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Crociata: cattolici in politica senza ambiguità «No a separazione tra fede e vita»

Cercare di «individuare gli elementi costitutivi di una proposta formativa che porti i credenti ad essere fino in fondo tali, cioè capaci di assumersi le proprie responsabilità nella vita privata e in quella pubblica». Un obiettivo per «rispondere alle attese che il nostro Paese spera di ricevere dalla presenza dei cattolici, sul piano della testimonianza personale e su quello dell’impegno nella vita civile come anche in quella politica».

imagelarge.jpgIl segretario generale della Conferenza episcopale italiana, il vescovo Mariano Crociata va dritto al cuore del problema che la società italiana e Occidentale in generale sta vivendo. Lo fa parlando, nella sede romana della Cei, agli assistenti e consulenti ecclesiastici delle aggregazioni ecclesiali impegnate nella formazione alla responsabilità nella vita sociale. Un cartello ampio che comprende Pax Christi, Acli, Coldiretti, Focsiv, Mlac, GiOC, Api/Colf, Cem - Centro Educativo Murialdo, Cnos-Fap, Acai-ConfCooperative e Ucid.

Un’occasione di confronto e riflessione comune che si inserisce, come ricorda lo stesso vescovo Crociata, in «un percorso di riflessione che abbiamo svolto su questi temi durante questo anno pastorale». Del resto si avverte, prosegue Crociata, «l’esigenza di un impegno straordinario in questo campo».

E aggiunge, ricordando l’originario appello di Benedetto XVI e i successivi inviti di numerosi vescovi italiani: «se siamo arrivati alla dichiarata necessità di una nuova generazione di cattolici, ciò non è stato per assenza di politici, sindacalisti, figure istituzionali dichiaratamente cattolici, ma per il venir meno di un quadro sociale complessivo religiosamente integrato e per la perdita di vitalità e di adeguata incidenza dell’ispirazione cristiana nella vita sociale, civile e politica». A provocare questa «erosione» di presenza e di «rappresentanza pubblica adeguata», «non attengono solo alla qualità e alla responsabilità delle persone, ma anche all’evoluzione del quadro culturale e istituzionale».

Ecco allora l’allarme su due atteggiamenti che nell’attuale società sembrano prendere sempre più piede: «la dissociazione della fede tra privato e pubblico» che si ripropone nella vita dei singoli, ma anche «quello di pensare la fede in maniera separata dalla vita e dalla coerenza che ad essa è richiesta, annullando le esigenze della morale ridotta semplicisticamente sempre a moralismo». Il risultato, sottolinea Crociata è che «tanta nostra gente sia parte integrante di quella folla che va a comporre l’immagine sconfortante di un Paese condizionato dalla presenza di corrotti e corruttori, di evasori e parassiti, di profittatori e fautori di illegalità diffusa, difensori sistematici della rivendicazione dei diritti nell’ignoranza, se non nella denigrazione, dei doveri». Parole dure e ferme per una situazione che il segretario generale della Cei definisce «impressionante».

Urgente è dunque l’invito rivolto agli assistenti ecclesiastici affinché si facciano «carico di una missione difficile e necessaria, in cui si incrociano la nostra responsabilità pastorale, le attese di iscritti e associati, il compito storico della Chiesa in Italia». Ecco allora «tre piste di lavoro»: interrogarsi su «quale sia la situazione della proposta formativa e della sua esecuzione nelle aggregazioni affidate alla vostra responsabilità», su «cosa si può fare per indirizzare di nuovo e meglio verso una formazione che produca mentalità di fede», e, infine, «in che modo potete aiutarvi tra di voi, anche come aggregazioni». Piste di lavoro e riflessione destinate a restare in campo a lungo.

Enrico Lenzi
 
© Avvenire, 25 giugno 2012