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Estate, per la Chiesa tempo di ferie o opportunità pastorale?

Ritorna l’estate. Ci avvolge con i suoi ritmi, i suoi riti, i suoi desideri, i suoi ludici “santuari” e ci offre, per liberarci dalla fatica del lungo inverno, l’opportunità di un tempo che, chiamato “libero”, c’incatena ad una infinità di abitudini e svuota di senso, di scopo, di significato le diverse opportunità che invece questo tempo può offrirci.

L’estate e la vacanza non sono nemici della fede, sono tempi da cogliere, da vivere, da riempire.

Benedetto XVI ha detto che “il tempo libero è certamente una cosa bella e necessaria, ma se non ha un centro interiore esso finisce per essere un tempo vuoto che non ci rinforza e ricrea”.

La stessa parola “vacanza” che deriva dal latino “vacare” (essere vuoto, vacante; fig. essere libero

quindi avere tempo per, mancare di, essere lontano da) può evocare, nel suo significato etimologico, una prospettiva e uno stile nel “fare vacanza”. La vacanza non come tempo vuoto ma come tempo di libertà. Tempo riempibile di senso per non sprofondare poi nella noia, per non rinchiudersi nello smarrimento, per non allontanarsi dalla vita, dal quotidiano perché stufi della sua monotonia.

Anche la realtà della “vacanza”, che ha l’aria di essere qualcosa di scarsamente impegnativo, merita una riflessione, perché non c’è niente di banale, specialmente per uno che si dice cristiano. Ogni realtà della vita dell’uomo ha un senso, anche la “vacanza”, tempo da programmare secondo validi criteri.

Tempo da programmare in una duplice valenza: come comunità parrocchiale e per se stessi.

Come comunità anzitutto.

Dovrebbe essere il gusto genuino dell'accoglienza a caratterizzare le tante iniziative che s'inventano ogni estate sui litorali o all'ombra delle cime: nonostante l'aspetto svagato, il villeggiante cerca (e ricorda) i volti di una famiglia ospitale, i momenti di una chiacchierata distesa o di un silenzio condiviso davanti ad un panorama mozzafiato.

Altrimenti anche la Pastorale del Turismo finisce per burocratizzarsi in un "fare per fare", riciclato di anno in anno in base a valutazioni che considerano più la quantità dei contatti e degli eventi che la qualità della relazione. Dipende quasi tutto dagli "operatori" disponibili a mettersi in gioco come cristiani prima ancora che ospitanti, per evitare che la parrocchia a vocazione turistica sia riconosciuta solo come una sorta di Azienda cattolica di promozione delle specialità artistiche locali.

Chi sono i destinatari della Pastorale turistica? Più dei fedelissimi che fin dal primo giorno s'informano sugli orari delle celebrazioni, dovrebbero essere quanti sono portati dall'inerzia estiva ad allentare la loro già incerta partecipazione ecclesiale: con la chiusura delle scuole ripongono in cartella fino a settembre anche le domande dello spirito.

Dalle variegate sperimentazioni che affiorano ogni anno dal panorama ecclesiale italiano, spicca l'efficacia di alcuni ambienti congeniali, non tanto per la loro struttura quanto per le presenze umane che la abitano (e che dovrebbero essere) soprattutto laicali: quando si finirà per identificare una parrocchia accogliente solo con lo stile più o meno gradito del suo parroco?

Movimenti, Associazioni cattoliche e molti credenti in estate non vanno "in vacanza", ma usano il tempo delle ferie per dedicarsi a ciò che conta nella vita, anche con maggiore intensità.

Tutte le iniziative devono tendere a formare mentalità di partecipazione, a cominciare dalla catechesi e dalle occasioni concrete di incontro.

La sacra Liturgia è il centro della vita e dell’identità espressiva della parrocchia, ne è il cuore pulsante, il segno rivelativo della fede celebrata, contemplata, vissuta. Soprattutto l’Eucaristia è “alimento della vita ecclesiale e sorgente della missione. In essa la comunità riconosce Cristo salvatore dell’uomo e del mondo”.

Nel rispetto delle norme stabilite dalla Chiesa, la Celebrazione Eucaristica, soprattutto domenicale, può “adattarsi” secondo le esigenze del luogo e della presenza dei turisti attraverso gesti significativi di accoglienza, servizio della parola, proclamazione delle letture, canti, monizioni, commiato, assecondando la disponibilità delle persone e di gruppi particolari.

Altrettanto le Celebrazioni devozionali, tipiche della pietà popolare, le iniziative di pellegrinaggio parrocchiale, possono essere predisposte per l’edificazione spirituale dei turisti, in comunione intensa con i fedeli residenti. Se è emergente la presenza di turisti di altre nazioni, è segno di particolare accoglienza renderli partecipi alle liturgie, soprattutto domenicali, con appositi supporti liturgici in lingua propria.

La parrocchia promuove cultura cristiana ben sapendo che con e in essa “cresce” l’umanità, si costituiscono, si propagano e si consolidano mentalità “cristiane”, comportamenti, stili di vita e scelte etiche. La cultura è l’humus della società, se la parrocchia si estranea perde la capacità di “animarla” cristianamente.

Tra l’altro, la “cultura” è ben individuata anche dei “Beni culturali ecclesiastici”, fonte straordinaria di appartenenza, testimoni di storia religiosa, veicoli di catechesi, fattori di educazione alla coscienza estetica e di comunicazione della fede. Certamente va consolidato e reso fruibile il rapporto tra Beni culturali e turismo nelle forme di comprensione iconologica e iconografica, nella regolazione dei flussi, nella tutela dell’ambiente.

Il tempo estivo è anche un’opportunità per offrire a se stessi spazi di riflessione, di incontro con gli altri e con il Trascendente, per crescere nella gratuità, per ritemprare lo spirito nel contatto con la natura e con tutto ciò che è bello.

Nei mesi estivi sembra che si fermi tutto anche l’attenzione, la vicinanza, la solidarietà e l’impegno. Che anche la pratica dell’amore vada in vacanza?

Si rischia di dimenticare i volti meno appariscenti, quelli nascosti, quelli apparentemente invisibili: i malati, gli anziani, soli, i diversamente abili. Si rischia una visione privatistica ed egoista nel fare vacanza e di rimuovere i problemi della quotidianità.

Come cristiani siamo chiamati a cogliere le molteplici opportunità che questo tempo ci offre, come coltivare le relazioni con gli altri, dedicarsi a qualche servizio di volontariato verso coloro, e sono tanti, che non possono usufruire né di vacanze né di quiete. Non manca, in particolare per i giovani, l’offerta di esperienze intense e significative che aiutano ad aprire i propri orizzonti al mondo, con la possibilità di sporcarsi le mani rendendosi utili ai più poveri: campi di lavoro missionari, viaggi per conoscere e incontrare altre realtà, popoli e culture.

L’estate è anche il tempo per fermarsi, per sostare, per verificarsi, per riprendere in mano la propria vita. Tempo per sé, tempo per gli altri, tempo per le amicizie, tempo per l’essenziale, tempo per lo spirito, tempo per Dio.

E’ il tempo per la bellezza. Attraverso “la via della bellezza” nell’estate è possibile risvegliare il desiderio di senso e la nostalgia dell’indicibile.

Infine, la vacanza, ricorda all’uomo chi egli è: è immagine di Dio chiamato ad immergersi nel non-tempo quando tutto sarà riposo e quiete, incanto e bellezza, gioia e festa senza fine.

Un’estate vissuta così è veramente un “tempo creativo” per sé, per gli altri e per il mondo, che ci permetterà di tornare alle consuete fatiche quotidiane davvero “ri-creati”, più ricchi nel significato più pieno del termine, senza stress e nostalgie di vuote evasioni, ma più contenti e con la voglia di ricominciare.

Stralci da “Estate, parrocchia e turismo. Un vademecum per l’animazione pastorale”. Quaderni della Segreteria Generale CEI, Ufficio Nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport. Giugno 2008.