo del suo cuore ti ha portato in grembo, e con amore materno ti ha introdotto nella vita e ambientato nella comunità del popolo d’Israele’. Se così parliamo con Gesù, siamo già sulla buona strada per comprendere la sua risposta.

Nella Sacra Scrittura, infatti esiste un “parallelismo” tra il “sì” di Maria all’Arcangelo Gabriele e il “sì” del Figlio alla volontà del Padre.

“In questo duplice ‘sì’ – prosegue Benedetto XVI - l’obbedienza del Figlio si fa corpo, Maria gli dona il corpo. ‘Che ho da fare con te, o donna?’ Quello che nel più profondo hanno da fare l’uno con l’altra, è questo duplice ‘sì’, nella cui coincidenza è avvenuta l’Incarnazione. È a questo punto della loro profondissima unità che il Signore mira con la sua parola. Lì, in questo comune ‘sì’ alla volontà del Padre, si trova la soluzione.

Dobbiamo incamminarci anche noi verso questo punto; lì emerge la risposta alle nostre domande. Partendo da lì comprendiamo anche la seconda frase della risposta di Gesù: ‘Non è ancora giunta la mia ora’. Gesù non agisce mai solamente da sé; mai per piacere agli altri. Egli agisce sempre  partendo dal Padre, ed è proprio questo che lo unisce a Maria, perché là, in questa unità di volontà col Padre, ha voluto deporre anche lei la sua richiesta. Per questo, dopo la risposta di Gesù, che sembra respingere la domanda, lei sorprendentemente, può dire ai servi con semplicità: ‘Fate quello che Egli  vi dirà!’ Gv 2,5).

Gesù non fa un prodigio, non gioca col suo potere in una vicenda in fondo del tutto privata. Egli pone in essere un segno, col quale annuncia la sua ora, l’ora delle nozze, dell’unione tra Dio e l’uomo. Egli non ‘produce’ semplicemente vino, ma trasforma le nozze umane nella immagine delle nozze divine, alle quali il Padre invita, mediante il Figlio, e nelle quali Egli dona la pienezza del bene.

Le nozze diventano immagine della Croce, sulla quale Dio spinge il suo amore fino all’estremo, dando se stesso nel Figlio in carne e sangue – nel Figlio che ha istituito il Sacramento, in cui si dona a noi per tutti i tempi.

Così la necessità viene risolta in modo veramente divino e la domanda iniziale largamente  oltrepassata. L’ora di Gesù non è ancora arrivata, ma nel segno della trasformazione dell'acqua in vino, nel segno del dono festivo, anticipa la sua ora, già in questo momento>>[12].

1.4 I frutti di Cana : il “segno”  e la “nascita della comunità messianica

Gesù non dimentica le ultime parole di sua Madre, le quali, mentre dispongono l’animo dei servi ad accogliere il volere del Figlio, inducono Lui  stesso  ad anticipare la sua ora, e  “diede inizio ai suoi segni”.

Il segno, di cui parla l’evangelista,  è l’inizio della rivelazione progressiva  che è iniziata a Cana e si prolungherà nel corso di tutto il Vangelo. Il primo segno del Signore   rivelò la gloria del Verbo che ha posto la sua tenda fra noi (Gv1,14), e quel segno ha suscitato la fede nei discepoli  “e i suoi discepoli credettero in Lui”(v.11).

Ora i discepoli  si presentano uniti tra loro e con la Madre di Gesù. Nel concludere l’evento di Cana, Giovanni scrive: “discese a Cafarnao, Lui, sua Madre, i suoi fratelli e i suoi discepoli”(v.12). “L’inizio del racconto presentava la Vergine da una parte, Gesù e i suoi discepoli dall’altra, come due gruppi, che sembravano sopraggiungere alla festa per vie diverse. Al termine dell’episodio, la Vergine, i fratelli e i discepoli di Gesù appaiono invece come un solo gruppo, stretto attorno a lui[13].

E’ la fede in Gesù che unisce quella comunità: la fede  di Maria che ha interceduto per il segno, la fede dei discepoli che è scaturita dal segno stesso. “A Cana, grazie all’intercessione di Maria e all’ubbidienza dei servitori, Gesù dà inizio alla ‘sua ora’.

Ora la Madre di Gesù  e i discepoli formano la comunità messianica unita nella fede al Figlio di Dio che ha  manifestato la sua gloria[14].

1.5 Alcuni stimoli  ed  applicazioni

a. I termini: Donna e Madre

“Madre”: indica la relazione con il figlio, al quale dà la vita; “ donna” (=sposa) indica la relazione con lo sposo dal cui amore corrisposto viene la vita del figlio. Maria, perché madre, rappresenta il popolo di Dio, dalla cui carne viene il Messia, perché, sposa, è la figlia di Sion che ama e attende lo sposo, il Signore . Edith  Stein ha scritto: La maternità è la forma femminile della fede.

b. Cosa significa la mancanza di vino nell’esperienza di famiglia-di chiesa e di società?

La gioia della festa nuziale di Cana, come del resto ogni altra gioia umana, è  fragile, instabile e continuamente esposta al rischio di spegnersi. Il vino “che dà gioia al cuore dell'uomo” (sal 104,15), può venire a mancare da un momento all'altro. Quale garanzia può dare un progetto di felicità basato esclusivamente sulle scorte umane ?  Quante sono le “ feste” umane, anche  nuziali, che in breve tempo finiscono male!

Il salmo 4, al versetto 8, afferma : “Mi hai dato più gioia di quando  abbondano vino e frumento”.

Nella vita, da soli,  possiamo procurarci tante cose,  tranne la gioia e l’amore: non possiamo, infatti,  far sorgere il sole, ma essere svegli quando sorge!. Bisogna essere  attenti ai tanti doni di natura e di grazia che ci vengono offerti ogni giorno.

E’ la mancanza della gioia del Vangelo che rende tristi gli sposi, le famiglie, la  vita della chiesa e della società.

Il vino che manca indica la mancanza di amore tra lo sposo e la sposa, quell’amore che si spegne se non è alimentato: dalla tenerezza, dal rispetto reciproco, dalla capacità di accogliersi reciprocamente, dalla disponibilità  a sacrificarsi l’uno per l’altra,  dall’amore di Dio fonte e sorgente di ogni autentico amore .

c. La mancanza di vino  è anche l’indebolimento della fede cristiana

Un buon esercizio spirituale per conoscere il livello della propria fede  è il seguente:

percorrere mentalmente, davanti al Signore e in atteggiamento di profonda riconoscenza,  la storia della propria fede:

  1. Dove è nata la tua fede?  Come si nutre?  Come si esprime?
  2. Ami la chiesa tua madre? Vivi l’appartenenza alla comunità ecclesiale con entusiasmo, con fedeltà?
  3. Sei “Testimone” di Cristo nella tua  comunità?
  4. Quando e in quali circostanze hai incontrato la manifestazione della gloria di Gesù?  Quale ripercussione di gioia ha  suscitato in te?
  5. Che posto ha, nella storia della tua  fede, la figura e l'azione della Vergine Maria?

d. Le dimensioni dell'amore

Qualsiasi amore degno di questo nome ha le seguenti qualità:

  1. La  sovrabbondanza : non si fanno calcoli.
  2. L’umiltà : si ha  fiducia incondizionata nell'amato,
  3. La fantasia e la  creatività :  qualità che arricchiscono  l’amore e lo sostengono nella prova.
  4. Caratteristiche dell’amore autentico: è gratuito,  non è egoista,  è fedele, si dona sempre: nel tempo della gioia e in quello  della prova.
  5. La punta di diamante dell’amore autentico: è il perdono.

Bari, 30 gennaio 2016

Suor Riccarda Lazzari


[1] Cfr. Coggi R., La Beata Vergine,  Trattato di Mariologia. Ediz. Studio Domenicano, Bologna 2004,  p.54

[2] Cfr. Laconi M., La Figura della Madre di Gesù negli Evangeli”, Dispensa, Pontificia Facoltà Marianum,  p.54.

[3] Cfr. Serra A., Bibbia, Nuovo Dizionario Mariologia, Paoline, Torino 1988,  p. 274

[4] Cr. Tommaso D’Aquino, Commento a Giovanni, In Coggi  R., La Beata Vergine,  op. cit.,  p. 55.

[5] Cfr. Laconi M., La Figura della Madre di Gesù negli Evangeli, op. cit., p.54.

[6] Cfr. Laconi M., La Figura della Madre di Gesù negli Evangeli, op. cit.,  pp. 52-53.

[7] Cfr. Coggi R., La Beata Vergine,  op. cit., p.56

[8] Laconi M., La Figura della Madre di Gesù negli Evangeli, op. cit., p. 54.

[9] Thuriam M., Maria Madre del Signore, p. 150, in  Serra A.,  Bibbia, NDM, op. cit., p. 278.

[10] Serra A., Maria a Cana e presso la  croce, Centro di cultura mariana, Madre della chiesa, Roma 199,  p .60.

[11]Giovanni Paolo II,  Enciclica  Redemptoris  Mater ,  25 marzo 1987, n. 13

[12] Papa Benedetto XVI, Omelia nel santuario mariano di Altoetting, Germania,   Monaco, 11 Settembre 2006.

[13] Serra A., Maria a Cana e presso la croce,  op. cit., pp. 71.

[14] Cfr. Thuriam M., Maria Madre del Signore,  n Serra A., Maria a Cana e presso la croce, op. cit.,   p. 72.