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Francesco e l’ecumenismo: un “cammino irreversibile”

Dalle prime parole da vescovo della Chiesa di Roma, “che presiede nella carità tutte le Chiese”, al capo chinato davanti al patriarca Bartolomeo, chiedendo di essere benedetto da lui, dalla “prima volta” in un tempio valdese, a Torino, al pellegrinaggio “in cerca di unità e pace” a Ginevra, per i 70 anni del Consiglio ecumenico delle Chiese, Papa Francesco ha posto l’impegno ecumenico tra le priorità del suo pontificato

La sera del 13 marzo 2013, Papa Francesco parla per la prima volta al mondo, dalla Loggia delle benedizioni, e si autodefinisce “vescovo di Roma”, prima che Papa, pastore di una Chiesa, quella di Roma, che presiede nella carità tutte le Chiese”. Parole di grande sensibilità ecumenica, maturata dal cardinal Jorge Mario Bergoglio in terra argentina, di chi sa che le modalità con le quali viene percepito il primato petrino sono tra gli ostacoli più ingombranti sul cammino verso l’unità dei cristiani. L’aveva già sottolineato san Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Ut unum sint”, giusto 25 anni fa.

La continuità con i predecessori, la linea del Concilio

Da allora Francesco, in un susseguirsi di gesti, incontri, discorsi e dichiarazioni comuni con uomini e donne di Chiese diverse, dimostra che la costruzione dell’unità visibile della Chiesa di Cristo è una delle priorità del suo pontificato. Questo spiega il suo impegno per superare le divisioni e rafforzare la comunione, nella prospettiva di rendere sempre più efficace la missione dell’annuncio e della testimonianza della parola di Dio. La sua scelta di porre tra le priorità della Chiesa cattolica la piena ed attiva partecipazione al cammino ecumenico, si pone in profonda continuità con i suoi predecessori, a partire da san Giovanni XXIII, nella linea della recezione del Concilio Vaticano II.

Francesco e Bartolomeo come Paolo VI e Atenagora

Come Papa Montini con il Patriarca di Costantinopoli Atenagora a Gerusalemme (il 5 gennaio 1964), una settimana dopo il conclave, il 20 marzo, il nuovo Pontefice abbraccia in Vaticano Bartolomeo I chiamandolo "Andrea" in quanto erede dell’apostolo. Come Atenagora aveva chiamato “Pietro” Montini. E annuncia ai rappresentanti delle Chiese cristiane e di altre religioni, “la ferma volontà di proseguire nel cammino del dialogo ecumenico” sulla scia dei predecessori. Con Bartolomeo si incontrerà poi a Gerusalemme, a Roma e a Istanbul.

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“Vi chiedo di benedire me e la Chiesa di Roma”

Il 29 novembre 2014, nella Chiesa patriarcale di San Giorgio a Istanbul, al termine della preghiera ecumenica, Papa Francesco si china davanti al Patriarca, chiedendo di essere benedetto da lui. Il giorno dopo, durante la Divina liturgia ortodossa, il Papa si rivolge così al suo ospite:

Incontrarci, guardare il volto l’uno dell’altro, scambiare l’abbraccio di pace, pregare l’uno per l’altro sono dimensioni essenziali di quel cammino verso il ristabilimento della piena comunione.

La dimensione quotidiana dell’ecumenismo

Sono esperienze, fa capire Francesco, come la visita nel campo profughi dell’isola di Lesbo, sempre con Bartolomeo (16 aprile 2016), che precedono e accompagnano il dialogo teologico, rendendolo meno “traumatico”. Infatti, in poco più di cinquant’anni di ecumenismo cattolico “alla luce del sole”, grazie al Vaticano II, si sono compiuti numerosi passi verso l’unità, attraverso la conoscenza storico-teologica dell’altro, il dialogo sulle questioni dottrinali e la condivisione di esperienze di accoglienza e di missione. Ma le parole e i gesti del Pontefice argentino aprono nuovi spazi alla dimensione quotidiana e locale dell’ecumenismo, che deve essere “pane quotidiano” della vita dei cristiani, chiamati a una conversione del cuore già dai padri conciliari. Perché l’unità non si può certo costruire solo con la firma di documenti e trovando soluzioni teologiche, se non si cambia anche stile di vita.

Evangelii gaudium: la diversità riconciliata nello Spirito

Papa Francesco mette nero su bianco questa urgenza nell’impegno ecumenico, dedicandogli alcuni paragrafi nell’Esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, del novembre 2013, autentico programma del suo pontificato. Un impegno che, scrive al numero 244, risponde alla preghiera di Gesù che chiede che “tutti siano una sola cosa”: peregriniamo insieme e dobbiamo “affidare il cuore al compagno di strada senza sospetti”, cercando “la pace nel volto dell’unico Dio”. Nel 230 spiega che “l’unità dello Spirito armonizza tutte le diversità”, nel quadro di un patto “che faccia emergere una diversità riconciliata”.

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Cristiani chiamati ad una conversione alla misericordia

Il Papa invita tutti i cristiani ad un percorso di conversione alla misericordia, cristiani che non sono semplicemente non più divisi ma si sentono uniti nella scoperta quotidiana di quanto già condividono, senza dimenticare le questioni dottrinali che ancora impediscono una piena comunione. In questa direzione Francesco trova una profonda sintonia con capi delle Chiese e responsabili degli organismi ecumenici. Pensiamo all’incontro del 14 giugno 2013 con il neoarcivescovo di Canterbury Justin Welby, nel quale invita anglicani e cattolici a lavorare insieme “per dar voce al grido dei poveri”, perché non siano abbandonati alle leggi di un’economia che spesso considera l’uomo “solo in quanto consumatore”. Chiedendo di non attendere la risoluzione dei problemi teologici per operare congiuntamente. Quest’anno, la pandemia di Covid-19 ha impedito al Pontefice e al primate della Chiesa anglicana di visitare insieme il Sud Sudan, alle prese con un difficile cammino di riconciliazione interna dopo anni di guerra civile.

La Pasqua insieme, Caserta e i valdesi di Torino

Una teologia della vita vissuta, quella di Papa Francesco, che lo porta il 12 giugno 2015, a San Giovanni in Laterano, durante il ritiro mondiale dei presbiteri, non solo a confermare che la divisione tra i cristiani è uno scandalo, ma ad ipotizzare che in tempi brevi ogni cristiano possa festeggiare la Pasqua lo stesso giorno, “segno tangibile per i fedeli e per tutti”. Quasi un anno prima, a fine luglio 2014, il Papa torna a Caserta due giorni dopo la sua visita pastorale, per incontrare il pastore Giovanni Traettino, della Chiesa pentecostale della Riconciliazione, al quale lo lega un’amicizia nata in Argentina. Chiede perdono per il ruolo dei cattolici nella persecuzione dei pentecostali e indica ancora nell’unità “nella diversità riconciliata” il modello cui tendere “per camminare insieme verso Dio”. Sempre in una “prima volta”, il 12 giugno 2015 Francesco visita il tempio valdese di Torino, segnando, per il pastore Bernardini “una nuova stagione ecumenica”.

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Roma e Mosca, il primo abbraccio a Cuba

Altrettanto storico è il primo incontro tra un vescovo di Roma, Papa della Chiesa cattolica e un patriarca di Mosca e di tutte le Russie, il 12 febbraio 2016 a Cuba. Francesco e Kirill scelgono l’America Latina e non l’Europa perché nel vecchio continente il dialogo ecumenico deve confrontarsi con le ferite storiche delle divisioni. Firmano una dichiarazione comune nelle quale affrontano temi delicati come la questione greco-cattolica e l’Ucraina, e lanciano un appello congiunto per la pace in Siria e Iraq e in difesa della famiglia "fondata sul matrimonio uomo-donna". Definiscono i “cristiani vittime di persecuzione" come "martiri del nostro tempo, appartenenti a varie Chiese, ma uniti da una comune sofferenza".

L’ ecumenismo del sangue, cristiani uniti nel martirio

Questa ripetuta denuncia della persecuzione dei cristiani del XXI secolo, unisce ancora Papa Francesco a san Giovanni Paolo II, che in vista del Giubileo del Duemila auspicava una condivisione ecumenica dei martiri delle singole Chiese. Il Papa argentino parla di “ecumenismo del sangue”, ricordando che “in alcuni paesi ammazzano i cristiani perché portano una croce o hanno una Bibbia, e prima di ammazzarli non gli domandano se sono anglicani, luterani, cattolici o ortodossi”.

Lund: i 500 anni della Riforma ricordati insieme

Un passo ulteriore verso una piena riconciliazione delle memorie è la commemorazione comune luterano-cattolica del 500.mo anniversario della Riforma, il 31 ottobre 2016 nella cattedrale luterana di Lund, in Svezia. Il Papa e i suoi ospiti propongono un profondo ripensamento delle ricchezze spirituali e dottrinali del XVI secolo, in uno spirito di condivisione che è purtroppo mancato in tutti i secoli precedenti.

Ginevra, pellegrinaggio “in cerca di unità e pace”

E arriviamo al pellegrinaggio “in cerca di unità e pace” che Francesco compie il 21 giugno 2018 a Ginevra, per il 70.mo anniversario della fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese. Nel corso della preghiera ecumenica, il Pontefice ricorda che “le divisioni tra cristiani sono spesso avvenute perché alla radice, nella vita delle comunità, si è infiltrata una mentalità mondana”.

Prima si alimentavano gli interessi propri, poi quelli di Gesù Cristo. In queste situazioni il nemico di Dio e dell’uomo ha avuto gioco facile nel separarci, perché la direzione che inseguivamo era quella della carne, non quella dello Spirito.

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“Già possiamo pregare, evangelizzare, servire insieme”

Ma il movimento ecumenico, aggiunge, “al quale il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha tanto contribuito, è sorto per grazia dello Spirito Santo” come afferma il decreto conciliare sull’ecumenismo "Unitatis redintegratio". Camminare così, insieme, aggiunge Papa Francesco, per qualcuno potrebbe essere “lavorare in perdita, perché non si tutelano a dovere gli interessi delle proprie comunità”. Ma l’ecumenismo, spiega, è “una grande impresa in perdita”, una perdita evangelica, secondo la via tracciata da Gesù: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”. E il Papa chiede allo Spirito “di rinvigorire il nostro passo” sulla via dell’unità.

Le distanze non siano scuse, è possibile già ora camminare secondo lo Spirito: pregare, evangelizzare, servire insieme, questo è possibile e gradito a Dio!

Missionari insieme per essere più uniti

Francesco torna nel Centro ecumenico che ospita il Consiglio Ecumenico delle Chiese nel pomeriggio, e nel corso di un incontro ecumenico sottolinea che “ciò di cui abbiamo veramente bisogno è un nuovo slancio evangelizzatore”.

Sono convinto che, se aumenterà la spinta missionaria, aumenterà anche l’unità fra noi. Come alle origini l’annuncio segnò la primavera della Chiesa, così l’evangelizzazione segnerà la fioritura di una nuova primavera ecumenica. 

Un cammino essenziale per i discepoli di Cristo

Il Pontefice “venuto dalla fine del mondo” prosegue anche la tradizione di ricevere una delegazione ecumenica della Finlandia durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, per la festa di sant'Enrico. E nell’udienza del 19 gennaio 2019 è particolarmente incisivo. Ricorda che il cammino ecumenico è “un’esigenza essenziale” della nostra fede, un “requisito” che nasce dall’essere discepoli di Cristo.

Mentre seguiamo lo stesso Signore, comprendiamo sempre di più che l’ecumenismo è un cammino, un cammino che, come hanno costantemente sottolineato i vari Pontefici dal Concilio Vaticano II in poi, è irreversibile. This is not an optional way.

Le questioni teologiche non si risolvono stando fermi

Niente di più lontano dal considerare l’ecumenismo come qualcosa di “emergenziale”, un fronte di difesa comune davanti alla secolarizzazione, alla ricerca di un accordo “minimale” tra cristiani. Per Papa Francesco il dialogo ecumenico è obbedire a Dio, mettendosi in marcia, con la propria identità, da conoscere, da vivere e da condividere ma non da svuotare o annullare. “Quando preghiamo insieme, quando insieme annunciamo il Vangelo e serviamo i poveri e i bisognosi”, chiarisce ancora il Papa, questo cammino prosegue “verso il traguardo della visibile unità”.

Anche le questioni teologiche ed ecclesiologiche che ancora ci distanziano si potranno risolvere solo nel corso di questo cammino comune, non si risolveranno mai se rimaniamo fermi: no; senza forzare la mano e senza prevedere come e quando ciò avverrà.

Lasciamoci guidare dallo Spirito Santo

“Ma possiamo essere certi – conclude Francesco - che, se saremo docili, lo Spirito Santo ci guiderà in modi che oggi neppure immaginiamo”. Intanto “siamo chiamati a fare tutto ciò che possiamo per favorire l’incontro e per risolvere nella carità malintesi, ostilità e pregiudizi che per secoli hanno viziato i nostri rapporti”.

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, lunedì 25 maggio 2020

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