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Galantino: unioni civili, una forzatura

​Il segretario della Cei sul ddl Cirinnà: ancora una volta è in atto tentativo di equiparare realtà diverse. Critiche anche all'azione "scorretta e surrettizia" di introdurre il gender nelle scuole.

"Ancora una volta è in atto un tentativo di equiparare realtà che di fatto sono diverse tra loro”: così il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, ha risposto oggi - durante la conferenza stampa per la presentazione del comunicato finale del Consiglio episcopale permanente - alle domande sul ddl Cirinnà, approvato ieri alla commissione giustizia del Senato, che intende dare vita in Italia alle “unioni civili”, parificandole di fatto al matrimonio eccetto che per le adozioni. “La famiglia - ha sottolineato monsignor Galantino - è una realtà storicamente, culturalmente e antropologicamente definita. Oggi, col ddl Cirinnà si farebbe una forzatura ideologica per ridurre realtà diverse come fossero uguali”. Secondo il segretario Cei, inoltre, “siamo di fronte a un uso improprio e ideologico dello strumento giuridico. Occorre invece avere il coraggio di riconoscere le differenze, senza pretese di fare del terrorismo linguistico, confondendo il doveroso rispetto dei diritti con una forzature giuridica”. Proseguendo nei commenti, ha affermato che “si tratta di una tentazione sempre in agguato per arrivare a un’equiparazione forzata, utilizzando strumenti impropri, in questo caso strumenti giuridici”.​

Galantino ha affrontato anche il tema "della colonizzazione idelogica del gender nelle scuole italiane" contro la quale "la Chiesa italiana intende fare la sua parte". Anche a seguito dei recenti incitamenti all’azione espressi dal Papa e dal presidente della Cei, Angelo Bagnasco, che ne ha parlato nella prolusione ai lavori del Consiglio, monsignor Galantino ha sottolineato che “non è un caso che ci sia stato chi ha voluto introdurre in maniera scorretta e surrettizia nella scuola certi testi. Tutti siamo d’accordo sul combattere il bullismo, ma rimane l’azione surrettizia e scorretta compiuta senza interpellare i genitori”. Riferendosi agli autori di tale iniziativa, ha affermato: “Devono essere gramsciani buoni, sono andati a farla nella scuola, non in piazza. Oggi non solo la Cei ma tutti gli uomini di ragione lo comprendono. Noi, ribadisco, faremo la nostra parte”. Sollecitato a indicare qualche attività concreta, ha fatto riferimento all’“azione culturale”. “Formare persone a decidere se, attraverso la mobilitazione, si risolve il problema oppure avendo docenti capaci di rispondere con la testa a certi tipi di problemi. Se la cultura è questa, allora la bella notizia è che la Cei è impegnata non da oggi su questo tema, come mostrano i tanti testi sul gender. La cultura è un primo passo”.

© Avvenire, 27 marzo 2015

 

Confusione ad alto rischio

 

Era difficile concentrare in un solo testo di legge una sfilza così ampia di contraddizioni giuridiche e di incongruenze antropologiche come quelle raccolte dalla senatrice del Pd Monica Cirinnà nel disegno di legge che la Commissione Giustizia di Palazzo Madama ha adottato come testo base sulle «unioni civili». La notizia buona è che il testo, nelle prossime settimane, potrà essere seriamente emendato.

Quelle cattive sono tutte le altre. A cominciare dall’apertura alla cosiddetta «adozione interna» alla coppia, che rischierebbe di moltiplicare e confondere le figure genitoriali. Così che un bambino, con l’adozione da parte del genitore partner della coppia omosessuale, si troverebbe ad avere due madri o due padri legali. Esito programmaticamente tragico per la sua crescita equilibrata. Senza considerare che un’apertura così dissennata avrebbe, tra le altre conseguenze, anche quella di offrire praterie per pratiche inaccettabili come l’utero in affitto. E osano chiamarla una scelta coerente di civiltà...

Tartufesco, infine continuare a ripetere che si intende proporre un istituto giuridico «ben distinto» dal matrimonio, quando tutte le prerogative previste dalla legge per i coniugi vengono replicate nel ddl Cirinnà in modo implacabilmente automatico.

Come ciliegina su questa torta assolutamente indigesta c'è l’invenzione di un «titolo secondo» che riconosce alle convivenze – etero o omosessuali – alcuni diritti di base, peraltro già previsti dalla giurisprudenza ordinaria per le persone comunque conviventi. Insomma, un "simil-matrimonio" gay con contorno... Una forzatura spaccatutto, che una parte del Pd ha deciso di tentare, contando sulla sponda di settori di destra e di sinistra. Ma è un gioco di prestigio confuso e confusionario, davvero ad alto rischio. Per il futuro di tutti.

© Avvenire, 26 marzo 2015