«È tempo della condivisione»: l'ingresso del nuovo arcivescovo Satriano
«Oggi tutto rifulge e si apre all’inedito di Dio, che si esprime nell’arrivo di un piccolo uomo, chiamato ad essere vostro pastore, forte solo del desiderio di onorare l’impegno affidatogli nella totale consapevolezza di fede che il suo aiuto è nel nome del Signore».
Sono le parole - pronunciate all’inizio dell’omelia all’insegna della semplicità e dell’umiltà - con cui si è presentato ieri nella Cattedrale di Bari il nuovo arcivescovo di Bari-Bitonto, Giuseppe Satriano, nel corso della celebrazione eucaristica di inizio del ministero episcopale. La stessa semplicità si ritrova nel gesto vissuto al termine della celebrazione: la consegna di un’immagine del Crocifisso e di «un semplice pezzo di pane», ha spiegato Satriano, da portare «nella vostra casa»; «beneditelo con una preghiera, condividetelo e donatelo», ha spiegato. Questo segno «lo vivremo, di volta in volta, in tutte le comunità quando verrò a visitarvi», è la promessa dell’arcivescovo, che prima di arrivare a Bari ha guidato per sei anni la diocesi calabrese di Rossano-Cariati.
Nella Parola proclamata ieri, nel giorno della memoria della conversione di san Paolo, «c’è un sogno di Chiesa», dice il pastore alla sua nuova comunità, evidenziando «tre passaggi che avverto significativi per il cammino che ci attende». Il primo è l’incontro con Gesù: «Andare, proclamare il Vangelo e battezzare sono i tre verbi che rendono possibile l’incontro con il Risorto», ha ricordato Satriano, partendo dal Vangelo di Marco appena proclamato. «Il mondo – ha proseguito – è l’orizzonte da solcare, sapendo uscire da quella dimensione rassicurante del vivere e accettando la logica precaria della strada, del cammino».
Il secondo passaggio è la conversione a una vita nuova. La conversione di san Paolo non è «un atto eroico, uno sforzo della volontà», ma «l’incontro con l’amore di Dio che lo libera da sé stesso, dalle sue strutture teologiche, ricche di certezze, ma povere di bene».
Il terzo ed ultimo passaggio è «divenire artigiani di comunione e costruttori di unità». Mentre Paolo è a terra, ha spiegato, «Gesù si rivela a lui con chiarezza»; dalle parole «Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti», emerge «la profonda identificazione di Gesù con la sua comunità». È proprio a questa «comunità di credenti che Paolo viene rimandato dal Risorto». La fede si manifesta allora «non solo come dono scaturito dall’incontro con il Risorto, ma anche come esperienza comunitaria, nella quale l’alterità diviene elemento imprescindibile per la maturazione del proprio cammino». Gli atteggiamenti e lo stile di vita con cui si diviene artigiani di comunione e costruttori di unità sono «umiltà, dolcezza, magnanimità, capacità di sopportare con amore gli uni i pesi degli altri», ha rimarcato. Satriano ha concluso l’omelia chiedendo «il dono della preghiera».
Al termine della celebrazione l’arcivescovo ha ringraziato papa Francesco, a cui ha rivolto un «affettuoso e orante ricordo per il suo servizio di pastore e guida della Chiesa universale». Ha quindi ringraziato, tra gli altri, i confratelli vescovi presenti e coloro che non hanno potuto partecipare a causa delle restrizioni dovute alla pandemia. Infine, ha espresso gratitudine al suo predecessore Francesco Cacucci, dipinto come «sapiente tessitore di un cammino pastorale che nella mistagogia ha trovato la sua chiave interpretativa» e protagonista di «passaggi significativi nel cammino del dialogo ecumenico».