Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

Bagnasco: l'astensionismo preoccupa

Per il presidente della Cei se cresce il senso della non appartenenza ad una città, ad un paese, ad un territorio, ad una nazione, alla politica, vuol dire che è un Paese che si sfalda. E anche la denatalità è un segno grave

L'astensionismo è certamente un dato negativo. Ne è convinto anche il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, interpellato dai giornalisti a margine della celebrazione per i 20 anni del Banco Alimentare della Liguria.

Per l'arcivescovo di Genova, infatti, è "l'indice che la gente si sente sempre meno partecipe e questo è un dato pessimo, un indicatore che ci deve preoccupare, ci deve fare riflettere e passare a politiche e a una cultura diversa di integrazione, partecipazione reale, non fittizia, di incoraggiamento alla partecipazione, non demagogica ma reale".

"Se cresce il senso della non appartenenza ad una città, ad un paese, ad un territorio, ad una nazione, alla politica in senso ampio - continua il cardinale -, vuol dire che è un Paese che si sfalda per cui sempre di più la gente si ritira in sé stessa di sicurezza, affettività, benessere per quanto possibile, si trincera, si ritira sempre di più e questo vuol dire sfaldare un tessuto sociale che è la base di uno Stato".

L'astensionismo, sottolinea poi, è "un gravissimo segnale perché indica una disgregazione di tipo sociale ma indica anche una disaffezione alla politica che invece, nella dottrina sociale della Chiesa e nella cultura cristiana in modo particolare ma non solo è sempre stato un valore alto importante indispensabile necessario di grande valore a cui il popolo dovrebbe poter guardare con fiducia e quindi con partecipazione, con desiderio di partecipare, di fare le proprie scelte".

"Avere un senso crescente di disaffezione di sfiducia verso la politica non è bello ed è un grande disvalore, un grande impoverimento per la società perché la politica in senso alto è un grande servizio - conclude Bagnasco -. Paolo VI diceva che è una delle forme più alte di carità"

Il cardinale ha anche toccato il tema della natalità, alla luce dei recenti dati Istat. "Il primo, fondamentale, indicatore del benessere di uno Stato, insieme a economia, casa e salute, è innanzitutto la natalità perché è questo il primo indicatore che tutti dovremmo considerare molto di più - ha detto. - Se un Paese non fa figli o ha pochi figli, e questo trend continua" ci sono due motivi. Da un lato, "vuol dire che il Paese sta male dal punto di vista economico, occupazione, delle politiche familiare, quindi la gente ha paura a mettere al mondo dei figli". Dall'altro lato, "dal punto di vista culturale, spirituale perché vuol dire che non ci sono valori spirituali e morali che aprano al futuro, che danno fiducia e quindi ognuno cerca di rintanarsi nei propri timori" anche se, "a volte, più che legittimi".

"Manca la speranza, non bastano i soldi". Certo, "ci vuole la speranza" anche se "non basta la speranza se poi non ci sono risorse economiche evidentemente". "Il primo più importante indicatore del benessere e dello stato di salute di un popolo è la natalità", ha sottolineato il cardinale.

© Avvenire, 10 giugno 2016

Prossimi eventi