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«Educazione e lavoro per tutti i giovani»

L'incontro nello stadio Karasani di Nairobi. Papa Francesco ha risposto alle domande su tribalismo, corruzione, mezzi di comunicazioni, la mano di Dio nelle tragedie, la piaga dei bambini abbandonati...

Un discorso a braccio, rispondendo alle domande che gli stessi giovani gli hanno rivolto: così sono risuonate la parole di Papa Francesco alle centinaia di migliaia di ragazzi riuniti questa mattina di buon'ora allo stadio Karasami di Nairobi, dopo la visita allo slum di Kangemi.

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"Un uomo e una donna perdono la parte migliore della propria umanità quando si scordano di pregare, perché si sentono onnipotenti, non sentono il bisogno di chiedere aiuto davanti a tante tragedie".
"Ci sono due modi di guardare le difficoltà della vita: o come qualcosa che ti distrugge e ti tiene fermo, o come una opportunità. A voi spetta scegliere. Volete farvi distruggere dalle difficoltà o trasformarle in opportunità in modo che a vincere siate voi?". Il Papa chiede un atteggiamento da "sportivi", che quando vengono allo stadio vogliono vincere, e non da chi ha già "venduto la vittoria agli altri e ha già i soldi in tasca".

Poi ha elencato le sfide che deve affrontare il Kenia: il tribalismo, tarlo che corrode la società e "che può essere vinto solo con l'ascolto attento degli altri, il cuore aperto e le meni tese verso gli altri". Poi il Papa ha chiesto che tutti si prendessero per mano e proclamassero a voce alta: "Siamo una sola nazione", e che questo gesto fosse il lavoro di ogni giorno.

Altra domanda dei giovani riguardava la corruzione, che "c'è anche in Vaticano". La corruzione è dolce come lo zucchero, ci prendiamo gusto, ma attenzione che poi si diventa diabetici. AI giovani ha chiesto con forza di non lasciarsi corrompere. "Se non iniziate voi, non inizerà nessuno. La persona corrotta non vive in pace. La corruzione è un cammino di morte".
Un'altra domanda riguardava come utilizzare i mezzi di comunicazione per promuovere il messaggio di Cristo. "Il primo gesto di comunicazione è la parola, il sorriso, la vicinanza, l'amicizia".
"Chiedete molto a Gesù, pregate perché vi dia la forza di sentirvi tutti fratelli per distruggere il tribalismo, il coraggio di non lasciarci corrompere, dell'incanto di comunicare tra voi con gesti, sorrisi, amicizia".
Una domanda di Manuel sollecita il Papa: cosa possiamo fare per impedire il reclutamento dei nostri cari nel radicalismo? "Se manca educazione e lavoro che cosa resta a un giovane? Questo è un pericolo sociale che dipende da un sistema internazionale ingiusto". Se vedete un giovane in difficoltà, non lasciatelo solo: invitatelo nei vostri gruppo, incoraggiatelo.
Come si può vedere la mano di Dio nelle tragedie? "C'è una sola risposta: guardare al figlio di Dio. Dio lo ha consegnato per salvarci. Lui stesso si è fatto tragedia. Quando il mondo ti cade addosso, guarda la Croce. Lì c'è il fallimento di Dio, la sua distruzione, ma anche una sfida alla nostra fede, la speranza perché poi c'è stata la resurrezione che ha rinnovato tutti". Il Papa ha poi svelato un piccolo "segreto": porta sempre con sé un rosario e una piccola Via crucis, che ha fatto vedere alle migliaia di persone raccolte allo stadio, "per non perdere la speranza".
L'ultima domanda riguarda la famiglia: come può un bambino uscire da un'esperienza di mancanza di amore? "Difendete la famiglia - ha chiesto il Papa - non ci sono solo i bambini abbandonati, ma anche gli anziani abbandonati. Come si può uscire da questa esperienza? Se non avete ricevuto amore, siate comprensivi con gli altri, avvicinatevi agli altri con amore per curarli".
"Vi chiedo di pregare per me", ha chiesto in conclusione il Papa, prima di recitare il Padre nostro tutti in piedi.

Le parole del Vescovo
Il saluto del vescovo incaricato della Pastorale dei laici, monsignor Anthony Muheria, ha rivolto al Papa un saluto, sottolineando che, ispirati dall'enciclica ecologica di Bergoglio Laudato sì, i giovani delle varie parti del Paese pianteranno simbolicamente degli alberi nelle loro diocesi. "Molti giovani sono caduti in una vita priva di Dio. La gioventù che è davanti a lei vuole sforzarsi di essere strumento di cambiamento per il meglio".

Il saluto dei giovani
Affettuoso e carico di affetto il saluto che i giovani hanno rivolto al Papa. Una ragazza ha spiegato che il Kenia ha 42 milioni di abitanti e il 60% sono giovani. "Il nostro contributo dunque è essenziale", e poi ha elencato tutti i campi in cui sono impegnati i giovani nel Paese, da quello ambientale a quello educativo.

A.Ma.

© Avvenire, 27 novembre 2015

 

«Papa Francesco, non voglio essere un ragazzo di strada»

 

Nello slum di Nairobi

Sono arrivati dai vicoli fangosi, sotto la pioggia, già prima dell'alba, per poter vedere Papa Francesco, che oggi ha visitato la chiesa di San Giuseppe Lavoratore nella bidonville di Kangemi, a Nairobi, dove vivono oltre 100.000 persone. In migliaia si sono assiepati attorno alla
chiesa per accogliere il Pontefice. Il 14enne Kelvin Mutwiri, che vive tra la spazzatura, è arrivato portando come dono un ritratto del Pontefice.
"Papa Francesco, io non voglio essere un ragazzo di strada, prega per me", è stata una delle preghiere rivolte al pontefice dai bambini aiutati dalla chiesa. "Papa Francesco, io sono malato, prega per me".
"Si sono preparati per questa messa, hanno scritto messaggi e preghiere", ha raccontato padre Vittorio, responsabile dei programmi di aiuto per i bambini di strada. Il regalo di Mutwiri è stato realizzato durante un corso di pittura, usato per la riabilitazione dei giovani. "Cerchiamo di offrire loro qualche aiuto, abbiamo una scuola di pittura, in modo che possano ritrovarsi - ha aggiunto il padre - cerchiamo di favorire il loro reinserimento. Sentono la dignità di essere di nuovo una persona. Prima erano stati rifiutati, ora partecipano di nuovo alla vita degli altri".

L'ex bambino di strada James, oggi 36enne, è cresciuto nelle strade di un'altra baraccopoli, Mathere, e anche lui è stato aiutato da padre Vittorio: "Sono venuto per vedere il Santo Padre, per avere la sua benedizione, spero di vederlo e magari di parlargli. Padre Vittorio mi conosce da tanto tempo. Fu lui a dirmi: 'Non andare in stradà. Mi ha cambiato la vita. Mi ha donato le parole di Dio".
"Il Papa era visibilmente commosso. Ad un certo punto ha pianto", ha raccontato all'Adnkronos suor Ida Lagonegro, che lavora a Kangemi nel centro di assistenza alle madri in difficoltà e che stamani ha accolto papa Francesco a San Giuseppe Lavoratore. Il Papa, insieme ad ammalati e ai disabili dello slum, ha visto il documentario sulle situazioni di grande degrado in Africa (solo a Nairobi ci sono sette slum) e, ad un certo punto, come racconta suor Ida, si è commosso e ha pianto.

Il primo pensiero del Pontefice, come ha raccontato la religiosa, "è stato per anziani e disabili. Li ha salutati ad uno ad uno. E ha detto in maniera chiara che acqua e servizi sono beni indispensabili per tutti".
Ad ascoltare il Papa, oltre ai poveri, alle quattro suore che aiutano in iniziative per favorire l'inserimento professionale e alla comunità dei padri gesuiti, c'erano anche dei politici. In particolare, racconta suor Lagonegro, "c'era un parlamentare musulmano che anni fa è rimasto vittima di violenza e si trova su una sedia a rotelle. È rimasto molto colpito dalle parole del Papa che ci ha aperto i cuori. E poichè chi ha sentito non è come chi non sente, sono convinta che qualcosa cambierà anche per la nostra realtà".

© Avvenire, 27 novembre 2015

 

Papa Francesco arrivato in Uganda, il programma

La visita

Alle 15.05 ora italiana Papa Francesco è arrivato a Entebbe, in Uganda, per la seconda tappa della sua missione pastorale in Africa che lo ha già visto visitare il Kenya. Ad attendere Papa Bergoglio c'era una delegazione composta da personalità politiche e religiose, guidata dal presidente Yoweri Museveni.
Museveni ha diffuso su YouTube un messaggio di benvenuto per Papa Francesco. "Possa la sua visita rafforzare il nostro amore per il prossimo.... benvenuto in Uganda Sua Santità Papa Francesco".
Ad accoglierlo Francesco ha trovato, insieme alle autorità, cori folkloristici, suonatori di tamburi e danzatori della tribù kiganda, l'etnia dominante nel regno tradizionale del Buganda sul cui territorio si trova Entebbe, una trentina di chilometri a sud della capitale Kampala. Il percorso del corteo papale si è poi dipanato lungo strade gremite di folla in festa, i lampioni addobbati con festoni neri, gialli e rossi, i colori della bandiera nazionale: ma anche di soldati e poliziotti.
Francesco ha visitato nella State House il presidente, che, per usare un'espressione eufemistica del portavoce vaticano Federico Lombardi, "sta governando il paese con mano ferma". Alle 18 (le 16 italiane) l'incontro con autorità e corpo diplomatico nella sala delle conferenze della State House e alle 19.15 (17.15) la visita a Munyonyo e il saluto ai catechisti e insegnanti, prima di ritirarsi per il pernottamento nella sede della nunziatura apostolica.
Il Papa benedirà la prima pietra della chiesa e terrà un discorso, poi pianterà simbolicamente un albero versandoci dell'acqua con l'arcivescovo e i leader delle confessioni ortodossa e protestante. Il pontefice benedirà anche la nuova statua di S. Andrea Kaggwa, posta sul luogo del martirio.

Papa Francesco domani, sabato, ha una serie di incontri molto significativi: la visita al santuario anglicano e a quello cattolico di Namugongo, con la Messa per i Martiri dell'Uganda, l'incontro con i giovani a Kampala, e alla casa della carità di Nalukolongo.

La partenza domenica mattina alle 9, alla volta della Repubblica Centrafricana, ultima tappa del viaggio.

© Avvenire, 27 novembre 2015

 

Uganda, l'unico Paese in Africa ad avere visto 3 Papi

 

Papa Francesco, pellegrino di pace in Uganda dal 27 al 29 novembre, sarà il benvenuto soprattutto nella regione settentrionale del paese, devastata da decenni di guerra civile conclusasi nel 2007.

Centomila vittime, oltre un milione di sfollati, decine di migliaia di ragazze e ragazzi rapiti, atrocità commesse contro la popolazione, le donne in primis, nella contrapposizione tra forze regolari e i ribelli dell’Esercito di resistenza del Signore.

Da trent’anni il Paese è guidato dall’uomo forte Yoweri Museveni, è solo formalmente una democrazia: non sono tollerati dissensi, la cosa pubblica è gestita dal presidente e dal suo entourage, la corruzione è diffusa e più di un terzo della popolazione vive sotto la soglia della povertà.

Su 36 milioni di abitanti ci sono circa 17 milioni di cattolici (il 47% della popolazione); poi ci sono gli anglicani e altre denominazioni religiose, sempre cristiane, oltre a un gruppo di musulmani che però è piuttosto in minoranza, specialmente in certe regioni del Paese; e poi associazioni, movimenti laici e così via, che testimoniano la vitalità di questa Chiesa. 540 sono le parrocchie in tutto il Paese. 32 i vescovi e 2.180 i sacerdoti. Quasi 7mila sono le scuole dove insegnano i religiosi, che si occupano di far studiare circa 4 milioni di studenti ugandesi. 32 sono gli ospedali, a cui si uniscono anche 266 ambulatori che portano cure e assistenza alla popolazione ugandese.

Il vescovo della diocesi ugandese di Lira, Giuseppe Franzelli in un’intervista alla Radio Vaticana ha ricordato il tema della visita del Papa che è la citazione dagli Atti degli Apostoli “Voi sarete miei testimoni” e che si ricollega direttamente all’evento che viene celebrato, cioè il 50.mo anniversario della canonizzazione dei 22 martiri di Uganda. Con loro, anche 23 anglicani, che lo stesso Paolo VI ricordò, nel 1964, durante la Messa di canonizzazione per Charles Lwanga e gli altri suoi compagni, tutti al servizio di Mwanga, sovrano dei Baganda, che abitavano il Sud del Paese. Battezzati per la maggior parte dal missionario dei Padri Bianchi Siméon Lourdel, testimoniarono la loro fede di fronte al sovrano, rifiutandosi di abbandonarla e furono per questo messi a morte.

«Allora sono proprio i martiri – “martiri” significa “testimoni” – che invitano a riflettere noi cattolici – ha sottolineato il vescovo Franzelli -, o comunque noi cristiani, sulla qualità e la forza della nostra fede oggi, in Uganda, per vedere se anche noi come loro - in maggioranza erano giovani – siamo capaci di essere fermi nella nostra fede, senza compromessi, senza paure».

Nel viaggio in Uganda sarà centrale la tappa al Santuario di Namugongo che si trova alla periferia di Kampala, capitale del Paese. Il Papa farà una sosta prima al memoriale anglicano, per poi celebrare la Messa al Santuario cattolico.

La curiosità: l’Uganda al momento è l’unico Paese africano che ha avuto la visita di tre Papi: Paolo VI nel ’69, Giovanni Paolo II nel ’93 ed ora Papa Francesco.

Ilaria Solaini

© Avvenire, 27 novembre 2015