Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

Papa all’Ail: come Maria, avere il coraggio di rimanere in piedi con la sofferenza

Francesco riceve in udienza l’Associazione italiana contro le Leucemie-Linfomi e Mieloma e rivolge un pensiero speciale ai malati, assicurando che nel loro percorso “non sono soli”. Quindi ringrazia il “grandioso” volontariato italiano e ricorda l’esempio di una coppia che, dopo la perdita dei figli, ha fondato una sezione provinciale dell’Ail

La cura “non è della malattia, di un organo o di cellule”, ma “delle persone”. Così Papa Francesco incontrando in Aula Paolo VI l’Associazione italiana contro le Leucemie-Linfomi e Mieloma (Ail), nel 50° anniversario di fondazione.

La persona non si esaurisce nella corporeità

Ai circa 6 mila presenti, perlopiù volontari delle 81 sezioni provinciali italiane, pazienti e familiari, medici e ricercatori, il Pontefice sottolinea l’importanza delle persone “nella loro totalità di corpo e spirito”.

La persona nella sua spiritualità non si esaurisce nella corporeità; ma il fatto che lo spirito trascende il corpo fa sì che questo venga incluso in una vitalità e dignità più grande, che non è quella propria della biologia, ma quella propria della persona e dello spirito.

L’incoraggiamento della Chiesa

Nel vedere “sempre più determinante” il ruolo di medici, infermieri, biologi, tecnici di laboratorio anche in “campo spirituale”, Francesco saluta il presidente dell’Ail, il prof. Sergio Amadori, che aveva introdotto l’incontro, e rivolge il proprio pensiero ai malati presenti all’udienza e a quelli che non hanno potuto partecipare. Ricorda quindi i “grandi doni che il Signore ha fatto agli uomini”, tra cui la scienza, considerata come “mezzo potente per comprendere meglio” sia la natura che ci circonda sia la salute umana, come il Papa stesso aveva avuto modo di osservare lo scorso anno nel discorso alla Conferenza internazionale sulla medicina rigenerativa, promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura.

La Chiesa elogia e incoraggia ogni sforzo di ricerca e di applicazione volto alla cura delle persone sofferenti. Pertanto, sono lieto di esprimere il mio apprezzamento per quanto la vostra Associazione ha fatto in questi decenni. Mediante la sua preziosa attività, essa è diventata una presenza importante sul territorio nazionale, ponendosi al servizio degli ammalati e collaborando con i vari Centri specialistici.

L’impegno dell’Ail

Le principali linee di azione dell’Ail, prosegue il Papa, risultano essere “molto efficaci” quanto a ricerca scientifica, assistenza sanitaria e formazione del personale, ambiti in cui l’associazione assolve “i ruoli a cui è chiamato l’uomo stesso”. Con la ricerca scientifica, nota Francesco, gli operatori di tale realtà indagano “la dimensione biologica dell’uomo, per poterlo alleviare dalla malattia, con azioni volte alla prevenzione e con terapie sempre più efficaci”. Con l’assistenza sanitaria si fanno “prossimi ai sofferenti, per accompagnarli nel tempo della sofferenza, perché nessuno si senta mai solo o abbia la sensazione di essere ormai uno ‘scarto’ rispetto al contesto sociale”. Con la cura e formazione del personale si offre un’azione qualificata “per favorire una presa in carico globale della persona malata, affinché si realizzi quell’alleanza terapeutica necessaria al paziente e agli stessi operatori sanitari, chiamati a vivere ogni giorno coinvolti nell’esperienza della sofferenza”.

Volontariato, cooperativismo e oratori

Francesco pone in evidenza la “straordinaria testimonianza di un volontariato generoso”, di tanti uomini e donne che collaborano con l’Ail e “offrono il loro tempo per restare accanto ai malati”. E racconta di una delle cose che di più lo hanno toccato “sei anni fa”, al momento dell’elezione a successore di Pietro: il volontariato italiano.

È grandioso, è grandioso! Voi avete tre cose grandi, che implicano un’organizzazione tra voi: il volontariato – che è molto importante –, il cooperativismo, che è un’altra capacità che voi avete, di fare cooperative per andare avanti, e gli oratori nelle parrocchie!

L’esempio dei coniugi Bellato

Come Maria, rimasta ai piedi della Croce di Gesù, anche i volontari - mette in luce il Papa - “‘stanno’ presso il letto dei sofferenti e realizzano quell’accompagnamento che porta tanta consolazione”: è una presenza “di tenerezza e di conforto, che realizza quel comandamento all’amore reciproco e fraterno che ci ha consegnato Gesù”. Tale atteggiamento di “prossimità premurosa” è tanto più necessario, rimarca il Papa, nei confronti del “malato ematologico”, la cui situazione è “complessa” per la percezione stessa della malattia, nella sua “specificità”. Esorta dunque alla “vicinanza”, alla “prossimità”, sull’esempio della Vergine. E tra le “tante storie di croce” dei presenti, cita quella dei coniugi Bellato.

Hanno sofferto una doppia “mazzata” della vita con la morte dei loro figli Fabio e Sara. Hanno avuto il coraggio di rimanere in piedi con la sofferenza, come Maria ai piedi di quella Croce. E da quel dolore sono riusciti ad andare avanti pensando alla risurrezione di tanti bambini con la fondazione della sezione provinciale [dell’AIL]. Grazie tante a loro e a tanti che sono come loro.

Il Signore accanto ai malati

A volte, aggiunge, “la prolungata permanenza in reparti di isolamento risulta essere davvero pesante da sopportare”: la persona prova “sulla propria carne” l’impressione di sentirsi “separata dal mondo, dalle relazioni, dalla vita quotidiana”. E l’andamento della malattia e delle terapie la costringe, constata il Pontefice, ad “interrogarsi sul proprio futuro”.

A tutti i malati che vivono questa esperienza voglio assicurare che non sono soli: il Signore, che ha provato l’esperienza dura del dolore e della croce, è lì accanto a loro. La presenza di tante persone che condividono con essi questi momenti difficili è segno tangibile della presenza e della consolazione di Gesù e di sua madre, la Vergine Maria, Madre di tutti gli infermi.

Una comunità sanante

Il Pontefice pensa in particolare a quanti esprimono la “condivisione della Chiesa” alle persone che soffrono di tali patologie: i cappellani, i diaconi, i ministri straordinari della comunione: mediante la loro testimonianza “spirituale e fraterna” - assicura - è tutta la comunità dei credenti che “assiste e consola, diventando comunità sanante che rende concreto il desiderio di Gesù”, perché tutti siano una “sola” cosa, una sola “carne”, a partire dai “più deboli e vulnerabili”.

Cultura del dono e della cura

L’auspicio finale del Papa è che la storia, l’opera profusa in 50 anni di impegno, i risultati raggiunti “dalla ricerca e dal progresso scientifico” siano di stimolo per un “rinnovato slancio” volto a curare e migliorare la vita delle persone malate.

Il vostro encomiabile impegno possa sensibilizzare sempre di più ogni persona alla cultura del dono e della cura dell’altro, alimento essenziale per il vissuto di ogni comunità umana.

Giada Aquilino - Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, sabato 2 marzo 2019