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III Domenica di Quaresima. Una vita di apparenza e non di sostanza

È davvero tempo che ognuno trovi il coraggio di vedere in faccia le tante superficialità, che conducono al male che non vorremmo e lasciano sempre la bocca amara, ossia l'insoddisfazione del cuore. Nulla è bello, infinitamente bello, come avere un cuore riconciliato da Dio, con se stessi e con gli altri: è la via per ritrovare la gioia di vivere in grazia e così poter dare un senso alla vita e a quanto facciamo o ci accade. Non si può far convivere fede e mediocrità, voglia di bontà e corsa al male.

 

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Vi è un termine, superficialità, che la dice lunga sul modo di dare senso a quello che si fa', ossia trascurare le radici. Facile sentirsi dire: "Che male c'è? Lo fanno tutti" e di conseguenza non si cerca più di dare senso e trovare la vera ragione in ciò che operiamo. Senza contare che troppe volte siamo portati a fermarci a quanto vediamo, senza andare alle radici della verità.
Proprio della Quaresima, o se vogliamo delle persone che amano la verità, cercare invece di essere coerenti con la verità stessa e il bene.
Oggi l'Evangelista Luca ci fa assistere ad un dialogo fra Gesù e alcuni che Lo seguivano e forse Lo avevano cercato solo per porgli delle domande imbarazzanti.
Pilato infatti, con l'arroganza dei potenti, che tante volte ignorano i più elementari diritti delle persone - che invece dovrebbero servire! - assumendo come sola regola il potere, non solo aveva ordinato la pena di morte per alcuni Galilei, ma aveva deciso che la condanna dovesse essere eseguita in luogo sacro, al punto che il sangue degli uccisi si era mescolato con il sangue dei sacrifici rituali. La domanda di fondo era: "Ma perché si disprezza tanto la vita dell'uomo? Perché l'uomo e i suoi sacrosanti diritti vengono con tanta facilità calpestati"? E potremmo aggiungere: "perché tanti bambini in Africa, e non solo, muoiono di fame senza alcuna colpa? Perché tanti, anche tra di noi, vengono emarginati senza averlo meritato"? E potremmo continuare il rosario delle violenze di oggi e di sempre, usate verso i deboli.
Ci sono insomma fatti che, imprudentemente, per alcuni, mettono "in discussione" l'amore del Padre, che di fatto si prende cura di ogni uomo.
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Un giorno, volendo dare una spiegazione, a suo modo di pensare, della catastrofe dei terremoti, uno mi disse: "Si vede proprio che Dio in questi giorni era distratto e non si è accorto del nostro dolore"! Gli risponde la Sacra Scrittura, oggi, con un brano dell'Esodo:
"Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo di Dio gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo al roveto. Egli guardò ed ecco, il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè disse: 'Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?'. Il Signore vide che Mosè si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: 'Mosè!', Rispose: 'Eccomi!'. Riprese: 'Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo dove stai è una terra santa!'. E disse: 'Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe.' Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: 'Ho osservato la miseria del mio popolo, in Egitto, e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti! Conosco infatti le sue sofferenze Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese, verso un paese bello e spazioso, dove scorre latte e miele'. Mosè disse a Dio: 'Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico: il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?'. Dio disse a Mosè: lo Sono Colui che Sono! Poi disse: 'Dirai agli Israeliti: 'Io Sono Colui che Sono mi ha mandato a voi". (Es. 3, 1-15)
E' commovente come Dio non sia insensibile ai tanti mali del suo popolo e, quindi, oggi, di tutti gli uomini. È, quella di Dio, una dichiarazione che nessun tempo, nessun fatto, nessuna circostanza può minimamente offuscare, perché il solo dubitarne sarebbe mettere in discussione la fedeltà del Suo Amore.
vero che viviamo un tempo in cui è facile farsi prendere dalla mentalità del mondo, che descrive bene il nostro grande Paolo VI: Innanzitutto voi non troverete più nel linguaggio della gente, cosiddetta perbene oggi, nei libri, la tremenda parola che invece è tanto frequente nel mondo religioso, nel nostro, segnatamente in quello vicino a Dio, la parola "peccato". Gli uomini nei giudizi odierni non sono più ritenuti peccatori. Vengono catalogati come sani, malati, bravi, buoni, forti, deboli, ricchi, poveri, ma la parola peccato non si incontra mai. E non torna perché, distaccato l'intelletto umano dalla sapienza divina, si è perduto il concetto del peccato. Diceva Pio XII: "Il mondo moderno ha perduto il senso del peccato", che cosa sia, in altre parole, la rottura dei rapporti con Dio.
Il mondo non intende più soffermarsi su tali rapporti. E allora la filosofa contemporanea parte da un ottimismo aprioristico. L'uomo è buono, sarà la società a renderlo cattivo: ma di per sé, lasciate che si sviluppi con spontaneità e in un ambiente favorevole, e sarà di sua natura probo e virtuoso.
Viene adottata così, quale norma, una indulgenza molto liberale, molto facile, che spiana le vie ad ogni sorta dì esperienze e di capricci. Il male dunque non esiste, secondo il mondo. Ed ecco l'incoerenza. Mentre il punto di partenza è tanto sicuro, il punto di arrivo, il giudizio terminale che il nostro mondo dà sull'uomo qual è? Non erriamo asserendo che il giudizio dato dall'uomo di se medesimo, con a propria testimonianza, dice che l'uomo guardato dentro è una cosa orribile.
Quante volte coloro che ci si presentano davanti con aspetto bonario, nascondono al contrario il sepolcro imbiancato più deforme! Anche Gesù guarda a noi che siamo davvero povera gente con tanti malanni. Egli, dopo avere sollecitato in noi, con noi, con questa sua luce, un esame di coscienza, per il quale si avverte la colpa, ma anche la redenzione, entra nell'anima con un torrente di letizia e di amore. Se lo vuoi - Egli ci conforta - Io ti ridono l'integrità, la grazia di sentirti veramente quello che deve essere restituito alla tua statura, come il Signore ti ha creato: a sua immagine e somiglianza
. (settembre 1964)
È davvero questo il tempo di scrollarci di dosso quell'insopportabile apparenza buona ed avere il coraggio di andare fino in fondo, con la forza della grazia, per ritrovare la gioia dell'amicizia con il Padre. "Ho sempre l'amaro in bocca - mi confessava una persona -. E non è quell'amaro che si prova fisicamente per una cattiva digestione, ma quello del cuore che non è in pace con se stesso e, forse, in ultima analisi con Dio. Un giorno, trovandomi solo in Chiesa, chiesi a Gesù di farmi conoscere la dolcezza della vita. E il mio sguardo continuava a fissare il confessionale. Ed era come mi dicesse che li poteva esserci la soluzione ai miei problemi. Con coraggio mi accostai a quel confessionale: ebbi la fortuna di incontrare un sacerdote davvero secondo il cuore di Dio. Comprese la mia situazione e seppe condurmi per mano nel capire il male che era in me e, di conseguenza, finalmente raggiungere quella gioia che sognavo e che per me è ormai il vero dono della vita che Dio dà".
È davvero tempo che ognuno trovi il coraggio di vedere in faccia le tante superficialità, che conducono al male che non vorremmo e lasciano sempre la bocca amara, ossia l'insoddisfazione del cuore. Nulla è bello, infinitamente bello, come avere un cuore riconciliato da Dio, con se stessi e con gli altri: è la via per ritrovare la gioia di vivere in grazia e così poter dare un senso alla vita e a quanto facciamo o ci accade. Non si può far convivere fede e mediocrità, voglia di bontà e corsa al male.
Dovremmo seguire l'esempio del figlio prodigo, che, dopo aver abbandonato la casa del Padre ed essersi trovato a saziarsi delle carrube dei porci, "rientrò in se stesso e tornò a casa". Fu sommerso dalle braccia del padre che commosso lo accolse.
Dobbiamo evitare quel vivere senza frutti di cui parla il Vangelo di oggi:
"In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù circa quei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola Gesù rispose: 'Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per avere subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo'.
Disse anche questa parabola: 'Un tale aveva un fico piantato nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco sono tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?
Ma quegli rispose: 'Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché non gli zappi attorno e vi metta concime e vedremo se porterà frutti per l'avvenire: se non, lo taglierai". (Mc. 13, 1-9)
Non ci resta che farci aiutare da santa Teresa di Calcutta, nel rivolgere a Dio una preghiera, perché ci apra la via della fiducia in Lui:
Signore, aiutaci a vedere nella tua crocifissione e resurrezione un esempio di come sopportare e idealmente morire nella lotta e nel conflitto della vita quotidiana, in modo che possiamo vivere più pienamente e creativamente.
Tu hai accettato pazientemente e umilmente le mortificazioni della vita umana, come le torture della passione. Aiutaci ad accettare le pene e i conflitti che ci aspettano ogni giorno. Fa' che attraversiamo pazientemente e coraggiosamente la vita fiduciosi che Tu ci assisterai
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Fonte: www.qumran2.net

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