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Veglia Pasquale nella Notte Santa anno A. Nulla è perduto e tutto può ricominciare

Quella che stasera ci viene raccontata è una storia di luce che, per quanto venga offuscata dalle tenebre dei numerosi peccati, non si spegne mai, perché è resa vittoriosa dall'amore infinito di Dio.

È risorto e vi precede in Galilea

Quando tutto sembra perduto, quando la notte della vita sembra buia come non lo è mai stata, quando nella mente si fa sempre più strada il pensiero secondo cui "ormai non c'è più nulla da fare!", e quando il cuore è schiacciato dalla pesante pietra del dolore e non trova la forza di amare, ecco che una piccola luce si accende, un bagliore rompe l'oscurità e annuncia un inizio. Dolcemente uno sguardo si appoggia sul tuo volto e una mano asciuga le tue lacrime: la pietra del dolore rotola via lasciando spazio alla speranza.

Ecco il grande mistero della Pasqua! In questa santa notte la Chiesa ci invita ad essere testimoni della luce del Risorto, a credere che chi vive in Lui non pronuncia la parola "ormai", ma si affida costantemente alla parola "ancora": c'è ancora un'altra possibilità, c'è ancora speranza, c'è vita perché Cristo ha vinto, e noi con Lui, la morte. Come comunità siamo chiamati ad essere sentinelle del mattino che sanno scorgere per primi i segni del Risorto come hanno fatto le donne e i discepoli accorsi al sepolcro all'alba del primo giorno della settimana.

1. In questa notte le nostre tenebre vengono dissipate dal racconto che celebra la storia della salvezza e che ci ricorda come Dio, fin dalla creazione del mondo e sempre fedele alle sue promesse, non dimentica il suo popolo. Nonostante i tradimenti, e le innumerevoli fragilità, Dio non abbandona Israele, ma lo cura con infinita tenerezza e largamente perdona (Is 55,7) ogni sua colpa.

Quella che stasera ci viene raccontata è quindi una storia di luce che, per quanto venga offuscata dalle tenebre dei numerosi peccati, non si spegne mai, perché è resa vittoriosa dall'amore infinito di Dio. Dio, infatti, ha liberato il suo popolo dalla schiavitù dell'Egitto, lo ha guidato attraverso il deserto verso la terra promessa, lo ha reso un popolo numeroso (Gn 22,17), ne ebbe cura, lo amò di affetto perenne (Is 54,8) e lo ha tanto amato da dare suo Figlio unigenito affinché, per mezzo di lui, non solo il suo popolo, ma noi tutti vivessimo (1Gv 4,9).

In questo giorno di liberazione, di passaggio dalla morte alla vita, che fece trasalire Abramo contemplandolo da lontano, noi, invece, vi siamo entrati, lo viviamo e ci muoviamo nella sua luce.

2. Attraverso la risurrezione di Gesù il nostro uomo vecchio viene rivestito dell'uomo nuovo e "se anche il nostro uomo esteriore - dice san Paolo - si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno" (2Cor 4,16). La morte quindi non ci fa più paura perché non può far morire l'uomo interiore il quale, lasciandosi permeare dalla vita di Cristo, vive della sua presenza in ogni momento e legge tutta la realtà come icona di quell'invisibile che è stato reso visibile dal Risorto. Sempre s. Paolo ci ricorda. "Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio. Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra; poiché voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio" (Col 3,1-4). Per risuscitare con Cristo, per vivere eternamente con Lui ci si deve rivestire di Lui. Rivestirsi di Cristo (cfr. Rm 13,14) significa entrare in Lui, dimorare in Lui, in modo che la nostra vita sia realmente nascosta con Lui. Rivestirsi di Cristo significa, ancora, riuscire a varcare la soglia della Speranza che non delude portandosi dentro le piccole e grandi speranze umane, sapendo che in quell'unica grande Speranza vengono colmate tutte le altre. È, dunque, un vivere immersi nel mondo carichi della speranza che proviene dal Risorto.

3. È questo, del resto, il significato dell'invito che Gesù fa alle donne quando, dopo averlo riconosciuto, si buttarono ai suoi piedi per adorarlo: "Non temete! Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno" (Mt 28,10). Gesù invita a non temere perché Lui è vivo. Invita a non piangere, a non rinchiudersi nella tristezza, né a vivere del suo ricordo, ma a recarsi in Galilea perché sarà là che lo vedranno.

La Galilea, che è stata la terra del ministero ordinario della vita di Gesù, è ora indicata come simbolo di quella vita ordinaria, normale, in cui tutti noi siamo immersi e in cui siamo chiamati quali testimoni del Risorto, a illuminarla con la luce della fede. Come a dire che il Risorto lo si deve riconoscere non nelle cose straordinarie, sensazionali, ma soprattutto in quelle di ogni giorno. Siamo quindi chiamati ad annunciare il Risorto dentro alle nostre Galilee, senza paura, ma con coraggio, con gioia, con passione, perché lì e non in altri posti Lui ci attende.

Se il Signore è risorto, se ne ho fatto esperienza, sarà quindi possibile ogni giorno ricominciare e la novità può esistere già oggi: essa si annuncia nei segni discreti del bene che si rivelano nel cuore di chi è piccolo e si affida all'azione di Dio, ai suggerimenti dello Spirito, alle intuizioni del cuore, all'amicizia dei fratelli. Già oggi è possibile rafforzare questi segni di bene per rendere storica la risurrezione del mondo.

 

Commento di don Guido Benzi

tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi"
Ave, Roma 2007

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Per approfondimenti: www.musicasacra-bari.it

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