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La Via Crucis di Martini

Le riflessioni sul mistero della via Crucis (di cui qui pubblichiamo la prima e ultima stazione) del cardinale Carlo Maria Martini sono state pensate e realizzate in occasione del restauro a Milano della chiesa dei gesuiti di San Fedele e proposte ai fedeli nel tempo forte della Quaresima.

via_crucis_andrea_jori.jpgÈ infatti la prima volta che il biblista e gesuita Carlo Maria Martini si cimenta su un tema così nuovo e arduo (scritto appositamente nel 2010 nella sua residenza di Gallarate) come la meditazione sulle 14 stazioni della Via Crucis. I commenti biblici del cardinale Martini assieme alle iniziative connesse con il restauro del tempio gesuitico faranno parte di un libro di prossima pubblicazione, edito dalla San Paolo. Sabato (19 marzo) nella sede dell’Auditorium di San Fedele (via Hoepli, 3 a/b) alle 20.30 si terrà la prima esecuzione assoluta di una drammatizzazione musicale per quartetto strumentale, organo e due voci recitanti su testi del cardinale Martini con musiche di Bach, Messiaen Stochausen e creazioni di cinque compositori contemporanei: Stefano Gervasoni, Brice Pauset, Isabel Mundry, Antonio Pileggi e Johannes Schoellhorn. Filo rosso della drammatizzazione musicale sarà quello dell’austerità e interiorità. Le 14 stazioni sono suddivise in quattro unità tematiche, dolore interiore e solitudine; il giudizio; il peso della croce; incontri di Gesù. Sempre nell’ambito dei restauri del antico luogo di culto verrà proposto, un percorso di meditazioni, visitabile dal 18 marzo al 24 aprile, in "immagini" di Via Crucis del giovane artista Nicola Samorì nella chiesa di San Fedele. Le diverse stazioni saranno collocate all’interno delle quattro cappelle laterali del tempio gesuitico. A corollario di queste celebrazioni per il restauro del complesso gesuitico, voluto da San Carlo Borromeo, verrà allestita dal 19 marzo al 14 maggio una mostra dedicata ad alcuni lavori di Mimmo Paladino che indagano sui temi della vita, morte, sacrificio, testimonianza e dolore. L’esposizione dal titolo «Mimmo Paladino. Il destino dell’uomo» è curata dal gesuita Andrea Dall’Asta e da Francesco Tedeschi. (Per ulteriori informazioni si può visitare il sito:www.centrosanfedele.net).

Filippo Rizzi



Gesù nell'orto degli ulivi
Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: "Sedetevi qui, mentre io prego".  Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.  Gesù disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate". Poi, andato un po’ innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora. E diceva: "Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu". Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: "Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole". (Marco 14,32-38)

Gesù, noi vorremmo seguirti sulla via della croce. Vogliamo entrare con te nell’orto degli ulivi, nel podere chiamato Getsèmani, per unire la nostra preghiera alla tua. Ma, come per i discepoli, ci è tanto difficile! Per essi c’è la stanchezza del giorno precedente, c’è il silenzio cupo della notte con gli oscuri presagi che lo accompagnano. Noi, soprattutto quando vogliamo vegliare un po’ più a lungo con Te, veniamo oppressi dai fantasmi che si agitano nei nostri cuori e che ci rendono la preghiera un peso.
Sentiamo una gran voglia di fuggire, di darci per vinti e di  abbandonarci a distrazioni che ci tolgano da questo incubo. Non riusciamo a condividere il tuo spavento e la tua angoscia e soprattutto non riusciamo a sintonizzarci con la tua preghiera. Anche le tue parole sulla tentazione che incombe sono ricevute da noi con lo spirito ottuso e incapace di capire. Il sonno appesantisce le nostre membra e chiude il nostro cuore. Intanto Gesù, viene coinvolto in tutto il suo essere dalla grande e decisiva preghiera: Abbà, Padre! Ogni cosa ti è possibile, allontana da me questo calice! Però, non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi.

Gesù, tu hai voluto provare fino all’ultimo la ripugnanza per la volontà del Padre, contraria alle tue attese. Anche noi sentiamo talora questa ripugnanza. Tu hai accettato di essere oppresso da una tristezza mortale. Può capitare, in certi momenti della nostra vita, di giungere fino a questo punto. Fa che non ci spaventiamo di questa resistenza che sentiamo nascere dentro. Fa che non ci arrendiamo né pensiamo che in tali frangenti è giocoforza arrendersi. È necessario stringere i denti e soprattutto confidare nella potenza dello Spirito che opera in noi. Possiamo sempre essere vittoriosi, per la forza di colui che ci ha salvati.



Gesù deposto nel sepolcro
Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l’entrata del sepolcro.<+tondo> (Marco 15,42-46)

Gesù che nel buio sulla terra e nel buio del sepolcro, hai chiesto a Dio perché ti aveva abbandonato, e nel buio del sepolcro rimani in attesa della risurrezione, facci intravedere che non c’è abisso fra cui non sia possibile invocare Dio. Ricordaci che le nostre prove fisiche, spirituali e morali sono parte del tuo venerdì Santo e che tu le vivi con noi e le superi in noi. Tu che lacerato e straziato dal dolore, hai elevato un alto grido prima di morire, accogli il nostro grido, concedici di giungere all’ultimo giorno della nostra esistenza terrena con la volontà di consegnare nelle mani del Padre il nostro spirito, la nostra vita e la nostra morte. Signore della croce, aiutaci a riconquistare ogni giorno la legge del morire a noi stessi per vivere il primato assoluto di Dio, di te e del tuo Vangelo.

Il sabato santo è vissuto dai discepoli nella paura e nel timore del peggio. Il futuro sembra riservare loro sconfitte e umiliazioni crescenti. Il loro maestro è nella tomba. Maria vive una attesa fiduciosa e paziente, ella sa che le promesse di Dio si avverranno. Anche nel sabato del tempo in cui noi ci troviamo a vivere è necessario riscoprire l’importanza dell’attesa, gettare luce sul compito che ci aspetta e che ci è reso possibile dal dono dello spirito del risorto.

Signore, nel tuo dono d’amore, in te riconosciamo il verbo di Dio fatto uomo. Noi abbiamo compreso la verità, la bellezza, la forza della fede, che tu offri a ciascuno di noi e a tutti quelli della famiglia umana della società intera a cui apparteniamo, rimani con noi per sempre.

Carlo Maria Martini
© Avvenire, 9 marzo 2011
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