Parole “dure”, quelle di Gesù contenute nel brano evangelico di questa domenica. Ma parole che vanno comprese in piena obbedienza a Gesù stesso, colui che le ha dette per averle vissute in prima persona, nel suo essere un uomo abitato da grande passione e desiderio bruciante per Dio e per il suo Regno
Queste parole di Gesù dopo due millenni vengono ascoltate dai credenti in lui con commozione profonda e convinzione perseverante. Certo, per accoglierle e, di conseguenza, non temere ma gioire, bisogna essere davvero il piccolo gregge che segue Gesù fino alla fine. Non basta dirsi cristiani, ma per esserlo veramente occorre essere “poveri”, peccatori che desiderano conversione, uomini e donne che non confidano in se stessi ma sanno mettere la fede e la speranza in Gesù e nel suo Regno veniente
Noi umani siamo preda di un’illusione mortifera che Gesù vuole sradicare dal nostro cuore: quella che la ricchezza e la proprietà di molti beni salvino, diano senso e significato alla vita. Spesso non lo ammettiamo, ma in realtà lo pensiamo, e facciamo di questo criterio l’ispirazione di molte nostre scelte… E così dimentichiamo la volontà di Dio che tutti gli esseri umani siano fratelli e sorelle e partecipino con giustizia alla tavola dei beni della terra, in quella condivisione capace di combattere la povertà
Gesù insegna che sempre Dio ci dà lo Spirito santo, se glielo chiediamo nella preghiera, e lo Spirito che scende nella nostra mente e nel nostro cuore, lui che si unisce al nostro spirito, è la risposta di Dio. Lo Spirito, a sua volta, ci insegna ad amare e ad accettare di essere amati dagli altri, sempre e in ogni situazione. Questo è l’esaudimento vero e autentico, questo è ciò di cui abbiamo veramente bisogno!
Qual è la parte migliore cui non bisogna rinunciare e da cui bisogna cominciare perché la vita si dispieghi via via sempre più in pienezza, senza deviazioni e senza dispersioni, perché l'uomo possa raggiungere il proprio compimento? Cosa pensa il Maestro? Lo ascoltiamo da Luca, cui dobbiamo questo brano di bellezza semplice e contenuta, ma proprio perciò, suggestiva e fragrante.
Lo straniero odiato che ha compassione del ferito al margine della strada ed impicciandosi, con tenerezza misteriosa, lo prende sulle sue spalle e lo porta alla locanda dove arriva finanche a coinvolgere l'oste, è Cristo, stupendo Cristo, che uomo come noi, debole e viandante della vita, capovolge la dura legge dell'egoismo che prima o poi è destinata a prevalere su ciascuno di noi.
La vera speranza dei discepoli-missionari non va riposta nella riuscita della missione ma nella comunione di vita con il Signore, dal quale nessuno di loro potrà mai essere separato: nessun fallimento, nessuna persecuzione, neppure la morte potrà separare gli inviati dall’amore di Cristo!
Quando Gesù chiama, non si può preferire un comandamento, seppur santo, al suo amore: o si sceglie lui radicalmente o si continua a stare insieme ai morti! Di fronte a queste nette affermazioni di Gesù, come ci poniamo noi? Sappiamo ancora ripetere le parole del Vangelo con il prezzo che esse esigono?
Gesù fa discutere, schierare, accende gli animi, ognuno, un poco, si sente di difenderlo, di proteggerlo, di capirlo, di interpretarlo. Credenti o non credenti, quest'uomo che paga con la vita la sua coerenza e la sua non-violenza ancora scuote e interroga.Chi sei, davvero, Nazareno?
Per comprendere questa indimenticabile pagina del vangelo secondo Luca sarebbe sufficiente ricordare lo splendido e lapidario commento fatto dal patriarca Athenagoras: “Hóti egápesen polý. Perché lei ha molto amato. Perché Lui ha molto amato. Tutto il cristianesimo è qui”