Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

Mamme, postare le foto dei figli può essere un pericolo

Mentre dalla Francia arriva la notizia che i genitori che postano immagini dei figli su Facebook rischiano sino a un anno di carcere, aumenta il numero di mamme e papà che inondano le bacheche personali di foto dei pargoli. Ma mettere in mostra i minori sul web può avere effetti collaterali indesiderati: le immagini possono essere utilizzate da persone poco raccomandabili. Anche dai pedofili

Da parecchi giorni è comparsa su tutti i social “La sfida delle mamme”. Sulla pagina Facebook "Una vita da social" della Polizia postale, gli esperti di sicurezza informatica scrivono così: «Da alcuni giorni circola questo messaggio tra le mamme, diffuso con il sistema delle Catene di Sant'Antonio: "Sfida delle mamme. Sono stata nominata da @@@@@@ per postare 3 foto che mi rendano felice di essere mamma. Scelgo alcune donne che ritengo siano grandi madri. Se sei una madre che ho scelto copia questo testo inserisci le tue foto e scegli le grandi madri". La Polizia Postale, a commento scrive così: «Mamme.Tornate in voi. Se i vostri figli sono la cosa più cara al mondo, non divulgate le loro foto in Internet. O quantomeno, abbiate un minimo di rispetto per il loro diritto di scegliere, quando saranno maggiorenni, quale parte della propria vita privata condividere. Se questo non vi basta, considerate che oltre la metà delle foto contenute nei siti pedopornografici provengono dalle foto condivise da voi».

Io vorrei ampliare la riflessione andando oltre le raccomandazioni proposte dalla Polizia Postale e chiedervi: perché così tanti – tra noi genitori – sentono il bisogno di documentare online con molte foto la crescita dei propri bambini? A che cosa ci serve? E soprattutto: a chi serve? Di certo non ai bambini. Questo essere messi costantemente in vetrina racconta a volte un bisogno di noi adulti di ottenere dall’esterno la conferma che stiamo facendo bene il nostro mestiere di mamma e papà. Così stiamo attenti a quanti “like” ci vengono assegnati, a chi ce li assegna, a quali foto vengono maggiormente condivise. Come se questi indicatori ci rassicurassero su aspetti del nostro essere madre e padre all’interno di un’arena virtuale dove in realtà i click si sprecano per tutto. E proprio perché i click sono azioni agite di impulso (spesso nello spazio di un millisecondo) non dovrebbero essere elementi per noi così fondamentali. A una mamma che mi aveva inviato una lettera per la mia rubrica su Famiglia Cristiana dichiarandosi molto appassionata di fotografia e che quindi postava molte foto del suo bambino anche su Facebook (e che mi aveva contattato proprio perché era stata assalita dal dubbio se quello che stava facendo fosse adeguato) avevo risposto così: “In una relazione sana con il proprio bambino, le immagini che lo riguardano dovrebbero essere prima di tutto dentro noi stessi, nel nostro cuore e nella nostra mente. Poi, vanno bene anche su un album fotografico di famiglia, da guardare e sfogliare negli anni futuri per rivivere i momenti più emozionanti della nostra vita. Oggi invece molti hanno un bisogno quasi pulsionale di mettere subito tutto fuori di sé, in una vetrina che potenzia la spinta narcisistica con cui spesso ci si avvicina al ruolo di genitori, alla ricerca costante di affermazione del nostro valore e adeguatezza. Noi genitori non dovremmo mettere in mostra i nostri figli, ma aiutarli a crescere liberi di diventare se stessi, alla ricerca e alla scoperta dei loro talenti.

Tra l’altro, mettere in mostra i minori nel mondo del web, potrebbe avere effetti collaterali indesiderati. Le loro immagini potrebbero infatti essere “intercettate ed utilizzate” in altri contesti per scopi poco condivisibili. Non va dimenticato che non è più possibile avere il controllo di un’immagine, una volta che viene pubblicata nella rete. E inoltre: cosa diranno i nostri figli tra 10 anni quando scopriranno che di loro abbiamo reso pubblico tutto? Il primo ruttino, il primo sorso di latte andato di traverso, i primi passi, il primo giorno di nido e di materna, il primo giorno senza pannolino e senza ciuccio. Davvero questi sono ricordi da pubblicare in un’arena sovra-affollata di immagini senza senso? Non sarebbe meglio coltivare i significati di questi momenti in una dimensione più intima e privata, per farli entrare dentro di noi?”.

Non dimentichiamo, inoltre, che quando i figli entreranno in preadolescenza, vivranno le loro prime esperienze nei “social”, dovranno prendere decisioni in relazione a cosa postare e a cosa non postare di sé, noi dovremo essere al loro fianco e sostenerli a fare le scelte giuste. Se da quando sono nati, siamo noi i primi promotori di una pubblicazione sregolata delle loro immagini, come faranno loro ad imparare, anche grazie a noi, una sana autoregolazione in questo senso?

Infine, un ultimo pensiero che vorrei condividere con voi è che come genitori non abbiamo bisogno di “sfidarci”. Se ci pensate bene, parlare di “sfida delle mamme”, significa automaticamente farci agire nella logica che, da qualche parte, qualcuno stilerà una classifica. Ci sarà un vincitore e tanti perdenti. Ci sarà qualcuno che è meglio di tutti gli altri. Ci sarà chi sale sul podio e chi ne resta giù. Ma davvero abbiamo bisogno di lanciarci sfide? Davvero dobbiamo usare i nostri figli per arrivare primi nella gara tra genitori? Io non mi sono mai posto il problema che come genitore devo essere migliore di un altro. Io spero e penso di poter essere un genitore sufficientemente buono, in alleanza con tutti gli altri adulti – genitori ed educatori – che vivono, si muovono e lavorano intorno ai miei figli e ai figli degli altri.

Alberto Pellai

© Famiglia Cristiana, 4 marzo 2016