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Bagnasco: «Non investire sui giovani è una calamità»

Il presidente della Cei è intervenuto a Roma: "La gente aspetta di vedere azzerati gli sprechi e diminuite le disuguaglianze".

"Per il nostro Paese lo scarso investimento sui giovani in termini di formazione scolastica e universitaria, oltre che di inserimento nel mondo lavorativo, assume il carattere di un'autentica calamità, che si trasforma in dramma esistenziale per molti e spinge altri a emigrare in cerca di un  inserimento lavorativo".

Lo ha detto il presidente della Cei, il card. Angelo Bagnasco intervenendo al XVII Congresso della Cisl. "Da parte loro, i giovani - ha aggiunto il porporato - dovranno mostrare spirito di sacrificio, adattabilità e intraprendenza, accettando di compiere lavori che non sempre corrispondono in pieno alle loro aspettative e sapendo essi stessi immaginare nuove modalità e forme di impiego".

"Esistono troppi sprechi che la gente, che tira per il giorno dopo, aspetta di vedere azzerati" e "lo spettacolo di eccessive e ingiustificabili disuguaglianze con gli apparati non induce alla speranza e non sprigiona energie virtuose". È un altro passaggi dell'intervento del cardinale. Parlando delle riforme necessarie per far uscire il Paese dalla crisi, ha aggiunto che "la riduzione del carico fiscale, pur se fondamentale per la ripresa economica, non può essere risolutiva se prescinde da un ripensamento radicale del ruolo del pubblico, sia nella dimensione centrale che in quella locale, in modo che si faccia carico del futuro delle persone e del Paese grazie a una nuova e ampia progettualità".

Un compito "arduo - ha poi sottolineato - che richiede di mettere da parte una certa sporadicità degli interventi, che impedisce il convergere delle forze, rendendole di fatto inefficaci e causando un enorme spreco di denaro e di energie. Si tratta di attenuare gli effetti di un'eccessiva burocratizzazione, che toglie forze al processo economico e gli impone una zavorra talora insopportabile".

© Avvenire, 13 giugno 2013

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