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Cristiani in Medio Oriente, appello e l’invito al dialogo di Impagliazzo

Il presidente della Comunità di Sant'Egidio a Bari per partecipareal Colloquio internazionale sul futuro dei cristiani

«Vogliamo fare un grande appello alla comunità internazionale perché possano ritrovarsi di nuovo attorno ad un tavolo tutti i Paesi che sono coinvolti, sia occidentali che arabi, ma non dimenticando i rappresentanti religiosi. Le persone che sono qui oggi a Bari, i patriarchi, i capi delle Chiese, hanno tutto il diritto di essere ascoltati nei consessi internazionali». Lo ha detto il presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo, riferendosi alla situazione dei cristiani in Medio Oriente, nel corso dell'intervento svolto al Colloquio internazionale sul futuro dei cristiani in quell'area del mondo. L'iniziativa, in corso a Bari, è stata organizzata dalla stessa Comunità. «Noi siamo qui - ha spiegato Impagliazzo - per ascoltare l'Oriente, i cristiani del Medio Oriente, che sveglino l'Occidente che si è un po' troppo addormentato su questa drammatica situazione della fine della convivenza in tante zone come Iraq, Siria, Turchia, Egitto, e anche per vedere se insieme finalmente si possono trovare vie nuove di pace».

«L'incertezza e la paura sono ampiamente condivise nel mondo arabo» e «stanno drammaticamente plasmando la vita dei cristiani». Lo ha sottolineato il prof. Tarek Mitri, greco-ortodosso, docente all'università americana di Beirut, ex ministro del governo libanese e già negoziatore per conto dell'Onu per la crisi libica, concludendo gli interventi della prima giornata al «summit» sul futuro dei cristiani in Medio Oriente organizzato a Bari dalla Comunità di Sant'Egidio.

Incertezza e paura, ha proseguito Mitri, che «rivelano un senso di abbandono e di impotenza» che potrebbe determinare una percezione univoca della realtà di un mondo arabo come «un tutto indifferenziato», trascurando il dovere di «discernere e riconoscere la resistenza di molti dei loro compatrioti musulmani alla tendenza egemonica di quello che viene spesso chiamato `islam politico´». I cristiani devono insomma rifuggire «dall'allarmismo della paura»: i tempi della sofferenza, della paura e dell'incertezza sono anche «momenti di cambiamento», nei quali «i cristiani non sono solo le vittime che lamentano la loro situazione, essi sono ancora chiamati ad essere protagonisti».

© Corriere del Mezzogiorno, 29 aprile 2015

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