Farrell: l'unità dei cristiani fondamento della fratellanza universale
È un'occasione straordinaria per rimettere a fuoco la volontà di Gesù espressa nel Vangelo: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola", l'annuale Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che quest'anno si svolge dal 18 al 25 gennaio. Al centro delle riflessioni dell'iniziativa è il versetto: “In Oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo”. Le parole, riportate dall'evangelista Matteo, si riferiscono ai magi o sapienti che, dalle loro terre lontane, si mettono in cammino e, seguendo la stella, trovano a Betlemme il Bambino. Melchiorre, Baldassarre e Gaspare - i nomi con cui appaiono nei Vangeli apocrifi - al di là delle apparenze umili, riconoscono in quel neonato un Re e, prostrati davanti a lui, lo adorano.
La testimonianza di comunione tra i cristiani in Medio Oriente
A proporre le parole dei magi per la celebrazione della Settimana sono stati i cristiani di diverse tradizioni del Medio Oriente. Al Consiglio delle Chiese d'Oriente, infatti, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei cristiani aveva affidato il compito della scelta del tema per il 2022. Al microfono di Vatican News, il vescovo irlandese monsignor Brian Farrell, segretario del dicastero, spiega il perchè di questa decisione e quale messaggio le Chiese di quella regione hanno voluto rivolgere alle comunità di tutto il mondo:
Ascolta l'intervista a monsignor Brian Farrell
Monsignor Farrell, per quali motivi è stato chiesto al Consiglio delle Chiese d'Oriente di scegliere il tema per la Settimana per l'unità dei cristiani di quest'anno?
Si sa che la Settimana di preghiera per l'unità esiste, in una forma o nell'altra, da oltre 100 anni, e da 50 anni esiste una collaborazione tra il Pontificio Consiglio per l'unità e il Consiglio ecumenico delle Chiese per cui ogni anno, alternativamente noi o loro, scegliamo un gruppo ecumenico o un gruppo di cristiani in un Paese o in una regione, per preparare il materiale. Nel 2020 il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente è sembrata una scelta molto azzeccata perché in quelle regioni c'è tanta sofferenza umana, guerre, povertà, mancanza di diritti, e allo stesso tempo tante Chiese di diverse tradizioni vivono insieme da sempre. Allora in quei luoghi c'è un ecumenismo vissuto naturalmente, quotidianamente, nella società e molte volte anche nelle famiglie. Il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente ha sede nella capitale libanese e quella terribile esplosione nel porto di Beirut dell'agosto 2020 ha portato tanta sofferenza: abbiamo pensato che lì c'era un messaggio per il mondo, per noi cristiani, e allora abbiamo deciso di coinvolgere questa volta i cristiani del Medio Oriente.
"In Oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo" è un tema che, ad un primo sguardo, sembra centrare poco con l'unità dei cristiani. Qual è il legame che lei vede, invece, tra questo episodio dei magi e la ricerca dell'unità?
Direi che, innanzitutto, l'episodio dei magi ci ricorda che questa è la regione in cui Cristo è nato, e la ricerca dell'unità dei cristiani porta frutto solo se Cristo è il centro, il criterio, la fonte dei nostri sforzi. Si tratta di ricomporre la comunione tra i seguaci di Gesù per la quale lui ha pregato la sera prima della sua passione. L'ecumenismo è obbedienza alla volontà di Cristo e ricordo quello che ha detto recentemente Papa Francesco: i magi viaggiano verso Betlemme, il loro pellegrinaggio parla anche a noi chiamati a camminare verso Gesù perché è lui la Stella Polare che illumina i cieli della vita e orienta i passi verso la gioia vera. Cioè l'ecumenismo, la ricerca dell'unità dei cristiani, avanza solo in quanto siamo tutti fedeli al Signore e questo è il punto fondamentale, secondo me.
Lei l'ha detto poco fa, la regione del Medio Oriente è la terra dove da sempre convivono cristiani di diverse Chiese e confessioni, ma a che punto è questa convivenza? Quale importanza avrebbe una maggiore comunione perché, forse, non è ancora perfetta...
Certo. La prima cosa da dire, secondo me, sarebbe che tutta la diversità dei riti e delle tradizioni e la storia dei cristiani del Medio Oriente, è una straordinaria ricchezza, una grazia che ci viene dalla Divina Provvidenza che ha diretto lo sviluppo delle Chiese in mezzo a vari popoli e culture dall'inizio. Non si tratta, pertanto, di cercare una uniformità tra tutti, ma una comunione, cioè la partecipazione di tutti insieme alla storia della salvezza. Il movimento ecumenico esiste proprio perché questo non si è realizzato, nel corso della storia è esistito il peccato della divisione e, in certe circostanze, gli interessi anche dottrinali degli uni hanno prevalso sugli altri. E allora, come ci ricorda il decreto sull'ecumenismo del Concilio Vaticano II, tale divisione non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la predicazione del Vangelo ad ogni creatura. Bisogna dire che lì, in Medio Oriente, abbiamo la visione, l'orizzonte di cristiani di diverse tradizioni che vivono insieme, naturalmente si tratta di pregare e di lavorare perché questa comunione diventi sempre più forte.
Ecco, ma a che punto è questa esperienza di comunione?
In generale direi che viviamo da tanti anni un'esperienza di crescita, di comprensione e di riconciliazione tra tante Chiese e questo si vede chiaramente anche in Medio Oriente dove concretamente davanti a tante sfide, a tante sofferenze, davanti anche, alle volte, alla morte e alle guerre, i cristiani sono solidali gli uni con gli altri, si aiutano. Io vedo che da tanti anni c'è tutta una nuova situazione in cui non c'è più rivalità e conflitto tra le Chiese ma piuttosto cooperazione e solidarietà.
Qual è il messaggio principale o la sollecitazione più forte che i cristiani d'Oriente rivolgono a tutte le comunità del mondo attraverso il tema che hanno scelto per questa Settimana di preghiera per l'unità?
Credo che l'invito principale che i testi della Settimana ci presentano sia quello di tornare alle origini, cioè a Cristo. Non ridurre la Chiesa ad una organizzazione umana in più, ad una forza politica o culturale, ma fare dell'incontro con il mistero rivelato nella culla di Betlemme, la storia appunto dei magi, il centro di tutta la vita e degli sforzi delle Chiese. Preghiamo per l'unità dei cristiani, ma non si tratta di una unità di interessi o di strategie o di politiche, ma un'unità in cui il Vangelo diventa la regola della nostra vita e l'impegno di fare dell'insegnamento di Gesù, soprattutto l'amore di Dio e del prossimo, la vera strada della nostra vita. Secondo me, questo è l'invito principale che i testi di quest'anno ci presentano.
Quale rapporto c'è, a suo parere, tra l'unità tra le Chiese cristiane e la fratellanza universale e la pace nel mondo, tanto richiamate da Papa Francesco e sentite così necessarie oggi?
Grazie per questa domanda perché la trovo molto appropriata. Ricorderemo che nell'enciclica Fratelli tutti, davanti a un mondo confuso, diviso, un mondo in cui c'è perfino tanto scarto degli esseri umani, Papa Francesco ci chiede di sognare e di lavorare per la rinascita di un senso di fraternità universale che sarebbe conseguenza di un cuore aperto a tutti. Questo, secondo me, è il contesto giusto per capire l'ecumenismo e per capire i rapporti ecumenici: si tratta tra i cristiani di passare dal mutuo rifiuto, dalla divisione, dal conflitto alla mutua comprensione, al rispetto, alla solidarietà e alla cooperazione. Quanto più i cristiani delle diverse Chiese si riconciliano, tanto più saranno segno e strumento dell'unità della famiglia umana, della fraternità universale. Questa è, secondo quello che ci insegna il Papa, l'unica via perché avvenga la pace e la giustizia, perché ci sia un futuro migliore per le generazioni a venire. L'unità dei cristiani, dunque, è un fattore indispensabile per la costruzione di quel mondo futuro.
Adriana Masotti - Città del Vaticano
© www.vaticannews.va, martedì 18 gennaio 2022