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Dall’amore per la legge alla legge dell’amore

Continuiamo il nostro cammino in quest’anno dedicato alla carità, entrando nel tempo luminoso della Quaresima con lo sguardo fisso alla Croce di Cristo e orientati alla Pasqua, che è fonte di luce per ognuno di noi e per tutta l’umanità.

Ci accompagna la seconda scena dell’icona dello Shemà di Nicodemo, donataci sin dall’inizio di quest’anno, che fa riferimento al capito 7 del vangelo di Giovanni (vv. 45-53) e che “richiama la difesa che Nicodemo ha il coraggio di fare nei confronti di Gesù davanti ai membri del sinedrio che lo vorrebbero arrestare”. Le parole dell’Arcivescovo ci indicano il senso profondo di quanto accade nella vita di questo personaggio misterioso e affascinante, che stiamo imparando a scoprire sempre meglio. Nicodemo, “esponendosi pubblicamente a favore di Gesù davanti al sinedrio, viene umiliato, deriso e in qualche maniera minacciato, con un’ironia che mette in dubbio il suo statuto di maestro... La prima volta che Nicodemo appare, si nasconde, viene di notte. Adesso viene allo scoperto”.

Il cammino di Nicodemo diventa il nostro. Anche noi siamo chiamati a “venire allo scoperto”.

Ma cosa vuol dire “venire allo scoperto” per Nicodemo e per noi? Forse mostrare i propri sforzi - si trattasse anche delle proprie virtù -, far vedere quanto si vale, quanto si è bravi e buoni, quanto si è capaci? Se così fosse, rischieremmo di mostrare solo noi stessi, di chiuderci ancora nelle nostre certezze e di pensare che la nostra salvezza viene da noi, dai nostri buoni propositi, dalla sola osservanza della legge. Non saremmo diversi da quel “gruppo ben compatto, chiuso, avvolto orgogliosamente in se stesso, nelle proprie vesti: quasi corazze, a ostentare sicurezza... Ancorati all’amore per la Legge, non riconoscono Nicodemo, che ormai ha fatto il salto che lo ha portato alla Legge dell’Amore”.

Ciò che fa Nicodemo, in realtà, è aprirsi “sempre più all’ascolto di Gesù, un ascolto che si fa sempre più pieno e risoluto anche a costo di essere rifiutato”. Illuminato da Cristo, è passato dalla notte alla luce. Ora inizia ad aprirsi allo Spirito che lo fa «rinascere dall’alto» e passare dalla paura al coraggio. E sarà soltanto la scoperta dell’amore preveniente di Dio, che «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito», che lo aiuterà a passare dall’egoismo alla carità, che come profumo abbondante verserà sul corpo di Cristo, segno dell’umanità da amare. Anche Papa Francesco nel Messaggio per la Quaresima ci ha detto: “Si può però testimoniare solo qualcosa che prima abbiamo sperimentato. Il cristiano è colui che permette a Dio di rivestirlo della sua bontà e misericordia, di rivestirlo di Cristo, per diventare come Lui, servo di Dio e degli uomini”.

Nicodemo, scoperto l’amore di Dio e immerso in esso, fa “venire allo scoperto” la sua identità di «uomo nuovo», rinato dalla Croce di Cristo, illuminato dalla Pasqua. Egli impara ad essere conformato a Cristo che ama fino alla morte. “In basso già si staglia la croce: destino che accomuna Gesù e chi lo ama e lo segue. Nicodemo forse ancora non ne ha piena consapevolezza, ma il suo corpo, con le braccia aperte, sembra già segnare questo destino”. Anche noi in questo tempo vogliamo contemplare la Croce di Cristo e quasi specchiarci in essa per vedere riflessa la nostra vera immagine di cristiani, amati e chiamati ad amare. Questa è l’identità ritrovata che, come Nicodemo, noi dobbiamo testimoniare con tutta l’anima, cioè fino al sangue, come i martiri.

Aggiunge l’Arcivescovo nella traccia pastorale: “anche per noi, oggi,... prendere la difesa di Gesù e del suo vangelo in alcuni ambienti costa caro. Eppure abbiamo il dovere di dichiarare la nostra identità! Anche se inizialmente non abbiamo il coraggio di «uscire allo scoperto», anche se ci limitiamo ad andare da Gesù di notte, come per Nicodemo verrà anche per noi il tempo di amare Dio con tutta l’anima, fino al punto di pagare di persona in famiglia, nel lavoro, in politica, negli affetti…”.

Un nome antico della Quaresima, nel catecumenato, era tempo della «illuminazione»; i neofiti, ricevuto il battesimo nella notte di Pasqua, erano detti «illuminati» ed erano chiamati a diffondere quella luce con la novità della loro vita. Allo stesso modo questo tempo di Quaresima-Pasqua illumini e sveli la nostra identità, ci doni di sperimentare nelle celebrazioni liturgiche la luce dell’amore di Dio, di essere trasfigurati da essa, e di lasciarla trasparire nelle opere belle e buone della nostra vita nuova.

A tutti e a ognuno affido ancora le parole di Papa Francesco nel Messaggio della Quaresima: “Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza, vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima come un percorso di formazione del cuore, come ebbe a dire Benedetto XVI (Lett. enc. Deus Caritas est, 31). Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro”.

 

Sac. Mario Castellano

Direttore dell’Ufficio Liturgico

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