La fede che professiamo fa zampillare la speranza che un giorno ci sarà dato di partecipare in piena luce alla comunione trinitaria e nella santa eucaristia ci offre tutto l’amore che ci occorre come viatico per il nostro pellegrinaggio verso la patria.
Lo Spirito che procede dal Padre è anche lo Spirito del Figlio, inviato da lui e suo compagno inseparabile. E dopo che Gesù lo ha inviato dalla sua gloria presso il Padre, è il compagno inseparabile di ogni cristiano.
Il Vangelo non può essere contenuto né in un popolo, né in una cultura, e neppure in un modo religioso di vivere la fede: gli inviati devono lasciarsi alle loro spalle terra, famiglia, legami e cultura, per guardare a nuove terre, a nuove culture, nelle quali il semplice Vangelo potrà essere seminato e dare frutti abbondanti.
Che cosa fare come discepoli di Gesù? Credere all’amore, amare gli altri perché Dio ci ha amati per primo e non cedere mai alla tentazione di pensare che amiamo Dio solo desiderandolo o attendendolo: no, lo amiamo se realizziamo il comandamento nuovo dell’amore reciproco, a immagine di quello vissuto da Gesù.
Ognuno di noi discepoli di Gesù è un tralcio che, se non porta frutto, viene separato dalla vite e può solo seccare ed essere gettato nel fuoco; ma se resta un tralcio della vite, allora dà frutto e, per la potatura ricevuta dal Padre, darà frutto buono e abbondante!
Sulla tomba di un cristiano della fine del II secolo si legge questa iscrizione: “Sono il discepolo di un pastore santo che ha occhi grandi; il suo sguardo raggiunge tutti”. Sì, Gesù è il pastore santo, buono e bello, con occhi grandi, che raggiungono tutti, anche noi oggi. E da questi occhi noi ci sentiamo protetti e guidati.
Credere alla parola del Signore è molto più difficile che credere ai miracoli. Ciò che si vede solo con gli occhi del corpo, abbaglia; ciò che si vede con gli occhi della mente che crede, illumina.
L’operazione più difficile, per Tommaso come per noi, sta proprio nel vedere nei corpi piagati la potenza di una trasfigurazione che fa delle piaghe delle cicatrici luminose e piene di senso: non più segno di morte o di peccato, ma segno di guarigione e di vita per sempre
Ecco come noi possiamo essere testimoni di questo evento: se lo lasciamo accadere in noi; se permettiamo a Cristo di risorgere in noi, di operare il bene attraverso di noi, di continuare a lottare contro il male, l’egoismo, la cattiveria che c’è dentro e fuori di noi.
È questa la notte che non conosce tramonto in cui tempo ed eternità si uniscono, in cui vorremmo che la nostra flebile voce diventasse squillo per dire a tutti la nostra felicità di essere chiesa, depositari e mandatari di una notizia che può restituire gioia a tutta l'umanità: La Morte è vinta e dunque la nostra vita non è inutile, non è un "vuoto a perdere".