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Caritas, i giovani sono i nuovi poveri

Rapporto 2016: per la prima volta in Italia si ribalta il modello che vedeva gli anziani più indigenti. Adesso è la mancanza di lavoro a creare le maggiori difficoltà. Al Sud le richieste di aiuto arrivano dagli italiani più che dagli stranieri. Emergenza abitativa per i profughi

 

Il vecchio modello italiano di povertà, che vedeva gli anziani più indigenti, non è più valido: oggi la povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all'età, cioè diminuisce all'aumentare di quest'ultima. Lo rivela il Rapporto 2016 della Caritas su povertà ed esclusione sociale.

I giovani sono i nuovi poveri
La crisi del lavoro ha infatti penalizzato e sta ancora penalizzando soprattutto i giovani e giovanissimi in cerca di occupazione e gli adulti rimasti senza impiego. Per la prima volta in Italia la povertà assoluta, che ha raggiunto i picchi più alti degli ultimi dieci anni, colpisce maggiormente giovani in cerca di lavoro e adulti rimasti senza impiego. E diminuisce con l’avanzare dell’età. Tra i 4,6 milioni di poveri assoluti il 10,2% sono nella fascia d’età tra i 18 e i 34 anni.

I dati Istat: a rischio le famiglie con due o più figli
In Italia, secondo l’Istat, sono dunque 4,6 milioni le persone in povertà assoluta, pari a 1 milione e 582 mila famiglie. Le situazioni più difficili sono nel Mezzogiorno: le famiglie con due o più figli minori, le famiglie di stranieri, i nuclei familiari con il capofamiglia disoccupato, operaio o giovane. E’ quest’ultimo particolare che rivela l’inversione di tendenza in un Paese dove i nonni e i genitori mantengono i figli e i giovani sono diventati i “nuovi poveri”. La percentuale più alta (10,2%) è rappresentata infatti dalla fascia d’età tra i 18 e i 34 anni. A seguire l’8,1% sono tra i 35 e i 44 anni, il 7,5% tra i 45 e i 54, il 5,1% tra i 55 e i 64 e il 4% oltre i 65 anni.

Al Sud richieste di aiuto soprattutto dagli italiani
Sono soprattutto gli stranieri a chiedere aiuto ai Centri di Ascolto della Caritas, ma per la prima volta, nel 2015, al Sud la percentuale degli italiani ha superato di gran lunga quella degli immigrati. Se a livello nazionale il peso degli stranieri continua a essere maggioritario (57,2%), nel Mezzogiorno gli italiani hanno fatto il sorpasso e sono al 66,6%.

Identikit degli utenti dei centri Caritas
Rispetto al genere, il 2015 segna un importante cambio di tendenza; per la prima volta risulta esserci una sostanziale parità di presenze tra uomini (49,9%) e donne (50,1%), a fronte di una lunga e consolidata prevalenza del genere femminile. L'età media delle persone che si sono rivolte ai Centri Caritas (che sono 1.649, dislocati su 173 diocesi) è 44 anni. I disoccupati e inoccupati insieme rappresentano il 60,8% del totale. I bisogni più frequenti che hanno spinto a chiedere aiuto sono perlopiù di ordine materiale: spiccano i casi di povertà economica (76,9%) e di disagio occupazionale (57,2%), ma non sono trascurabili anche i problemi abitativi (25,0%) e familiari (13,0%).

I profughi e l'emergenza abitativa
Sono 7.770 i profughi e richiedenti asilo che si sono rivolti ai Centri di ascolto della Caritas nel corso del 2015. Si tratta per lo più di uomini (92,4%), con un'età compresa tra i 18 e i 34 anni (79,2%), provenienti soprattutto da Stati africani e dell'Asia centro-meridionale. Queste persone sono spesso analfabeti (26,0%) o di modesta scolarità. In termini di bisogno prevalgono le situazioni di povertà economica (61,2%), ma è alto anche il disagio abitativo, sperimentato da oltre la metà dei profughi intercettati (55,8%). Tra loro è proprio la "mancanza di casa" la necessità più comune; seguono le situazioni di precarietà o inadeguatezza abitativa e di sovraffollamento. In terza posizione i problemi di istruzione, che si traducono per lo più in problemi linguistici e di analfabetismo.

20mila persone accolte in 164 diocesi
Il Rapporto dedica un ampio capitolo all'accoglienza di profughi e richiedenti asilo nelle strutture ecclesiali, dopo l'appello di papa Francesco ai vescovi d'Europa a ospitare i migranti e le loro famiglie. Al 9 marzo 2016, le accoglienza attivate in 164 diocesi sono circa 20mila, così suddivise: circa 12mila persone accolte in strutture convenzionate con le Prefetture (con fondi del Ministero dell'Interno); quasi 4mila persone accolte in strutture Sprar (con fondi Ministero dell'Interno); oltre 3mila persone accolte nelle parrocchie (con fondi diocesani); oltre 400 persone accolte in famiglia o con altre modalità di accoglienza (fondi privati o diocesani).

© Avvenire, 17 ottobre 2016

 

Migranti, le diocesi italiane ne accolgono più di 20 mila

 

Sono più di 20 mila i migranti accolti dalle diocesi italiane. A fare un punto sull'impegno della Chiesa in Italia per quanto riguarda il sistema di accoglienza è il Rapporto "Vasi comunicanti" di Caritas su povertà ed esclusione sociale in Italia.
Alla fine dell’estate del 2015 Papa Francesco, di fronte all’emergenza migratoria che ha investito il Vecchio Continente, decise di rivolgersi ai vescovi d’Europa, affinché in ogni parrocchia, comunità religiosa, monastero e santuario sia ospitata una famiglia di profughi. L’appello fu accolto con entusiasmo e trovò la Chiesa italiana in prima fila nell’accoglienza e nella tutela della popolazione migrante.
Scrive Caritas: «Già al momento dell’appello, alto era il numero delle persone accolte nelle diocesi italiane. Meno di un anno dopo, al 9 marzo 2016, le accoglienze attivate in 164 diocesi sono risultate circa 20.000, così suddivise:
- circa 12mila persone accolte in strutture convenzionate con le Prefetture – CAS (con fondi Ministero dell’Interno);
- quasi 4mila persone accolte in strutture SPRAR (con fondi Ministero dell’Interno);
- oltre 3mila persone accolte nelle parrocchie (con fondi diocesani);
- oltre 400 persone accolte in famiglia o con altre modalità di accoglienza (fondi privati o diocesani).

«La risposta delle Chiese locali a questa grande sfida è stata e continua ad essere straordinaria. Più di un quinto del sistema di accoglienza italiano è garantito dalle nostre diocesi che, in collaborazione con le istituzioni nazionali e locali, stanno svolgendo un ruolo strategico nella gestione dei flussi migratori».

© Avvenire, 17 ottobre 2016