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Ecco la legge sugli educatori

Sì della Camera al ddl: obbligo di laurea e formazione. Regolamentazione della professione. Garanzie per chi lavora senza titolo

Legge sugli educatori, il primo passo è fatto. E l’Italia, dopo anni di ritardo rispetto a quanto avviene nel resto d’Europa, si avvia finalmente verso una regolamentazione chiara per un ruolo chiave nell’universo educativo e dell’assistenza alle fragilità.

Un tema scottante in tempi di drammatiche denunce e maltrattamenti negli asili e nelle case di riposo, dove proprio alle figure degli educatori è demandato di occuparsi di chi ha bisogno di cura e sostegno. La novità principale della legge, che è stata approvata ieri sera dalla Camera, è quella di introdurre l’obbligo di laurea per gli educatori professionali e i pedagogisti.

Fino ad oggi per accedere alle professioni educative erano previsti due percorsi, o meglio due ambiti diversi: la facoltà di Scienze dell’educazione e quella di Medicina. Che tuttavia avevano un indistinto sbocco professionale. La legge introduce invece il principio per cui nell’ambito della professione educativa esisteranno due tipi di educatore, inquadrati per la prima volta nel livello di conoscenze stabilite dal Quadro europeo delle qualificazioni professionali (Qec) e ognuno coi suoi ambiti di azione “dedicati” e specifici: quello socio-pedagogico e quello socio-sanitario. L’attività di quest’ultimo resta disciplinata dal decreto del ministero della Sanità (n. 520), come professione sanitaria dell’area della riabilitazione e in particolare con riferimento alle aree della disabilità, delle dipendenze, delle patologie.

La formazione di questo educatore professionale avviene presso le strutture sanitarie del Sistema sanitario nazionale e le strutture di assistenza socio-sanitaria degli enti pubblici, individuate con protocolli di intesa tra regioni e università (che vi provvedono attraverso le facoltà, i dipartimenti di medicina e chirurgia, in collegamento con quelli di psicologia, sociologia e scienze dell’educazione).

L’educatore professionale socio-pedagogico dovrà invece conseguire il diploma di laurea in Scienze della formazione e dell’educazione. Si profilano così, come in passato, due diversi percorsi di studio, ma si chiariscono i diversi ambiti di intervento, stabilendo che l’educatore professionale sociopedagogico agisca nei servizi e presidi socioeducativi e socio-assistenziali, nonché nei servizi e presidi sociosanitari (però, in questi ultimi, limitatamente agli aspetti educativi), mentre quello sociosanitario nei soli presidi e nei servizi sanitari e sociosanitari. In sostanza, ciascuna figura opera esclusivamente nel campo più consono alla sua formazione, ed entrambi sul sociosanitario ma ognuno limitatamente alle sue competenze.

«Questo ddl mette mano a quella che da molti anni si è trasformata in una specie di giungla normativa – spiega Vanna Iori, deputata Pd e prima firmataria della legge approvata da Montecitorio – e riconosce e regolamenta il lavoro svolto dai circa 150mila operatori del settore, che si occupano delle categorie sociali più fragili, dai minori agli anziani, dai disabili ai detenuti, agli immigrati e ai tossicodipendenti». Dieci gli ambiti previsti dalla legge (tra cui scolastico, socio-sanitario e della salute, della genitorialità e della famiglia, culturale, giudiziario; ambientale, sportivo), 14 i servizi in cui potranno operare. E a chi lavora senza titolo universitario, la legge (che non è retroattiva) riconosce l’esperienza sul campo, prevedendo percorsi privilegiati per chi vorrà uniformarsi nelle competenze ai laureati. Così per chi ha 3 anni nei servizi e ha superato un concorso pubblico per educatore basterà un corso intensivo di un anno, anche a distanza, e l’esonero per chi ha 25 anni di servizio o oltre 50 anni di età.

Grande soddisfazione per la relatrice Milena Santerini (Demos-Cd): «Oggi s’è votata una legge che non fa clamore, ma che è molto utile per il Paese perché rafforza, prima ancora che gli educatori, i nostri servizi educativi. In questo campo, che spesso rimane ombra, ora ci sono regole e tutele».

Di «buona legge» parla anche Paola Binetti, deputata Ap, secondo cui il testo riconosce con forza l’importanza dell’educazione nel nostro Paese «e che gli educatori siano formati adeguatamente, ognuno con competenze e capacità all’altezza del ruolo a cui è chiamato». La sfida ora «è l’applicazione puntuale di quanto stabilito in questo ddl, in ogni ambito al più alto livello possibile».

Viviana Daloiso

© Avvenire, 22 giugno 2016