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Cimitero Mediterraneo

Trovati settanta cadaveri al largo di Tripoli. Ma mancano all'appello centinaia di migranti che hanno lasciato le coste nordaficane di cui non si sa più nulla.

lampe1_1374936.jpgUna settantina di cadaveri galleggianti.  Sono quasi certamente migranti morti durante una traversata verso le coste italiane. Li hanno recuperati davanti alle coste libiche, nei pressi di Tripoli. La notizia è stata confermata all'Ansa da padre Joseph Cassar, responsabile del servizio dei Gesuiti per i rifugiati a Malta. Padre Cassar l’ha appresa da alcuni profughi eritrei che si trovano ancora in Libia.  Le vittime potrebbero far parte del gruppo di 68 migranti, in gran parte somali ed eritrei, partito dalle coste libiche e di cui non si avevano più notizie dal 25 marzo scorso. Un altro barcone con a bordo 335 persone risulta disperso da due settimane.

Intanto a Lampedusa è arrivata la nave «Excelsior», della Grandi Navi Veloci, che dovrà caricare a bordo 1.600 migranti, la metà di quelli ancora presenti nell'isola. Un primo contingente di extracomunitari è partito in nottata da Lampedusa a bordo della nave militare San Marco, diretto a Santa Maria Capua Vetere. Intanto, in rada ci sono «La Superba» della flotta Grandi Navi Veloci, capace di trasportare oltre 2 mila persone e la «Catania», della compagnia Grimaldi che ne può imbarcare 800. Si dovrebbero così concludere in giornata le operazioni di svuotamento dell'isola promessa dal premier.Ma nel frattempo, calato il vento, sono ripresi anche gli sbarchi. Sono arrivati due nuovi barconi con 344 nuovi immigrati.  

Pretendere di svuotare Lampedusa è come pretendere di svuotare il mare con un secchio. Tutto questo dimostra che solo un piano di intervento coordinato con la Tunisia, con i Paesi considerati meta ultima dei migranti, come Francia e Germania, e soprattutto  con l’Unione europea, la grande assente dell’emergenza immigrati, potrà risolvere il dramma di quest’esodo senza posa. Nel frattempo il Mediterraneo continua a essere un grande cimitero a cielo aperto.

Francesco Anfossi
© Famiglia Cristiana, 3 aprile 2011
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