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Il mio dono di missionario della Misericordia

Oggi l'incontro tra papa Francesco e i sacerdoti istituiti in occasione del Giubileo dello scorso anno. La testimonianza di uno di loro: don Roberto Ponti, sacerdote della Congregazione San Paolo nella metropoli di Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo. "Ho sempre considerato la mia attività come un privilegio, e vi spiego perchè"

Un’affermazione aiuta a capire il contesto dei missionari della Misericordia, che oggi verranno ricevuti da papa Francesco. Ovunque c’è bisogno di Misericordia, a tutte le latitudini l’umanità è ferita nella sua dimensione più profonda a causa dei mali che attanagliano la vita quotidiana, primo fra tutti la mancanza di una comprensione profonda dell’annuncio della salvezza. Il contesto della Repubblica Democratica del Congo sembrerebbe dire il contrario. Ovunque, soprattutto a Kinshasa, il pullulare di luoghi dove si proclama la Bibbia, ad alta, altissima voce. E in ogni ora del giorno, ed anche della notte, i predicatori intervengono assicurando cambiamenti inaspettati che risolverebbero tutte le incombenze quotidiane, soprattutto quelle che permetterebbero di immaginare un futuro migliore (un problema finanziario, un viaggio, il matrimonio tanto atteso..., una malattia...). 

Più difficile il cammino quotidiano e un Vangelo che si incarna nelle piccole e grandi decisioni personali, nel rispetto reciproco, nell’aiuto a chi è più debole, nella condivisione. Il missionario della Misericordia a Kinshasa si inserisce in questo contesto, appesantito anche dalla situazione sociopolitica in cui la chiesa cattolica è giustamente coinvolta ma che nelle ultime settimana si è un po’ acquietata. Siamo due sacerdoti con questo specifico incarico nella grande arcidiocesi della capitale congolese. L’abbé Hubert Katawa è parroco decano di una storica parrocchia del centro città. Il suo zelo pastorale ha fatto diventare Sant’Anna un vero centro della Misericordia. Soprattutto il venerdì, la cappella appositamente costruita nell’Anno Santo della Misericordia diventa un punto di riferimento per chi vuol essere accolto, ascoltato e per vivere il sacramento della riconciliazione. Ma la sua azione non si ferma all’annuncio e all’accoglienza. Con i suoi parrocchiani ha dati vita a un’associazione “Telema” (Alzati) che assicura l’assistenza sanitaria a chi non ha nulla come una specie di servizio mutualistico. 

Personalmente ho sempre inteso il mio servizio di missionario della Misericordia in chiave “paolina” secondo il carisma della comunicazione proprio alla Società San Paolo. Come religioso ho aperto la porta soprattutto a confratelli e consorelle che hanno bisogno di ascolto e di consiglio. Ma le voci corrono e talvolta - sorprese dello Spirito - ho ricevuto richieste, anche attraverso le reti sociali, di giovani assetati di Misericordia. Inserirsi nella vita adulta quando non si hanno appoggi neanche in famiglia per la situazione di povertà, quando la corruzione è dilagante anche in ambito accademico, quando occorre inventarsi come trovare il cibo quotidiano e un letto dove dormire, e pertanto i modelli di vita proposti chiedono tanti soldi... facile cadere in giri sbagliati, nel peccato, nella solitudine, nella prostrazione.  Spiritualmente bello allora vedere giovani che riprendono un cammino interrotto e si lasciano cadere in ginocchio per chiedere perdono al Signore della Vita. 

La religiosità e la fede, caratteristiche presenti fortemente in Congo, hanno grande bisogno dell’annuncio della Misericordia per consolidarsi evangelicamente. È un dono prezioso potere essere missionario di questo Vangelo. 

© www.famigliacristiana.it, domenica 8 aprile 2018

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