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Kasper: "La misericordia, virtù esigente"

Il cardinale Walter Kasper, teologo, autore del volume "Misericordia. Concetto fondamentale del vangelo - chiave della vita cristiana", si augura che l'anno giubilare aiuti i cristiani e la Chiesa ad andare verso il prossimo.

Anche per lui è stata una sorpresa. «Non sapevo nulla, ho acceso la tv e ho sentito che era stato indetto l’anno della misericordia. Credo che abbia sorpreso la maggioranza delle persone, ma questo è il Papa delle sorprese».
Il cardinale Walter Kasper, autore del libro “Misericordia” che il Papa citò nel suo primo Angelus dopo l’elezione, considera «questa un’idea molto importante. Un anno per riflettere su cosa è la misericordia. Non solo per definirla in modo teologico, ma per metterla in pratica».

Cos’è in concreto la misericordia?
«Come dice la parola stessa significa avere un cuore per i miseri, essere attenti per gli altri, per il prossimo. Vedere dove soffrono, dove sono le loro ferite, i loro bisogni. Avere occhi aperti, non rimanere indifferenti e non far parte di questa globalizzazione dell’indifferenza di cui il Papa ha parlato a Lampedusa e in varie altre occasioni. In secondo luogo bisogna ricordarsi che la misericordia non è solo una compassione, ma è un atteggiamento, una virtù attiva. Vuole combattere la miseria, vuole andare incontro. Non muove solo il cuore, ma anche le mani e i piedi. Ci fa camminare, andare incontro agli altri, aiutare come il buon samaritano che si è abbassato nel fango, ha toccato le ferite, e poi ha anche pagato per l’uomo misero che aveva soccorso.  Il buon samaritano ha fatto di più di quello che avrebbe richiesto la giustizia. E questo perché la misericordia è la giustizia più grande».

Ma c’è un rapporto tra misericordia e giustizia?
«La giustizia è il minimo della misericordia, è il minimo di ciò che siamo obbligati a dare agli altri perché è un loro diritto, anche se a volte non siamo neppure questo. La misericordia presuppone questa giustizia, non la abolisce, ma va oltre. Come il buon samaritano che paga per l’altro. Non era obbligato, ma va oltre la giustizia. E questo cambia il mondo. Un mondo che è solo giustizia può essere molto freddo. Certo la giustizia è fondamentale, è il presupposto della misericordia, ma la misericordia va molto oltre: prende l’uomo non soltanto come uno che ha diritto, ma come vera persona che ha bisogno di molto altro».

In questi anni la Chiesa si era un po’ dimenticata della misericordia?
«Direi di no. Da Giovanni XXIII che, nell’indire il Concilio dice che la Chiesa “preferisce la medicina della misericordia invece che imbracciare le armi del rigore", a Paolo VI che indica, alla fine del Concilio, come modello l’esempio del buon samaritano, a Giovanni Paolo II che scrive l’enciclica Dives in misericordia e canonizza suor Faustina Kowalska, a Benedetto XVI che scrive Deus Caritas est, fino a papa Francesco c’è una continuità. Certo, in papa Francesco c’è qualcosa id nuovo, ma non è una rottura, semmai un approfondimento per andare oltre. Con questo anno della misericordia c’è un  questo invito per scoprire di più questa realtà, non tanto direttamente un approfondimento teologico che ha già fatto Benedetto XVI molto bene, ma un approfondimento della prassi dell’individuo prima, perché dobbiamo cambiare noi stessi,  perché non sempre il nostro cuore è aperto, e aprire il cuore vuol dire che dobbiamo convertirci, e poi anche per la vita della Chiesa».

È difficile oggi essere misericordiosi?
«È difficile come seguire il Vangelo. È il vangelo che ci dice che nelle ferite dell’altro tocchiamo le ferite di Cristo. Non è una invenzione del Papa. E poi bisogna sempre tener presente che la misericordia non è solo una compassione, una emozione del cuore. La misericordia va fino all’amore per il nemico. Questa è una cosa molto esigente: amare il nemico. La misericordia non è un cristianesimo a buon prezzo, a buon mercato. Alcuni pensano che sia questo, ma la pastorale di misericordia non è a buon mercato, è esigente. Siate misericordiosi come il padre celeste, come Dio. La misericordia non abolisce, non abbandona i precetti e i comandamenti, ma li interpreta. Non come una cosa che si impone all’altro, ma che li aiuta, li libera. Tutti i comandamenti di Dio sono un atto di misericordia, non un atto di dittatura. Vogliono aiutare a raggiungere la vita, la vita nella sua pienezza».

Annachiara Valle

© Famiglia Cristiana, 15 marzo 2015

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