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In ricordo di don Vito Diana

Sarebbe contento Don Vito Diana (1931-1996) del nuovo dormitorio Caritas per i Senza Fissa Dimora, che porta già il suo nome, inaugurato il 18 novembre 2017 in via Francesco Curzio (Libertà). Il primo, ubicato al Sottopasso Luigi di Savoia, aveva una struttura prefabbricata; il seguente è in un posto più solido, nei locali di una palazzina, concessi in comodato d'uso, dalle Suore del "Sacro Costato"

Sarebbe molto lieto perché non si tratta solo di un posto per dormire, ma ha lo scopo di favorire l'integrazione con attività culturale e vi saranno corsi d'italiano.  Don Vito Diana, mio zio, era un prete come ne ho incontrati pochi, sembrava venir fuori dal libro di George Bernanos "Diario di un Curato di campagna". Semplice, umile, disponibile, mai vista una fede più profonda, entusiastica, senza dubbi e cedimenti, ma il Curato di Bernanos viveva in un remoto villaggio francese, e, pur toccato da vicende umane dolorose, operava in una dimensione ridotta. Don Vito Diana era un vulcano, aveva la passione irrequieta di una fede dinamica, veloce, creativa e, a un certo punto, esagerando con le iniziative, era stato criticato dai suoi superiori, che non riuscivano a stargli dietro. Non c'erano sufficienti mezzi e, sopratutto con il suo eccessivo “Fare”, privilegiava il sociale a scapito dell'evangelizzazione. 

Leggendo il libro del Prof.Vito Lacirignola sulla sua vita "Povero con i Poveri", si resta impressionati dalla moltitudine dei lavori: diverse esperienze parrocchiali e vicariali (S.S. Sacramento, San Girolamo-Fesca, Japigia), Delegato Arcivescovile al Cimitero, Direttore della Caritas Diocesana, Comunità Lorusso-Cipparoli per ex tossicodipendenti, Comunità  Casa-Famiglia San Pietro, promozione del Volontariato, insegnamento di Religione per 20 anni .E queste sono solo i nomi delle attività più significative. 

IMG_9933.JPGNato da famiglia nobile e benestante, consegue il Diploma di Aspirante Naviglio Mercantile, e lo sconcerto, quando disse che voleva entrare in Seminario, lo rammento. C'era un'azienda da mandare avanti che venne chiusa.

La prima cosa che fece da Sacerdote fu di vendersi la proprietà e finanziare la costruzione della Chiesa. "Finalmente non sono più proprietario". Voleva essere povero tra i poveri e verrà mandato per il suo ministero in posti di frontiera, i più spogli, disagiati, con gioventù allo sbando. Fu un prete all'avanguardia: arrivando nei quartieri non si limitava a celebrare messa, omelia, confessioni, matrimoni, funerali, ma chiamava le famiglie, s'interessava delle frequentazioni scolastiche, dei centri sociali e sportivi, combatteva l'emarginazione femminile. Era importante l'aggregazione, scardinare la solitudine delle anime. Trovava odio tra le famiglie ed era difficile mediare, unire. Era un moto perpetuo tanto che, durante il terremoto di Calabritto 1980 (Av), per soccorrere i terremotati tale fu l'impegno, la tenacia, la capacità organizzativa che fece dire all'Arcivescovo Mariano Magrassi (1930-2004): "Se il terremoto non ci fosse avremmo dovuto inventarlo per lui".

"Zio Vitino", fratello piccolo di mia madre (Raffaella Diana), ogni tanto veniva a pranzo a casa nostra, e da molto giovane, fresco di sacerdozio, si mise in testa di convertire mio padre (Ateo, cacciatore, commerciante, capitalista convinto) e i duetti che saltellavano tra il primo e secondo piatto erano esilaranti. Si parlavano addosso, uno citava "Sant'Agostino, il Vangelo, il valore della Preghiera"; l'altro tirava in ballo "i sacrifici fatti, i risultati, le case comprate per i figli e in ultimo le tasse". Durò poco l'afflato mistico, capì che era inutile. I pranzi ritornarono silenziosi. 

Da nipote, un rimbrotto c'è. Per seguire meglio il percorso degli ex tossicodipendenti, si trasferì in Comunità, lasciando sola la sorella nubile Porzia, che per l'intiera vita l'aveva seguito, condividendo povertà, malattie, alterne vicende, traslochi. Era una donna non più giovane che aveva avuto il Grande Amore morto in guerra e di quella storia le erano rimasti le foto e le lettere profumate di lavanda. Nella sua nuova esistenza, la vedevo sempre più mite, dolcissima, silenziosa. Non si lamentò   mai e mi toccava il cuore perché capivo che tutta la sua vita, tutte le attenzioni materne erano state per quel fratello che se n'era andato.

Lilli Maria Trizio