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Papa Francesco: la pace è un fiore fragile che sboccia tra le pietre della violenza

Primo discorso del Pontefice a Maputo, incontrando le Autorità, il Corpo Diplomatico e i rappresentanti della società civile presso il Palacio da Ponta Vermelha, residenza ufficiale del Presidente della Repubblica. Al centro dei pensieri di Papa Francesco, il cammino di pace e riconciliazione del Mozambico, prima tappa del suo viaggio apostolico in Africa, che lo porterà anche in Madagascar e nelle isole Mauritius

“La ricerca della pace duratura” richiede un lavoro “costante e senza sosta”, e “richiede che si continui ad affermare con determinazione ma senza fanatismo, con coraggio ma senza esaltazione, con tenacia ma in maniera intelligente: no alla violenza che distrugge, sì alla pace e alla riconciliazione”. Con queste parole Papa Francesco, al suo secondo giorno a Maputo, si rivolge alle Autorità, al Corpo Diplomatico e ai rappresentanti della società civile. Dopo la visita di cortesia al Presidente della Repubblica del Mozambico, Filipe Jacinto Nyusi, presso il Palacio da Ponta Vermelha, il Pontefice esprime vivo apprezzamento per “gli sforzi che, da decenni, si vanno compiendo affinché la pace torni ad essere la norma, e la riconciliazione la via migliore per affrontare le difficoltà e le sfide”. Un cammino che ad agosto ha registrato un nuovo significativo passo, con “l’accordo di cessazione definitiva delle ostilità militari tra fratelli mozambicani”, nel solco dell’Accordo Generale siglato a Roma nel 1992 tra il governo e i ribelli della Resistenza Nazionale Mozambicana, grazie anche alla mediazione della Comunità di Sant’Egidio.

Quante cose sono passate dalla firma dello storico trattato che ha sigillato la pace e ha dato i suoi primi germogli! Sono questi germogli che sostengono la speranza e danno fiducia per non lasciare che il modo di scrivere la storia sia la lotta fratricida, bensì la capacità di riconoscersi come fratelli, figli di una stessa terra, amministratori di un destino comune. Il coraggio della pace! Un coraggio di alta qualità: non quello della forza bruta e della violenza, ma quello che si attua nella ricerca instancabile del bene comune.

Soddisfazione, dunque, e incoraggiamento per un popolo che, pur conoscendo “la sofferenza, il lutto e l’afflizione”, non ha scelto “la vendetta o la repressione” come “criterio regolatore delle relazioni umane”, “né che l’odio e la violenza avessero l’ultima parola”.

Il fiore fragile della pace

“Speranza, pace e riconciliazione”: il motto del viaggio apostolico in Mozambico, prima tappa di un pellegrinaggio che lo condurrà anche in Madagascar e nelle isole Mauritius, offre a Papa Bergoglio, una volta in più, l’occasione di ribadire che “la pace non è solo assenza di guerra”, ma “l’impegno instancabile di riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, spesso dimenticata o ignorata, dei nostri fratelli, perché possano sentirsi protagonisti del destino della propria nazione”.

Non possiamo perdere di vista che, “senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione. Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità”.

Le armi della pace

E’ stata la pace a favorire in Mozambico lo sviluppo di diversi settori, soprattutto quello dell’istruzione e della salute, condizioni necessarie per far sì che “nessuno si senta abbandonato”, in particolare i giovani.

Essi sono non solo la speranza di questa terra, sono il presente che interpella, ricerca e ha bisogno di trovare strade dignitose che consentano loro di sviluppare tutti i loro talenti; sono un potenziale per seminare e far crescere la tanto desiderata amicizia sociale.

Papa Francesco ricorda che “favorire la cultura dell’incontro” vuol dire “riconoscere l’altro, stringere legami, gettare ponti”. Solo mantenendo “viva la memoria” è possibile percorrere la strada del futuro, impegnandosi affinché non ci siano “bambini e adolescenti senza istruzione, famiglie senza casa, lavoratori senza occupazione, contadini senza terra”. “Queste – insiste – sono le basi di un futuro di speranza, perché futuro di dignità! Queste sono le armi della pace”.

Pace e cura della casa comune

In Mozambico, Paese “benedetto per la sua bellezza naturale”, il Pontefice lancia un nuovo appello per la cura della casa comune, poiché “una cultura di pace implica uno sviluppo produttivo, sostenibile e inclusivo”.

La difesa della terra è anche la difesa della vita, che richiede speciale attenzione quando si constata una tendenza a saccheggiare e depredare, spinta da una bramosia di accumulare che, in genere, non è neppure coltivata da persone che abitano queste terre, né viene motivata dal bene comune del vostro popolo.

Vicinanza e solidarietà per le vittime dei cicloni

Papa Bergoglio non manca, infine, di abbracciare quanti hanno sofferto il passaggio violento dei cicloni Idai e Kenneth, “le cui devastanti conseguenze continuano a pesare su tante famiglie, specialmente nei luoghi in cui la ricostruzione non è stata ancora possibile e richiede una speciale attenzione”.

Purtroppo non potrò recarmi personalmente da voi, ma voglio che sappiate che condivido la vostra angoscia, il vostro dolore e anche l’impegno della comunità cattolica nell’affrontare una così dura situazione. In mezzo alla catastrofe e alla desolazione, chiedo alla Provvidenza che non manchi la sollecitudine di tutti gli attori civili e sociali che, ponendo la persona al centro, siano in grado di promuovere la necessaria ricostruzione.

Il saluto del Presidente del Mozambico

Il discorso di Papa Francesco è preceduto da quello, grato e riconoscente, del Presidente della Repubblica del Mozambico, Filipe Jacinto Nyusi. Quest’ultimo mette a fuoco “la lunga relazione tra i mozambicani e la Chiesa Cattolica”, così come la storia del Paese africano, segnata anche da “una guerra fratricida che falciò la vita di milioni” di persone, sradicando famiglie e “distruggendo il tessuto sociale ed economico” della nazione. “La Sua visita – rimarca, ricordando anche la visita di Giovanni Paolo II nel settembre del 1988 – trova un popolo cosciente delle sfide che affronta, ma pieno di fede e di speranza nel superare le avversità; un popolo unito nell’obiettivo di costruire in Pace una società in cui la dignità umana e la giustizia sociale siano sempre al primo posto. Una società autenticamente riconciliata”.

Barbara Castelli – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, giovedì 5 settembre 2019

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