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La preghiera dei piccoli unisce il mondo
 . Un milione di Rosari per chiedere pace

Oggi si rinnova l’iniziativa lanciata da Acs (Aiuto alla Chiesa che soffre). Di fronte a piaghe della guerra in Ucraina, le crisi del Myanmar e del Sahel i bambini attraverso Maria, si rivolgono a Dio

Il senso della proposta è spiegato dall’immagine che la presenta. Due mani adulte che sostengono il mondo insieme a un girotondo di bambini uniti da una corona di Rosario. A sottolineare che la preghiera crea comunione e avvolge nell’amore del Padre anche le situazioni apparentemente insolubili Come i conflitti oggi più che mai segnati dalla violenza gratuita, la povertà accresciuta da pandemia e siccità, le angherie contro i più deboli.

Ogni anno, Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) promuove per il 18 ottobre, quindi oggi, l’iniziativa “Un milione di bambini pregano il Rosario”. Dal Nord al Sud i più piccoli si rivolgono nella preghiera alla Madre, sicuri che intercederà presso Dio nel modo più persuasivo possibile. Le origini della Giornata risalgono al 2005, quando un gruppo di bambini fu visto pregare il Rosario in un santuario della capitale venezuelana, Caracas, richiamando nella memoria degli adulti le parole di padre Pio da Pietrelcina: «Quando un milione di bambini pregherà il Rosario, il mondo cambierà». Da allora, la campagna si è diffusa rapidamente diventando un fenomeno davvero planetario.

Che non significa però riuscire a risolvere con un tocco di bacchetta magica i problemi sul tappeto del mondo. Al contrario, servono tenacia e umiltà, sapienza e perseveranza. «Se consideriamo i numerosi crimini e le guerre, le persecuzioni, le malattie e le paure che attanagliano il mondo – spiega il cardinale Mauro Piacenza presidente di Acs internazionale – , può sorgere in noi la domanda: “Dio ha veramente tutto ‘in mano’?” Sì, ma noi dobbiamo afferrare le sue mani tese e aggrapparci ad esse».Il senso della preghiera in fondo sta proprio lì, nel preparare il terreno all’azione del Padre, nell’aprire il cuore al suo intervento. Si tratti di porre le basi a un diverso modello di sviluppo economico o più semplicemente di impegnarsi in un progetto di riconciliazione tra comunità in armi l’una contro l’altra.

Ci uniamo ai bambini – ha detto domenica il Papa all’Angelus – «e affidiamo all’intercessione della Madonna il martoriato popolo ucraino e le altre popolazioni che soffrono per la guerra e ogni forma di violenza e di miseria». Il conflitto che sta insanguinando l’Europa avrà in proposito una ruolo di primo piano nella giornata odierna. La Chiesa greco cattolica ucraina ha infatti tradotto i testi della campagna in lingua locale organizzando in tutto il Paese, corsi per la recita del Rosario. In Argentina invece i bambini si sono preparati con una novena. Quanto all’Africa, i vescovi del Malawi hanno distribuito materiale a livello nazionale, in Kenya sono state coinvolte 45 scuole, così come in Nigeria con una sessantina di comunità protagoniste tra Istituti di formazione e chiese.A ogni latitudine, dunque sono i più piccoli, almeno per un giorno a dettare la linea. Ed è particolarmente commovente sapere che ci sono bambini in Iraq, Siria, Bielorussia o Myanmar che pregano insieme a coloro che si radunano a Fatima, in Portogallo, in Canada o negli Stati Uniti. «Ci fa sperare – spiega padre Martin M. Barta, assistente ecclesiastico internazionale di Acs– che l’amore che viene dalla fede possa trionfare sulla violenza».

Perché il futuro del mondo nuovo, così come della Chiesa, si costruisce dal basso, dai semi di futuro che stringono nelle nani i ragazzi alla ricerca di terreno fertile per farli crescere e fruttare. Pregare allora aiuta a trovare i germogli giusti, insegna a dosare acqua e concimi, prepara il terreno ad eventuali innesti. Soprattutto allena il cuore al perdono del fratello che ha sbagliato. Il modello è la parabola evangelica del figliol prodigo e del Padre misericordioso che nel materiale di preparazione all’appuntamento odierno è presentata in forma di fumetto. Perché ogni uomo, spiegano gli organizzatori, ha bisogno dell’abbraccio indulgente del Padre Celeste. Nessuno è escluso dal suo amore! Ma a ciascuno Egli chiede, come al figlio maggiore alla fine del racconto di essere pronto a perdonare. Un cammino, quello della misericordia, necessario soprattutto dove sembra costituire materia rarissima. Come in Ucraina, certo ma anche in Nigeria, Myanmar o Pakistan, senza dimenticare il Medio Oriente e le regioni africane del Sahel, alle prese con perenni carestie. Per finire in tutte le infinite periferie del pianeta, magari dislocate in luoghi altrimenti di benessere, dove l’indifferenza crea ghetti di abbandono e solitudine.

Documenti vivi di come la pace nasca dai piccoli gesti, dalle relazioni cuore a cuore, da un abbraccio gratuito e magari inatteso. «Dio – ha scritto il cardinale Piacenza – ci tende le sue mani avendo mandato nel mondo, attraverso e in Maria, suo Figlio e il suo Spirito Santo per donare tutto il suo amore e sottrarci al potere del male»Sono le stesse mani che sostengono il mondo e intorno al qua le la catena di preghiera dei bambini crea un girotondo in cui però alla fine non casca nessuno. Tutti in piedi, uno accanto all’altro a rafforzare il grido di unità e pace. Per un mondo senza più confini.

Riccardo Maccioni

© Avvenire, martedì 18 ottobre 2022

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