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Messa in Coena Domini. Francesco tra i detenuti: «La lavanda dei piedi non è folclore»

L'Eucaristia celebrata dal Pontefice nel carcere di Paliano, in provincia di Frosinone. «Questo è amore, essere servi degli altri»

«Pensiamo soltanto all’amore di Dio oggi». Ai detenuti del carcere di Paliano il Papa ha lasciato questo invito al termine dell’omelia della Messa in Coena Domini, pronunciata lontano dalle telecamere. Un invito ad abbandonarsi e a consolarsi per un giorno fra le braccia amorevoli del Padre.

Gesù si fa «schiavo»

Arrivato poco dopo le 16 nella casa circondariale in provincia di Frosinone e diocesi di Palestrina, accolto dalla direttrice Nadia Cersosimo, dall’ispettore capo Vincenzo Verani e dal cappellano don Luigi Paoletti, Francesco ha salutato 58 detenuti – tutti collaboratori di giustizia – e separatamente altri otto malati di tubercolosi e due in regime di isolamento. «Quello di lavare i piedi era un’abitudine che si faceva all’epoca, prima dei pranzi e delle cene, perché non c’era l’asfalto, la gente veniva in cammino, con la polvere…» ha detto il Pontefice, e questa lavanda «la facevano gli schiavi». Gesù però «capovolge» la scena, spiegando a Pietro «che lui è venuto al mondo per servire, per servirci, per farsi schiavo per noi, per dare la vita per noi, per amare sino alla fine». «Oggi – ha continuato Bergoglio – quando arrivavo, c’era gente che salutava... “ah viene il Papa, il capo, il capo della Chiesa!”. Il capo della Chiesa è Gesù, non scherziamo. Il Papa è la figura di Gesù. Io vorrei fare lo stesso che lui ha fatto. In questa cerimonia il parroco lava i piedi ai fedeli: si capovolge, quello che sembra il più grande deve fare lavoro di schiavo». Qui Francesco ha voluto dare ai suoi interlocutori un’indicazione concreta: «Non vi dico di lavarvi i piedi oggi l’uno all’altro, sarebbe uno scherzo», ma «se potete fare un aiuto, un servizio al compagno qui in carcere, alla compagna, fatelo. Perché questo è amore, questo è come lavare i piedi, essere servo degli altri».

«Tutti noi siamo poveracci»

Il Papa ha concluso così la sua riflessione: «Una volta i discepoli litigavano fra loro su chi fosse il più grande, il più importante. E Gesù dice: quello che vuol essere più importante deve farsi il più piccolo e il servitore di tutti. E questo è quello che ha fatto lui, questo che fa Dio con noi. Ci serve, è il servitore. Tutti noi siamo poveracci, ma lui è grande, lui è buono, lui ci ama così come siamo. Per questo, in questa cerimonia pensiamo a Dio, a Gesù. Non è una cerimonia folclorica, è un gesto per ricordare quello che ha dato Gesù: dopo di questo ha preso il pane e ci ha dato il suo corpo, ha preso il vino e ci ha dato il suo sangue. E così è l’amore di Dio».

Il saluto a Benedetto XVI

Tra i dodici a cui Francesco ha poi lavato i piedi c’erano tre donne, due ergastolani, un musulmano e un ospite di nazionalità argentina, gli altri erano di nazionalità italiana. Alla Comunione sempre Francesco ha dato personalmente l’Eucaristia e tra i detenuti che l’hanno ricevuta c’era anche un giovane che ha fatto la sua prima Comunione, dopo aver fatto mercoledì la sua prima Confessione. Quindi, sempre nel pomeriggio si è recato al monastero “Mater Ecclesiae” in Vaticano, per porgere a Benedetto XVI gli auguri per la Pasqua e per il suo 90° compleanno, che cade appunto domenica.

Andrea Galli

© Avvenire, giovedì 13 aprile 2017