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Don Santoro, prete «capace di svegliare il mondo»

«Non ho intenzione di costruirvi una chiesa di mattoni ma di portarvi Cristo e costruire una chiesa viva e piena di gente. La chiesa di mattoni verrà di conseguenza come una grande casa adatta a ospitarci»

Il 28 giugno 1981, nella sua prima omelia da parroco nel quartiere Verderocca, don Andrea Santoro pronunciava queste parole. E ieri, domenica 11 febbraio, a 12 anni dalla sua scomparsa, la comunità si è riunita nella chiesa Gesù di Nazareth per ricordare il parroco romano fidei donum ucciso a Trabzon, in Turchia, il 5 febbraio 2006. Fu lui a fondare il complesso parrocchiale, inaugurato nel 1988, dove rimase per 12 anni.

“Essere chiesa secondo don Andrea” il tema dell’incontro, al quale è intervenuto il direttore della Caritas diocesana Enrico Feroci. Con don Andrea si erano conosciuti quando frequentavano il seminario minore e don Enrico ricorda in modo particolare quello che sarebbe stato il loro ultimo incontro avvenuto il 31 gennaio 2006, solo 5 giorni prima dell’omicidio di don Andrea. Aveva accompagnato l’amico a Fiumicino da dove doveva prendere un aereo per la Turchia e solo a causa del traffico sul Grande raccordo anulare non fu loro possibile celebrare la Messa nella chiesa dell’aeroporto, come da programma. «Spesso mi rammarico perché avrei tanto voluto celebrare quell’ultima Eucaristia con lui – le parole del direttore della Caritas -. Ricordo perfettamente quell’abbraccio prima di partire». Monsignor Feroci ha spiegato che per don Andrea essere Chiesa significava fare comunione con Cristo, dal quale attingere la forza per «andare tra la gente ed essere pane spezzato per tutto il quartiere. Se tutti i romani che partecipano alla Messa diventassero davvero pane spezzato per gli altri, vivremmo in una realtà ben diversa».

Don Giuseppe Russo è parroco a Verderocca dal 2014 e non nasconde di aver raccolto una eredità difficile. La memoria del sacerdote fidei donum, che ha incontrato in seminario, è molto viva nella realtà parrocchiale che quest’anno celebra il 30° anniversario di fondazione. «Don Andrea ha voluto progettare e costruire una casa di pietre vive che incarna il battesimo. Da lui ho imparato l’accoglienza a 360 gradi», ha affermato il sacerdote. La comunità è sempre in cammino seguendo l’esempio di don Santoro, il cui ricordo viene trasmesso anche ai ragazzi del quartiere che frequentano la scuola a lui dedicata. «La dignità di essere sacerdote fino in fondo» è l’eredità che don Andrea ha lasciato alla sorella Maria Maddalena. «Si dedicava in modo particolare alle persone – è il suo ricordo -, ma anche alla realizzazione di nuove opere, senza mai trascurare la preghiera e l’adorazione. In ogni luogo in cui è stato ha creato ambienti per la preghiera, come l’eremo dedicato ad Abramo in questa parrocchia o le cappelline in tutte le chiese che ha guidato».

A tanti ha «cambiato la vita», dice Enrico, secondo il quale don Andrea «era capace di svegliare il mondo. È stato lui a riavvicinarmi alla Chiesa e a farmi scoprire la bellezza di una comunità». Luigi Barbini era un attore che vanta nel curriculum la partecipazione a film di Pier Paolo Pasolini, uno su tutti “Il Vangelo secondo Matteo”. Seguendo don Andrea è diventato diacono permanente: «Fu lui a regalarmi il mio primo Vangelo». Giovanna ricorda ancora la voce di don Andrea e l’amore che nutriva per la Chiesa. «Per lui era fondamentale aiutare le persone a creare comunione fra tutti, fare entrare la Chiesa in tutte le esigenze umane».

© www.romasette.it, lunedì 12 febbraio 2018

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