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San Nicola, Pastore di popolo e di mare

di Mons. Giuseppe Satriano, Inserto Gazzetta del Mezzogiorno, 8 maggio 2024

Cosa si può dire, ancora, di San Nicola? Quando arrivano i giorni della Festa del Santo –tanto quella liturgica di dicembre, quanto quella della traslazione delle sue reliquie a maggio – tendiamo a ripetere cose che già conosciamo e a fare discorsi certamente belli, ma tutto sommato un po’ ridondanti. Certo, anche la ripetizione è uno strumento necessario per la trasmissione della fede e della cultura – soprattutto in una società come la nostra, che troppo spesso pecca di scarsa memoria – tuttavia oggi, in occasione del maggio barese 2024, più che impegnarmi per cercare cosa dire di San Nicola, vorrei provare ad ascoltare cosa San Nicola sta cercando di dire a noi tutti.

In merito al culto dei santi, la tradizione della nostra fede ci fa celebrare il dies natalis, il giorno della nascita al cielo (il vescovo Nicola di Myra morì il 6 dicembre 343). Nel caso di San Nicola, però, oltre alla festa decembrina, la comunità barese si raccoglie il 9 maggio, data dell’arrivo delle sue spoglie mortali sul litorale di San Giorgio. Non ricorre un anniversario di morte, ma un movimento, un viaggio, un approdo e un’accoglienza. Sembra che San Nicola desideri orientare il nostro sguardo proprio verso il mare.

Questo mare che conosciamo bene e il cui orizzonte continua a interrogarci. Questo mare che ogni mattina ci regala albe solenni e silenziose, che ci addita l’oriente come punto focale della nascita della luce e di ogni nostra rinascita. Si ha l’impressione che San Nicola, venuto dal mare, desideri condurci alla consapevolezza che guardare a oriente sia necessario anche per la nostra cultura troppo ammalata di “occidentalismo”.

Dobbiamo ammetterlo: l’Occidente non sta bene. Questa affermazione non vuol essere una sentenza senza ritorno, una condanna definitiva, ma l’onesta presa di coscienza di chiunque abbia il coraggio di sporgere lo sguardo un po’ al di là del suo ombelico. In una pubblicazione dall’eloquente titolo “Notte della cultura europea”, Giuseppe Maria Zanghì traccia con essenzialità e sagacia l’itinerario storico e culturale della parte di mondo nella quale siamo stati chiamati a vivere:

Quanto accade nell’Europa non può non toccarla, è un “negativo” che ha in essa alcune delle sue radici, e che essa sola allora può sanare, riconducendolo alla chiarezza: a condizione che sappia rispondere alla chiamata che Dio, oggi, le rivolge proprio in questa crisi che nasconde la speranza di un “nuovo” che vi matura dolorosamente, e grande quanto è grande la crisi”.

Ironia della sorte, l’Occidente sta realizzando se stesso: una civiltà del tramonto, un modello culturale, economico, sociale che ha condotto tutti dentro una profonda crisi, capace di creare vuoto e povere prospettive di futuro. Ci risvegli, allora, la voce dei giovani, che si alza, a volte anche disordinatamente, ed esige un ascolto vero, scevro da pregiudizi e ricco di compassione.

Fuor di metafora, cosa può voler significare “guardare a oriente”? Non si tratta tanto di una coordinata geografica o culturale, quanto di una nuova direzione del vivere. L’Oriente, per il Santo Vescovo Nicola, è sempre stato Cristo, il Figlio di Dio, Colui che viene a “visitarci dall’alto come un sole che sorge”. Il mondo, anche quando non lo sa, è di quella Luce e di quell’Amore che ha sete. “Guardate a Lui e sarete raggianti” (Sal 34,6) dice il salmista, e, senza paura, è il momento di mettere da parte le parole tiepide del quieto vivere per far risuonare la Buona Notizia di Gesù.

Di San Nicola non ci è stato tramandato neanche uno scritto, non ne conosciamo la voce, eppure di lui continuiamo a parlare e a lui continuiamo a rivolgerci, perché per mezzo di lui è l’Amore di Dio che ha parlato. Guardare a Oriente vuol dire lasciarci traslare lo sguardo, spostare l’attenzione dai fumi passeggeri del consenso, che gonfia ambizioni e orgoglio, alla carne delle donne e degli uomini “atterrati” dalla vita. Sono loro il luogo privilegiato dove Dio sceglie di abitare, veri santuari dell’umano, da incontrare con la stessa devozione che dedichiamo ai luoghi di culto del nostro amato Santo Patrono.

San Nicola, pastore profumato di popolo e di mare, uomo dai gesti semplici e diretti, rivolti alla vita concreta della gente – soprattutto della gente più esposta alle tempeste della vita – ci aiuti ad alzare lo sguardo, a ‘orientare’ la nostra vita, le nostre scelte, i nostri desideri alla verità dell’uomo più che all’opinabilità delle idee.

Giuseppe Satriano

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