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Giornata di preghiera per le vocazioni. Signore, cosa vuoi che io faccia?

“Signore, nella tua paterna bontà ispira al tuo popolo pensieri e propositi, perché veda ciò che deve fare e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto” (dalla Liturgia)

poster-2012.jpgNella nostra vita, specie in momenti di scelte impegnative, si fa presente il conflitto, l’inquietante interrogativo: è volontà di Dio o mia?

La risposta non è facile: esige riflessione, comporta confronti, necessita di dialogo e di ricerca costante, nonché di amore alla verità e di continuo riferimento alla parola di Dio.

La pedagogia divina, per educarci a capire il suo valore, ha insegnato la strada del dialogo e della comunicazione, in un clima di confronto della nostra libertà con quella di Dio. Questa però si manifesta in segni (parole, persone, avvenimenti individuali e sociali) non sempre facili da decifrare. A volte perciò subentra lo scoraggiamento che può indurci a pensare che il miglior progetto di vita è “non avere progetti”:  quanto meno te l’aspetti, le cose cambiano in meglio o in peggio, come dimostrano esperienze nostre e di Santi e di personaggi biblici; qualcuno ha scritto che i migliori anni devono ancora venire.

L’incontro con Dio, che è dialogo e preghiera, può facilitare le nostre scelte, senza trascurare gli altri mezzi suggeriti dalla pedagogia, quali l’ascolto di se stessi e degli altri e l’attenzione alla realtà, convinti che tutti – come i frammenti di verità per la verità tutta intera, le singole note per una musica corale, i mattoni per la costruzione di una casa – possiamo così essere aiutati a conoscere la volontà di Dio, con il desiderio di attuarla.

Mi si potrà dire: ma non dovevi scrivere sulle vocazioni sacerdotali e religiose, come suggeriscono la Giornata mondiale indetta per la prima volta da Paolo VI nel 1964, il Vangelo del Buon Pastore presente nella liturgia della suddetta Giornata, l’incontro del Seminario di Bari con il Papa il 25 aprile di quest’anno, la lettera del nostro Arcivescovo  “Cerca e troverai”  indirizzata alla nostra Chiesa nel quarto Centenario del Seminario diocesano sorto il 18 gennaio 1612?

Non dimentico tutto questo. Ma la realtà delle vocazioni delle persone consacrate è parte delle preoccupazioni di ogni comunità cristiana, delle responsabilità di ognuno di noi, della nostra esperienza di vita: quale sarebbe la vita dei cristiani in assenza di ministri ordinati?  Non siamo anche noi responsabili della vita del prossimo, comprese anche le “persone consacrate”?

Il nostro Arcivescovo, all’inizio della suddetta lettera, scrive: “Per vivere l’anniversario (dei quattrocento anni del Seminario) nell’assemblea dello scorso settembre ho avviato con voi una comune riflessione per interpretare più in profondità, nella nostra Chiesa locale, l’impegno educativo vocazionale…In questa lettera vorrei continuare, precisandola, la riflessione avviata”. Aggiunge che ci accompagneranno le icone del viaggio dei Magi e di Zaccheo.

I Magi e Zaccheo non sono persone consacrate. E’ da tutti noi che deve salire a Dio la preghiera perché nelle nostre comunità ci sia chi ascolti la chiamata del Signore a servire la Chiesa nel ministero ordinato: è in questo clima che la comunità cristiana genera anche  i suoi pastori.  E’ Gesù stesso che a tutti noi chiede di pregare perché non manchino operai nella sua vigna. Ugualmente, davanti  “ai campi che già biondeggiano per la mietitura”, Gesù invita noi a ripetere con il profeta Isaia: “Ecco, Signore, manda me!”.  Né possiamo dire come Caino: “Sono forse io il custode di mio fratello?”.

Sarebbe triste dimenticare l’impegno educativo vocazionale da parte delle persone consacrate e nostro; suonerebbero come rimprovero alcune parole della canzone di Lennon: “La vita si svolge sotto i nostri occhi, ma spesso siamo occupati a guardare altrove”.

 

sac. Giacinto Ardito

Direttore Ufficio Chiesa e Mondo della Cultura

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