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Così strozzano le voci libere

Anticipiamo il "Primopiano" del n. 33 di Famiglia Cristiana, in edicola dal 10 agosto. Dopo aver strangolato la stampa, soprattutto cattolica, ora il Governo riprova con le Tv libere

primopianook_1861190.jpgL’Italia va indietro come i gamberi. Non c’è classifica che non ci veda perdenti. Nel 2010, dalla categoria di “Paesi con la stampa libera” siamo retrocessi a quelli dove la libertà di stampa è “parziale”. Ci siamo allontanati dalle migliori posizioni dei Paesi del Nord Europa per fare compagnia a Corea del Nord, Turkmenistan, Birmania, Eritrea e Cuba. In fondo alla classifica. E un motivo ci sarà. Così risulta dalle analisi di Freedom House, l’organizzazione indipendente e non profit fondata nel 1941 negli Stati Uniti per la difesa della democrazia e la libertà nel mondo.

Siamo stati declassati, tra le altre ragioni, per l’eccessiva concentrazione dei mezzi di comunicazione (pubblici e privati) sotto una sola guida. Situazione anomala a livello mondiale, che solo politici “cortigiani” hanno avallato e continuano a giustificare. Con il risultato di una democrazia in sofferenza (qualche studioso, in merito all’Italia, parla già di regime di “semidemocrazia”). E un’opinione pubblica silente e narcotizzata.

Così, tutto è possibile. E il Governo ci riprova con il digitale terrestre. Dopo aver strangolato la stampa libera (soprattutto cattolica), con il provvedimento del 1° aprile dello scorso anno, che ha raddoppiato, d’improvviso, le tariffe postali. Senza, peraltro, migliorarne il servizio. Un vero “pescecane d’aprile”. A parole si promuovono il pluralismo e la partecipazione di tutti. Nei fatti si legifera, furtivamente, a vantaggio dei grandi monopoli. Senza alcun pudore per i macroscopici conflitti di interessi. E nel silenzio generale. A eccezione di quella stampa libera, non legata a interessi industriali e finanziari.

Famiglia Cristiana e Avvenire ora denunciano questo nuovo massacro mediatico che, nel giro di poco tempo, porterà alla chiusura di circa 250 Tv locali. Quasi tutte di ispirazione cattolica. Con la nuova normativa verranno fagocitate ed espropriate delle frequenze televisive. A vantaggio della telefonia e dei grandi network (Rai e Mediaset), che saranno “omaggiati” di altri canali. Al di là dei dettagli tecnici ed economici, due aspetti balzano all’evidenza. Autentici paradossi. Primo: il digitale terrestre propagandato come forma di pluralismo si rivela un’affermazione di monopolio. Una vera beffa anche per chi “straparla” di federalismo, culture, dialetti, identità del territorio… Tutto sparito e omologato. Prevalgono solo intese sottobanco e spartizione di potere. Con la sottomissione agli interessi del “principe”.

Il secondo aspetto riguarda quei politici che si accreditano come paladini del cristianesimo. E non comprendono l’importanza della democrazia, del rispetto delle istituzioni e del pluralismo di informazione. Non hanno nulla da dire sull’indecente concentrazione di pubblicità e mezzi di informazione in poche mani? In tempo di crisi, per fare cassa, lo Stato mette in vendita i canali televisivi e chiede sacrifici a tutti.

Ma perché, ancora una volta, a smagrire devono essere i più piccoli e non i “big”? Perché far pagare di più chi ha di meno? Spiace constatarlo, ma in questa “telemattanza” (così l’ha definita Avvenire) i politici cattolici peccano di connivenza. Con il silenzio e la sudditanza. Forse, del Vangelo hanno ritenuto un versetto: «A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza, e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha» (Matteo 13,12). Ma il senso era ben diverso.

© Famiglia Cristiana, 9 agosto 2011