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Emergenza acqua. Un terzo va sprecato

Per 100 litri d’acqua, quasi altrettanti se ne sprecano. Il quadro drammatico è quello della Puglia, della Campania e soprattutto della Calabria, dove negli ultimi giorni la voragine nella gestione del sistema idrico sta facendo sentire tutto il suo peso.

acqua-rubinetto.jpgSi butta via, l’acqua, in Italia. E si butta via soprattutto al Sud, dove la già altissima media nazionale della dispersione, stimata tra il 30 e il 40%, arriva a toccare picchi choccanti del 70%. Come dire che per 100 litri d’acqua, quasi altrettanti se ne sprecano. Il quadro drammatico è quello della Puglia, della Campania e soprattutto della Calabria, dove negli ultimi giorni la voragine nella gestione del sistema idrico sta facendo sentire tutto il suo peso. E non perché l’acqua manchi, in regione. Tutt’altro. Quella che c’è, però, è inquinata. E con le temperature bollenti portate dal colpo di coda dell’estate e la regione affollata di turisti, ormai su tutto il territorio è emergenza idrica.

La situazione più critica – e per certi versi più paradossale – è quella di Vibo Valentia, dove nell’ultima settimana l’uso ne è stato vietato, poi concesso, poi ancora revocato, in un’altalena di ordinanze che ha lasciato senza parole gli abitanti. Il giorno di Ferragosto la prima: l’acqua del rubinetto (da giorni ormai rossastra e maleodorante in tutta la città) è vietata non solo per dissetarsi, ma anche per l’igiene personale e per cucinare. Cinque giorni di black-out, con le autobotti della Protezione civile agli angoli della città e il caos. Poi la revoca dell’ordinanza, poi ancora il divieto che – nonostante le rassicurazioni dei controlli – è durato fino a ieri. Acqua sporca o pulita?

Intanto il problema, però, è stato registrato anche in altri quattordici centri della provincia: Serra San Bruno, Brognaturo, Acquaro, Dasà, Arena, Gerocarne, Simbario, Soriano, Sorianello, Fabrizia, Pizzoni, Vazzano, Vallelonga e San Nicola Da Crissa. A tutti la Sorical – la società controllata dalla Regione che gestisce l’erogazione dell’acqua potabile in Calabria – ha comunicato che «per un difetto all’impianto di disinfestazione presso l’impianto di potabilizzazione dell’Alaco, a servizio di codesti centri si è determinato un eccesso di ipoclorito di sodio».

Ultimi esempi d’una emergenza con la quale i calabresi hanno purtroppo imparato a fare i conti ciclicamente. A Marina di Sibari, a esempio, rinomato villaggio turistico della costa ionica cosentina realizzato più di trent’anni fa e ogni estate affollato da decine di migliaia di vacanzieri, l’acqua potabile non c’è mai stata se non grazie ad impianti privati. Stesso discorso per i Laghi di Sibari, insediamento nautico noto ai diportisti di mezza Europa grazie ai suoi oltre duemila posti barca. A Cosenza, secondo Legambiente, spetta addirittura il primato italiano tra le città capoluogo di provincia per la rete idrica "colabrodo": nelle tubature comunali si perde misteriosamente il 70% dell’acqua immessa dall’acquedotto. La punta d’un iceberg, che secondo gli ambientalisti è rappresentato proprio dal Sud (non a caso sono tutti piazzati sotto Roma i Comuni più "spreconi" dal punto di vista idrico). Anche a Reggio Calabria diversi quartieri combattono da anni con emergenze legate all’oro blu: che manca oppure, se non manca, "oro" non è di certo. A Crotone qualche giorno fa stavano entrando in azione le autobotti perché problemi sulla rete avevano lasciato a secco diverse abitazioni nella parta alta della città. A San Lucido, lungo la costa tirrenica cosentina, da otto giorni sono completamente senz’acqua centinaia di residenti nella contrada rurale San Giovanni.

In questo scenario, non manca chi pensa a come trovare una scorciatoia. Nei giorni scorsi proprio a Reggio la Polizia provinciale ha denunciato a piede libero otto persone per furto aggravato di acqua potabile poiché s’erano allacciate abusivamente alla condotta idrica comunale. Gli impianti grazie ai quali erano riusciti a inserirsi sulla linea pubblica sono stati sequestrati. E i controlli continueranno, perché si teme non fossero gli unici.

Domenico Marino
© Avvenire, 26 agosto 2010
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