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I Domenica di Avvento anno C. “Vegliate e pregate in ogni momento!”

Le parole di Gesù vanno accolte come un annuncio di ciò che può dare senso alla vita degli uomini feriti e oppressi

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Inizia il tempo di Avvento, cioè il tempo della Venuta del Signore Gesù Cristo. Nella nostra professione di fede confessiamo che il Figlio di Dio si è fatto uomo, è stato crocifisso, è morto ed è risorto e “verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti”: questa venuta gloriosa di Gesù Cristo è parte integrante del mistero cristiano, perché c’è un “Giorno”, già annunciato dai profeti (cf., per es., Gl 1,15; 2,1.11 ecc.) e poi testimoniato più volte dallo stesso Gesù ai suoi discepoli (cf. Lc 10,12; 17,24 ecc.), in cui il Signore stabilirà pienamente la sua presenza nella storia dell’umanità. In quel giorno avverrà il giudizio dei vivi e dei morti, in modo che siano ristabilite definitivamente la giustizia e la verità, e così si compia il disegno di Dio e sia resa testimonianza a coloro che nel mondo hanno subìto afflizione e hanno atteso con fiducia l’epifania del Signore. Avvento, dunque, è un tempo di attesa e di speranza gioiosa, un tempo in cui risuona il grido della chiesa, la Sposa che nello Spirito invoca: “Vieni, Signore Gesù! Maranà tha!” (Ap 22,17; 1Cor 16,22), e ascolta la risposta sicura: “Sì, vengo presto!” (Ap 22,20).

La pagina del vangelo secondo Luca – il vangelo che ascolteremo lungo tutto questo anno liturgico che inizia – con cui si apre l’Avvento è quella in cui Gesù proclama la sua venuta imminente quale Figlio dell’uomo. Questa manifestazione del Signore è presentata come un dramma che coinvolgerà le esistenze umane e segnerà la fine della storia: ci saranno nella natura eventi che indicheranno una fine e un nuovo inizio; ci saranno situazioni di grande crisi tra gli uomini, i quali si troveranno di fronte al giudizio, allo svelamento del loro comportamento, delle loro azioni giuste o ingiuste verso i loro fratelli…

Allora “il Figlio dell’uomo verrà su una nube con potenza e gloria grande” (cf. Dn 7,13-14), e questo sarà in realtà un “evento beato” per i discepoli fedeli al loro Signore! Essi infatti saranno invitati a contemplare l’avvento di quel giorno, saranno chiamati ad alzare la testa con fierezza e saldezza, poiché vedranno il compimento della promessa del Signore e la liberazione da tutto il male che hanno subìto nel corso della storia. Queste parole di Gesù non devono pertanto suscitare una reazione di spavento, ma vanno accolte come un annuncio di ciò che può dare senso alla vita degli uomini feriti e oppressi: la giustizia avrà l’ultima parola e per le vittime della storia vi sarà finalmente la beatitudine.

Di fronte a questo evento che, se anche sembra tardare, tuttavia giungerà con certezza (cf. Eb 10,37; 2Pt 3,8-10), i cristiani sono chiamati a vigilare, a stare attenti, per evitare di essere intontiti, smarriti, in balia di falsi affanni. Essi devono lottare affinché il loro cuore non si appesantisca, non diventi cioè insensibile o preda della vertigine, quello stordimento che impedisce di vivere un’esistenza consapevole. Nel presentare questi rischi, Gesù ci indica anche le armi con cui possiamo farvi fronte: “Vegliate e pregate in ogni momento!”. Vigilanza e preghiera pongono di fatto il credente già oggi alla presenza del Signore e, di conseguenza, lo abilitano a “comparire davanti al Figlio dell’uomo” per incontrarlo nel giorno del giudizio!

L’Avvento è dunque un tempo forte, vissuto da tutta la chiesa, in cui i cristiani si impegnano nell’attesa del Signore, si esercitano nella contemplazione delle realtà invisibili (cf. Eb 11,27) e si responsabilizzano qui e ora, nella storia e nella compagnia degli uomini, sapendo che ci sarà il giudizio terribile e misericordioso di tutto il loro operare. Chiediamoci allora onestamente durante queste settimane di Avvento: noi cristiani attendiamo il Signore, sì o no? Desideriamo veramente incontrarlo? Dalla risposta a questi interrogativi nasce un comportamento quotidiano capace di rendere conto della speranza che ci abita.

Enzo Bianchi

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