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Dossier Il Conclave e i suoi segreti

Il Conclave per l'elezione del successore del dimissionario Benedetto XVI inizierà martedì 12 marzo. Al mattino, in San Pietro, sarà celebrata la Messa pro eligendo Pontifice

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1. Si comincia martedì 12 marzo

 

sisitina-ansa_2938146.jpgL'ottava Congregazione generale del Collegio dei cardinali ha deciso che il Conclave per l'elezione del Papa inizierà martedì 12 marzo 2013. Lo ha reso noto un comunicato della sala stampa della Santa sede. Al mattino nella Basilica di San Pietro sarà celebrata la Messa «pro eligendo Pontifice». Nel pomeriggio l'ingresso dei cardinali in Conclave.

Negli oltre cento discorsi fin qui pronunciati nelle Congregazioni pre-Conclave, sono stati affrontati i problemi legati alla bioetica, la questione della giustizia nel mondo, il dialogo interreligioso, la collegialità, l’importanza di un annuncio positivo della fede. “Un annuncio gioioso, di misericordia”, ha precisato padre Federico Lombardi, portavoce vaticano. Il Collegio dei cardinali, così come previsto dalla costituzione apostolica Universi dominici gregis del 22 febbraio 1996, hanno dovuto riconoscere i motivi di assenza dei cardinali elettori non presenti a Roma (il cardinale scozzese O’ Brien per motivi personali e il cardinale indonesiano per motivi di salute) e hanno votato sull’accettazione di questi motivi. Dopo il voto sono risultati formalmente presenti a Roma tutti coloro che ne hanno diritto.

Annachiara Valle

 

2. Nella Sistina l'Europa è ancora il continente più rappresentato

 

Il folto gruppo  di grandi elettori (11 5 in tutto) che dovranno eleggere il successore di Joseph Ratzinger, rappresentano in modo completo l’universalità della Chiesa. Provengono infatti da tutti e 5 i continenti in rappresentanza di ben 65 Paesi diversi. Tuttavia la preponderanza degli europei è consistente, sono infatti ben 62 i cardinali del Vecchio continente con diritto di voto in Conclave. Seguono i nordamericani (Usa e Canada) con 14 voti, quindi incontriamo i cardinali dell’America Latina, che comprendono il Messico, in totale arrivano a 19. L’Africa e l’Asia hanno rispettivamente 11 e 10 voti a disposizione, uno solo invece tocca all’Oceania; si tratta dell’australiano George Pell, arcivescovo di Sydney.

All’interno di questi grandi insiemi geografici si distinguono alcuni gruppi nazionali che prevalgono per numero sugli altri. In particolare va sottolineata la forte presenza di porporati elettori italiani, in tutto sono ben 28. Al secondo posto troviamo gli Stati Uniti con 11 cardinali elettori. Importante anche la rappresentanza di lingua tedesca, 6 infatti sono i cardinali della Germania con diritto di voto in Conclave, ai quali si deve aggiungere un austriaco, l’arcivescovo di Vienna Christoph Schoenborn.

Non è detto che il prossimo Pontefice esca per forza da uno di questi Paesi, e tuttavia è evidente che senza l’appoggio e il sostegno di uno dei gruppi in questione sarà ben difficile eleggere un Papa che abbia i favori dei due terzi del collegio cardinalizio come stabilito dalla legge della Chiesa scritta nel 1996 da Giovanni Paolo II – la Universi dominci gregis – e ulteriormente rafforzata nel senso dell’obbligatorietà di una maggioranza qualificata da Benedetto XVI nel 2007. Subito dopo i gruppi nazionali di testa, troviamo ancora due Chiese di grande tradizione che hanno una rappresentanza abbastanza significativa in Conclave, si tratta di Brasile e Spagna che hanno entrambe 5 cardinali elettori in Conclave. Dietro di loro Polonia e Francia con 4 berrette rosse.

E’ una geografia che vede un baricentro della Chiesa universale ancorato nell’area europea e nord americana con l’eccezione del Brasile. Tuttavia proprio l’Europa registra il calo di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa più consistente, così come una caduta della fede a livello popolare assai significativa. Altrove, in Asia, Africa e America Latina ma anche in nord America, i dati sono più positivi. Nello scegliere il successore di Benedetto XVI i cardinali terranno presenti anche di questi elementi generali. L’Africa sembra ancora sottorappresentata, la Nigeria è l’unico Paese del africano con più di un cardinale elettore, ne può contare infatti 2. Leggermente differente la situazione in Asia, qui l’India la fa da padrone con i suoi 5 porporati con diritto di voto. In questo caso parrebbe, al contrario, che il Sacro collegio rappresenti bene una delle grandi nazioni del mondo in forte ascesa.  


Francesco Peloso

 

3. Cardinali: tra i religiosi vincono Salesiani e Francescani

 

Dei 115 cardinali che entreranno in Conclave a partire dalla prossima settimana, un buon numero è membro di un ordine religioso o di una congregazione. Va detto che  con le nomine effettuate da Benedetto XVI negli ultimi anni, non c’è più un gruppo che possa vantare una superiorità netta su tutti gli altri, anzi la rappresentanza fra le diverse famiglie religiose è ora piuttosto equilibrata. I più numerosi, tuttavia, sono i Salesiani – salesiano è anche il Segretario di Stato Tarcisio Bertone in questo momento di Sede vacante camerlengo - che potranno contare su quattro cardinali elettori. Oltre allo stesso Bertone, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, Raffaele Farina e l’honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga.

Seguono i Francescani, che - volendo contarli tutti insieme, senza badare alle differenze nate nel corso della storia - addirittura pareggiano il conto con i Salesiani. I Frati minori, infatti, hanno tre porporati elettori: si tratta di Claudio Hummes, già prefetto della congregazione per il clero, dello spagnolo Carlos Amigo Vallejo, e del sudafricano Wilfred Fox Napier. Accanto a loro troviamo un altro francescano, questa volta però Cappuccino, l’americano Sean Patrick O’Malley.

Di Gesuiti ne è rimasto solo uno, si tratta dell’argentino Mario Jorge Bergoglio, che fu anche in lizza per il papato insieme al cardinale Carlo Maria Martini durante il Conclave che elesse Joseph Ratzinger; l’indonesiano Julius Riyadi Darmaatmadja ha rinunciato nei giorni scorsi a venire a Roma per gravi problemi di salute. Va anche detto che la vita consacrata, cioè ordine e congregazioni, soffrono da tempo più di altri settori della Chiesa di una verticale crisi delle vocazioni, in modo specifico in Europa. Altrove (vale a dire in Asia e America Latina) le cose vanno meglio.

Su due cardinali elettori possono contare i Domenicani, e si tratta dell’austriaco Christoph Schoenborn e del cardinale della Repubblica ceca Dominik Duka. C’è poi il gruppo di porporati che singolarmente rappresentano la propria congregazione. Julio Terrazas Sandoval, boliviano, è Redentorista, lo sloveno Franc Rodé, ex prefetto della Congregazione degli istituti di vita consacrata, è un Lazzarista (Congregazione della Missione), Marco Ouellet, attualmente alla guida della Congregazione dei vescovi e fra i favoriti per la successione di Benedetto XVI, è un Sulpiziano, cioè appartiene alla compagnia dei sacerdoti di S. Sulpizio.

Il cardinale Velasio del Paolis, ex presidente della Prefettura degli Affari economici della Santa Sede, è uno Scalabriniano, il cileno Francisco Javier Errazuriz Ossa fa parte dei Padri di Schonstatt, mentre il patriarca dei maroniti libanesi, il cardinale Bechara Boutros Rai, è membro dell’Ordine maronita della Beata Vergine Maria. La frammentarietà della presenza delle famiglie religiose rispetto ai precedenti Conclavi sembra quindi destinata a pesare di meno al momento dell’elezione, non c’è insomma, per esempio, un blocco di Gesuiti o Francescani compatto.

Ci sono poi appartenenze più sfumate, come la vicinanza storica del cardinale Angelo Scola a Comunione e liberazione, organizzazione alla quale guarda con simpatia lo stesso Marco Ouellet. Bisogna poi tenere conto dei Focolarini, in questo gruppo rientrano almeno due nomi: l’attuale prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata, il cardinale brasiliano Joao Braz d Aviz e il cardinale italiano Ennio Antonelli. Diversi porporati, poi, in special modo americani ma non solo, appartengono all’ organizzazione dei Cavalieri di Colombo che però non è una congregazione religiosa in senso stretto ma una forte organizzazione assistenziale e assicurativa cattolica con base negli Stati Uniti e guidata dal Supremo Cavaliere Carl Anderson.

Francesco Peloso

 

 

4. Un momento storico, a prova di microspia e di tweet

 

Quello che si svolgerà nei prossimi giorni sarà un Conclave ad alto contenuto tecnologico. Per la prima volta nella storia, infatti, le rigide norme sulla segretezza dei lavori che portano all’elezione del Papa, dovranno superare la prova della comunicazione globale ed integrata, senza contare la capacità che oggi può essere messa in campo da un grande mezzo internazionale per ‘captare’ quanto avviene all’interno delle mura vaticane.

Negli ultimi otto anni, tanto è durato il pontificato di Ratzinger, i progressi nel campo della comunicazione sono stati notevoli.
Quindi né cellulari, né tweet, né altre applicazioni potranno funzionare nei giorni della ‘clausura’ per l’elezione del Papa.  I luoghi del Conclave saranno infatti sottoposti a una scrupolosa bonifica degli ambienti, l’obiettivo è quello di scovare possibili cimici nascoste in qualche stanza, ma soprattutto i tecnici del Vaticano installeranno apparecchiature in grado di disturbare il tentativo di trasmettere messaggi dall’esterno all’interno e viceversa.

Infine si procederà alla schermatura che impedirà ulteriormente ogni comunicazione; quest’ultima per altro è già in atto in questi giorni durante le congregazioni generali.
Una sala stampa infatti è stata allestita all’interno dell’Aula Paolo VI e divisa attraverso un muro di pannelli dagli ambienti di quali si accede all’aula de Sinodo dove è in corso il dibattito fra i cardinali nelle congregazioni. Già in questa zona i cellulari non hanno segnale, è impossibile dunque comunicare con supporti elettronici anche per gli stessi giornalisti. Al lavoro di bonifica provvederà la Gendarmeria che vanta al suo interno specifiche competenze in campo di difesa tecnologica.  

I lavori nella Cappella Sistina

Intanto la Cappella Sistina è stata chiusa ai visitatori e nei prossimi giorni subirà una significativa trasformazione in quanto diventerà il centro della scena per l’elezione del successore di Benedetto XVI. Uno dei cambiamenti più importanti riguarda il pavimento che dovrà essere tutto sullo stesso piano, per questo verrà installata una grande pedana Chiarimenti in questo senso sono arrivati dal direttore della Sala stampa della Santa Sede padre Federico Lombardi. “C’è la necessità  - ha spiegato Lombardi - di fare un piano unico. Si dovrà provvedere a fare la sopraelevazione del pavimento per poi sistemare i tavoli dove siederanno gli elettori”.

Le stufe per bruciare le schede

Quindi dovranno essere predisposte le due stufe delle quali una e' quella per bruciare le schede, l'altra sarà predisposta ad hoc per mandare “il fumo che renderà visibile al mondo l'esito della votazione”. L’ambiente sarà arredato con 115 sedie di ciliegio – tante quanti sono gli elettori, cioè i cardinali con meno di 80 anni - contrassegnate dal nome e cognome di ciascun cardinale elettore, e dodici tavoli di legno grezzo coperti da un panno beige e satin bordeaux: sei sul lato destro e sei sul sinistro, disposti su due file di diverso livello. Davanti all'altare, sotto il Giudizio Universale di Michelangelo, verrà collocato un tavolo per l'urna di legno grezzo dove saranno raccolte le schede con i voti, e un leggìo con il Vangelo sul quale i porporati presteranno giuramento.

Il sorteggio delle stanze a Santa Marta

I cardinali durante il conclave riposeranno in camere extra-accessoriate, con possibilità di collegamento web, telefono e tv all'interno del residence a cinque piani di Santa Marta, costruito negli anni Novanta per volontà di Giovanni Paolo II e che per la seconda volta ospita i cardinali per un conclave. Si tratta di ambienti quasi di lusso se paragonati ai dormitori di fortuna allestiti per le precedenti elezioni papali. Fra l’altro i 115 cardinali che prenderanno parte al conclave si contenderanno suite e stanze più piccole attraverso un sorteggio, allo scopo di non privilegiare nessuno. A Santa Marta ci sono armadi a muro, scrivanie, inginocchiatoi, poltroncine, letti a una piazza e mezza, aria condizionata e bagno in camera. Ma le stanze non sono tutte uguali e le migliori non bastano per tutti i porporati.

Oltre alle oltre cento suite con letti da una piazza e mezzo, le altre sono camere più piccole e con meno comfort. Per questo, per non sollevare il malumore di nessuno, è stato stabilito il sorteggio per l'assegnazione delle stanze. Tuttavia delle cosiddette  comodità hi-tech i cardinali non potranno beneficiare più di tanto perché dal momento in cui cominceranno ad alloggiare nel residence ci sarà un black-out tecnologico assoluto. Tutti i giorni i ‘grandi elettori’ saranno poi trasportati per circa 700 metri in pullman da Santa Marta fino alla Cappella Sistina. Anche le navette sulle quali saliranno i porporati saranno controllate preventivamente dalla Gendarmeria vaticana per evitare ogni contatto con l’esterno.

Le tre urne.

Sono tre le urne in cui deporranno le schede i cardinali elettori durante il conclave. Sono state mostrate alla stampa di tutto il mondo – attraverso un filmato del Ctv, il Centro televisivo vaticano,  da padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede nel corso di un briefing. Le tre urne che saranno usate nella Sistina nel corso del Conclave per ricevere i voti dei cardinali elettori. Tra queste anche quella che eventualmente potrebbe servire per raccogliere il voto di qualche elettore malato rimasto presso la Casa Santa Marta. “Sono quelle - ha precisato padre Lombardi - che erano state realizzate, in stile moderno, durante il Pontificato di Giovanni Paolo II e che sono quindi già state utilizzate nel Conclave del 2005, quando fu eletto Papa Joseph Ratzinger”.  

Francesco Peloso
 
 
 

5. Tutte le sfumature del segreto più assoluto

 

Il segreto prima di tutto: affinché il Conclave non sia soggetto alle pressioni esterne più diverse, il suo svolgimento viene protetto da un manto di riservatezza che sempre i media cercano di infrangere e che tuttavia in genere resiste abbastanza bene agli assalti. Norme severe e rigorose relative appunto alla segretezza e alla riservatezza del conclave, sono infatti stabilite nella costituzione apostolica Universi dominici gregis emanata da Giovanni Paolo II nel 1996 con la quale si regola l’elezione del Papa.

Nel testo in particolare si afferma che il Conclave si svolgerà in territorio Vaticano in ambienti chiusi agli estranei, “in modo tale da garantire una conveniente sistemazione e permanenza dei Cardinali elettori e di quanti, a titolo legittimo, sono chiamati a collaborare al regolare svolgimento della elezione stessa”. Vengono precisate anche le relative eccezioni nel caso in cui un cardinale per ragioni di salute abbia bisogno di assistenza: “Se ragioni di salute, comprovate previamente dall'apposita Congregazione Cardinalizia, esigono che qualche Cardinale elettore abbia presso di sé, anche nel periodo dell'elezione, un infermiere, si dovrà provvedere che anche a questi sia assicurata una dimora opportuna”.

"In particolare – afferma ancora  la Costituzione apostolica - si dovrà provvedere che i cardinali elettori non siano avvicinati da nessuno mentre saranno trasportati dalla Domus Sanctae Marthae al Palazzo Apostolico Vaticano”. Quindi vengono certificate per legge le limitazioni alla comunicazione con l’esterno:  “I cardinali elettori, dall'inizio delle operazioni dell'elezione fino a quando questa sarà avvenuta e pubblicamente annunciata – si spiega infatti nel testo - si astengano dall'intrattenere corrispondenza epistolare, telefonica o con altri mezzi di comunicazione con persone estranee all'ambito dello svolgimento della medesima elezione”.

Nessun particolare viene lasciato al caso, e infatti si precisa: “a tutti coloro, che casualmente, pur presenti nella Città del Vaticano a giusto titolo, dovessero incontrare qualcuno dei cardinali elettori in tempo di elezione, è fatto assoluto divieto di intrattenere colloquio, sotto qualsiasi forma, con qualunque mezzo e per qualsiasi motivo, con i medesimi padri cardinali”. Dovrà poi essere garantita e debitamente controllata, la presenza di due medici, di alcuni religiosi di varie lingue per le confessione, e del personale delle pulizie. Ma in ogni caso “tutte le persone” la cui presenza all’interno del Vaticano nei giorni del conclave è prevista formalmente dalla costituzione apostolica, sono tenute al segreto e per questo dovranno prestare giuramento.

Nella Costituzione infatti si spiega: coloro “che per qualsivoglia motivo e in qualsiasi tempo venissero a conoscenza da chiunque di quanto direttamente o indirettamente concerne gli atti propri dell'elezione e, in modo particolare, di quanto attiene agli scrutini avvenuti nell'elezione stessa, sono obbligate a stretto segreto con qualunque persona estranea al Collegio dei cardinali elettori: per tale scopo, prima dell'inizio delle operazioni dell'elezione, dovranno prestare giuramento” davanti al cardinale camerlengo o a un altro cardinale delegato e alla presenza di due cerimonieri.

 Francesco Peloso

 

 

 

6. Alberto Melloni: «Ci vuole la collegialità indicata dal Concilio»

 

 

«Che la rinuncia di Benedetto XVI venga considerata come un atto che desacralizza il papato è significativo di un certo modo, sbagliato, di intendere la Chiesa e il ruolo del sommo pontefice». Alberto Melloni, 54 anni, docente di Storia del cristianesimo all'Università di Modena-Reggio Emilia, editorialista del Corriere della Sera e autore del libro Il conclave. Storia dell’elezione del Papa (Il Mulino) non è d'accordo con quanti, all'interno della Chiesa ma non solo, hanno criticato l'atto di rottura epocale compiuto da Joseph Ratzinger con l'abbandono del ministero petrino.

Si è detto che con le sue dimissioni Benedetto XVI abbia "umanizzato" il papato. È d’accordo, professore?

«Nient'affatto. Nessun cattolico pensa davvero che il Papa ha una natura divina o semi divina. Si tratta di un mito massimalista estraneo alla cultura cattolica e alimentato ad arte dai media. Non a caso, il cardinale Congar parlava di "papolatria". È pur vero che la Chiesa latina con la Riforma Gregoriana dell'XI secolo ha guardato con apprensione ai tentativi di minimizzare la figura del Papa. Nel Dictatus papae, ad esempio, si stabilisce che il Pontefice non può essere giudicato da nessuno, che chi non è in comunione con lui non è cattolico, che solo a lui i principi devono baciare i piedi e che appena eletto è "reso santo". Tuttavia, il Papa non è l'amministratore delegato della Chiesa o una figura con una caratura politica. La Chiesa è comunione e il compito di guidarla con Pietro e sotto Pietro spetta a tutti i vescovi che secondo il dogma cattolico sono "vicari di Cristo". Non a caso Ratzinger nel suo stemma pontificio ha messo la mitria, il simbolo episcopale, al posto del triregno, il simbolo della sovranità».

Un cardinale di peso come l'australiano George Pell, arcivescovo di Sidney e molto vicino a Ratzinger, ha criticato apertamente la scelta di Benedetto XVI definendola "destabilizzante e pericolosa". «In futuro», ha spiegato, «ci potrebbero essere persone che essendo in disaccordo con un futuro Papa potrebbero montare una campagna contro di lui per indurlo alle dimissioni». Il rischio c’è? 

«Su questo ha ragione Pell. È chiaro che la rinuncia, che è prevista dal diritto canonico, pone un problema inedito per la Chiesa in futuro. D'ora in poi l'obbedienza e il rispetto al romano pontefice diventano una questione delicata. Ci potranno pure essere campagne di stampa per screditare un pontefice ma in quel caso il Papa eserciterà tutto il discernimento necessario e dovrà essere sostenuto di più dai cattolici».

In che modo?


«Dipende da lui, nel senso che dovrà attuare quello che gli ultimi papi non hanno mai fatto: la collegialità episcopale sancita dal Concilio Vaticano II. Quanto più il prossimo Papa saprà essere non un monarca ma il motore della comunione ecclesiastica, tanto più, come dicono gli Atti degli apostoli, salirà da tutta la Chiesa la preghiera per Pietro. Nelle chiese cristiane si dice che per le cose facili c'è l'autorità mentre per quelle difficili c'è la collegialità. Lo dimostrano le Congregazioni dei cardinali di questi giorni in vista del Conclave dove si discute serenamente del pastore, certo, ma anche e soprattutto del gregge che egli dovrà guidare».

Secondo indiscrezioni, alcuni cardinali vorrebbero proporre al prossimo Papa di inserire nel suo discorso inaugurale una sorta di "clausola" in cui sostanzialmente dica che un pontefice resta in carica per sempre, fino alla morte.


«Mi sembra ridicolo, è una bufala totale. Anzitutto perché è contro il diritto canonico. Nessun cardinale può mettere condizioni al Papa: "Io ti voto se...". La libertà di chi viene eletto è incoercibile. Magari possono auspicarlo ma non possono porre veti. Onestamente non credo che ci siano cardinali così poco preparati che non sanno questo».

Che Papa è stato Joseph Ratzinger?


«Un po’ debole nel governo della macchina curiale, in perfetta continuità con il suo predecessore, peraltro. Entrambi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, non hanno considerato quest’aspetto una priorità del loro ministero. Da questo punto di vista sono stati due papi anti montiniani. Erano convinti che la saldezza della fede e, quindi, il futuro stesso della Chiesa e del cattolicesimo si giocano sulla scena pubblica e nella dimensione politica. Pensiamo solo all’insistenza di Ratzinger sui principi non negoziabili. È nell’ambito pubblico che la Chiesa si gioca tutta la sua autorevolezza e in questo mettersi in gioco non si poteva prescindere dalla persona del Papa. Questa però è un’impostazione che vale solo in Europa. Fuori dai suoi confini non vuol dire nulla».

Che Papa uscirà dal prossimo Conclave?
 

«L’alternativa è tra un Papa “sceriffo” che si occupi degli scandali e prosegua l’opera di purificazione intrapresa da Ratzinger e un Papa pastore. Fare la riforma della curia, occuparsi della burocrazia in fondo sono cose facili da fare. Il mio auspicio, in ogni caso, è che si parli di più del gregge, delle sue aspettative e dei suoi problemi». 

Antonio Sanfrancesco

 

 

7. Lucetta Scaraffia:«Ora serve un pastore energico»

 

 

«Con la sua rinuncia Benedetto XVI ha offerto una prova di umiltà perché ha dimostrato alla Chiesa e al mondo grande capacità di distacco dal potere quando non si è più in grado di andare avanti». È l’opinione di Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, editorialista dell’Osservatore Romano e collaboratrice di diverse testate.

Le dimissioni di Ratzinger dunque non hanno indebolito il ruolo del pontefice?
«Credo proprio di no. Forse hanno desacralizzato, se così si può dire, la persona fisica del Papa ma hanno rafforzato il papato perché lo hanno reso un ruolo meno di potere e più di servizio. Le due cose, ruolo e persona, non vanno insieme. Dall’Ottocento in poi si è tenuto a sacralizzare sia la carica che la persona del pontefice che la ricopriva in quel momento ma sono due cose distinte».

«Dalla croce non si scende», ha detto il cardinale di Cracovia Dziwisz rilanciando, specularmente alla decisione di  Benedetto XVI, la “resistenza” di Giovanni Paolo II che restò fino alla morte...

«Il rischio che Ratzinger ha voluto evitare con le sue dimissioni è che ci sia un Papa che sopravvive a se stesso e lascia la Chiesa, di fatto, senza governo. Oggi la durata della vita media si è allungata molto, molti papi vengono eletti in età avanzata. Benedetto XVI avrà pensato che fosse più grave e pericoloso per la Chiesa avere un Papa non più in grado di esercitare il suo ministero che esporla allo shock delle sue dimissioni. Non dimentichiamo che Ratzinger ha assistito al lungo declino di Giovanni Paolo II il quale, con grande coraggio, ha mostrato al mondo la sua sofferenza ma al contempo ha lasciato la Chiesa ingovernata».

E se in futuro qualcuno “obbligasse”, attraverso intimidazioni o campagne di stampa, il Papa a dimettersi perché poco gradito?

«È un rischio che esiste e si può correre. L’alternativa è avere pontefici anche molto anziani che non riescono più a reggere il timone e fare fronte alla gravità degli impegni richiesti dal ministero petrino».

È possibile secondo lei che al futuro Papa venga chiesto da parte dei cardinali di “impegnarsi” pubblicamente a restare fino alla morte?


«Nessuno può fare una cosa del genere. Sarebbe come sconfessare in maniera clamorosa l’operato di Benedetto XVI e questo nella storia della Chiesa non è mai successo e mi auguro non accada neanche adesso».

Che Papa dovrà uscire dal conclave per guidare la Chiesa in questo delicato momento storico?


«Mi aspetto un energico pastore. La linea teologica e intellettuale l’ha indicata con grande chiarezza Benedetto XVI e il suo successore dovrà necessariamente continuare su questa linea. C’è bisogno di un Papa che porti a termine la pulizia della Chiesa, restituisca credibilità alle gerarchie e sia soprattutto un pastore capace di scaldare il cuore dei fedeli».

Antonio Sanfrancesco

 

© Famiglia Cristiana, 8 marzo 2013

Foto: Ansa, Reuters

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