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«Sacerdoti, ecco come stare vicino ai giovani»

​Imitare lo stile di Gesù, cioè "essere pastori in mezzo al popolo": questo l'invito rivolto da papa Francesco ai partecipanti al Convegno internazionale di Pastorale vocazionale

Imitare lo stile di Gesù, cioè "essere pastori in mezzo al popolo": questo l'invito rivolto questa mattina da papa Francesco ai partecipanti al Convegno internazionale di Pastorale vocazionale, in corso da mercoledì scorso in Vaticano, promosso dalla Congregazione per il Clero.

Ai circa 255 partecipanti, ricevuti stamani in sala Clementina, il Francesco ha chiesto di “essere pastori in mezzo al popolo”, capaci di ascolto e misericordia.

Bergoglio ha spiegato la pastorale vocazionale ricordando la chiamata di Matteo: Gesù esce e predicare, poi vede Levi, il pubblicano, seduto al banco delle imposte, quindi lo chiama. “Uscire, vedere, chiamare” sono i tre verbi che incarnano questo dinamismo. Il motto del suo Pontificato, Miserando atque eligendo, si riferisce proprio alla chiamata di Matteo e costituisce il tema dello stesso Convegno vocazionale.

E a che fare con la stessa vita del Papa: la chiamata del Signore venne non “a seguito di una conferenza”, ricorda, ma “per aver sperimentato l’amore misericordioso di Gesù".

"La pastorale vocazionale è imparare lo stile di Gesù, che passa nei luoghi della vita quotidiana, si ferma senza fretta e, guardando i fratelli con misericordia, li conduce all’incontro con Dio Padre”.

Prima di tutto dunque bisogna “uscire”. Serve una Chiesa in movimento, ricorda Francesco, che non resti chiusa “nel comodo criterio pastorale del ‘si è fatto sempre così’”. Bisogna invece essere “audaci e creativi”, uscire dalle rigidità e “dalle formule standardizzate che spesso risultano anacronistiche”: “Lo chiedo soprattutto ai pastori della Chiesa, ai vescovi e ai sacerdoti: voi siete i principali responsabili delle vocazioni cristiane e sacerdotali, e questo compito non si può relegare a un ufficio burocratico. Anche voi avete vissuto un incontro che ha cambiato la vostra vita, quando un altro prete – il parroco, il confessore, il direttore spirituale – vi ha fatto sperimentare la bellezza dell’amore di Dio”.

Il Papa esorta quindi i pastori a fare lo stesso: uscire, ascoltare i giovani, aiutarli a discernere. “E' triste - nota - quando un prete vive solo per se stesso, chiudendosi nella fortezza sicura della canonica”: “Al contrario, siamo chiamati a essere pastori in mezzo al popolo, capaci di animare una pastorale dell’incontro e di spendere tempo per accogliere e ascoltare tutti, specialmente i giovani”.

Il pastore deve avere lo stesso sguardo misericordioso di Gesù, senza fretta e con discernimento Il secondo asse portante per Francesco è “vedere”: senza farsi prendere dalla fretta o dall’”attivismo organizzato”, bisogna invece trovare il tempo per incontrare le persone. Il termine miserando infatti esprime proprio un abbracciare con gli occhi e col cuore. Così Gesù ha guardato Matteo: e questo pubblicano finalmente non ha percepito uno sguardo di disprezzo, ma d’amore: “Gesù ha sfidato i pregiudizi e le etichette della gente; ha creato uno spazio aperto, nel quale Matteo ha potuto rivedere la propria vita e iniziare un nuovo cammino”.

Un pastore deve quindi essere “attento, non frettoloso, capace di fermarsi e leggere in profondità”, senza far sentire l’altro giudicato. Deve avere uno sguardo “capace di suscitare stupore per il Vangelo”, “uno sguardo di discernimento, che accompagna le persone, senza né impossessarsi della loro coscienza, né pretendere di controllare la grazia di Dio”.

Soprattutto Francesco vuole che ci sia discernimento “senza leggerezze o superficialità”: “Lo dico in particolare ai fratelli vescovi: vigilanza e prudenza. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di sacerdoti maturi ed equilibrati, di pastori intrepidi e generosi, capaci di vicinanza, ascolto e misericordia”.

Il terzo punto è “chiamare”, il verbo tipico della vocazione cristiana: “Gesù non fa lunghi discorsi, non consegna un programma a cui aderire, non fa proselitismo, né offre risposte preconfezionate. Rivolgendosi a Matteo, si limita a dire: “Seguimi!”. In questo modo, suscita in lui il fascino di scoprire una nuova mèta, aprendo la sua vita verso un 'luogo' che va oltre il piccolo banco dove sta seduto”.

Il Papa esorta quindi a non ridurre la fede “a un libro di ricette o a un insieme di norme”, ma aiutare i giovani a “mettersi in cammino e a scoprire la gioia del Vangelo”. Francesco sa che non è un compito facile e che i risultati possono essere scarsi e produrre scoraggiamento, ma il Signore dona il coraggio di “gettare le reti anche quando siamo stanchi e delusi per non aver pescato nulla”, sottolinea.

Ai vescovi e ai sacerdoti Francesco chiede dunque di farsi prossimi, uscire a seminare la Parola con sguardi di misericordia. Chiede di esercitare il discernimento dando impulso alle vocazioni, attraverso l’evangelizzazione. E soprattutto a mostrare, dice, “la vostra testimonianza gioiosa” che è bello donare al Signore la vita per sempre.

© Avvenire, 21 ottobre 2016