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Francesco: nel dopo-pandemia la speranza di rinascere uniti

Sulla rivista spagnola “Vida Nueva” il Papa indica un “Piano per risorgere” dopo il Covid-19. Il virus, dice, ha provocato grande dolore ma ci ha fatto riscoprire un’unica famiglia. È il tempo di avere un nuovo sguardo sul mondo, mettendo in circolo gli “anticorpi della solidarietà”. Non possiamo riscrivere la storia “con le spalle rivolte alle sofferenze degli altri”

La pietra sul sepolcro era enorme, le donne che la mattina di Pasqua vanno al sepolcro non l’avrebbero mai spostata. Questo però non le ferma. Anche in mezzo “alle tenebre e allo scoraggiamento, portavano i loro sacchetti di profumo” per ungere il corpo del loro Maestro. E poi la sorpresa, che le fa scoppiare di gioia. "Improvvisamente Gesù uscì per incontrarle e le salutò dicendo: 'Rallegratevi'".

L'ultima parola

“Invitare alla gioia potrebbe sembrare una provocazione e anche uno scherzo di cattivo gusto di fronte alle gravi conseguenze che stiamo subendo a causa del COVID-19”. Francesco è consapevole che aprire la sua riflessione con la scena evangelica della Pasqua – il racconto di una risurrezione mentre il virus implacabile semina morti – potrebbe essere un gesto di “ignoranza o irresponsabilità”. Ovunque, riconosce, il mondo si sta chiedendo chi tirerà via la “pietra tombale” della pandemia, che tra lutti e angoscia per il futuro minaccia, dice, “di seppellire ogni speranza”. Gli anziani soli in quarantena, le famiglie “che non sanno più come portare un piatto di cibo sulle loro tavole”, “la pesantezza degli operatori sanitari e dei funzionari pubblici che si sentono esausti e sopraffatti”, adesso è tutto questo che “sembra avere l'ultima parola”.

“Se c'è qualcosa che abbiamo potuto imparare in tutto questo tempo, è che nessuno si salva da solo. Le frontiere cadono, i muri si sgretolano e tutti i discorsi fondamentalisti si dissolvono di fronte a una presenza quasi impercettibile che manifesta la fragilità di cui siamo fatti.”

Benedetto genio

Ma è proprio in quell’“annuncio traboccante” del Vangelo – “Non è qui, è Risorto” – che Francesco trova le ragioni profonde, non solo di fede ma anche umane, del suo “Piano per risorgere”, pubblicato da “Vida Nueva”. È la stessa umanità di quella scena a suggerirglielo. L’umanità pavida degli apostoli, che erano scappati via, e l’umana praticità delle discepole che grazie a quel “tipico, insostituibile e benedetto genio femminile” vanno al sepolcro “astutamente” e nonostante tutto. Anche nel mondo flagellato dal coronavirus, osserva il Papa, abbiamo visto “molti che cercavano di portare l'unzione della corresponsabilità per curare e non rischiare la vita degli altri”.

Mai arresi

“Abbiamo potuto scoprire – elenca – quante persone che già vivevano e che hanno dovuto subire la pandemia dell'esclusione e dell'indifferenza hanno continuato a lottare, ad accompagnarsi e a sostenersi”. Abbiamo visto “l'unzione versata da medici, infermiere e infermieri, dal personale che riempie gli scaffali nei supermercati, dagli addetti alle pulizie, custodi, trasportatori, forze di sicurezza, volontari, sacerdoti, suore, suore, nonni ed educatori e tanti altri”. Tutti loro, afferma Francesco, “non hanno smesso di fare ciò che sentivano di poter fare e che dovevano dare”.

Il tempo favorevole

La notizia “straripante” della Risurrezione arriva alle donne proprio in una situazione simile, mentre stavano occupandosi di fare la cosa giusta. Il loro gesto di pietà cambia. La loro unzione, sottolinea il Papa, “non è per la morte, ma per la vita”. Quella notizia permette di “rompere il cerchio che impediva loro di vedere che la pietra era già stata rotolata via”. E questa, asserisce Francesco, “è la nostra speranza” che apre una crepa nella situazione attuale e ci permette “di contemplare la realtà sofferente con uno sguardo rinnovatore”. Dio, ribadisce, “non abbandona mai il suo popolo, è sempre con lui, soprattutto quando il dolore diventa più presente”.

Il Papa torna su un punto incontrovertibile. “Se c'è qualcosa che abbiamo potuto imparare in tutto questo tempo, è che nessuno si salva da solo. Le frontiere cadono, i muri si sgretolano e tutti i discorsi fondamentalisti si dissolvono di fronte a una presenza quasi impercettibile che manifesta la fragilità di cui siamo fatti”. “È urgente – insiste –discernere e trovare il polso dello Spirito”, quello che può “dare impulso, insieme ad altri, alle dinamiche che possono testimoniare e canalizzare la vita nuova che il Signore vuole generare in questo momento concreto della storia”. Per Francesco “questo è il tempo favorevole del Signore, che ci chiede di non accontentarci o di non accontentarci e ancor meno di giustificarci con logiche sostitutive o palliative che ci impediscono di assumere l'impatto e le gravi conseguenze di ciò che stiamo vivendo. Questo è il momento giusto per incoraggiare una nuova immaginazione del possibile con il realismo che solo il Vangelo può dare”

Riscrivere bene la storia

"Un'emergenza come COVID-19 è sconfitta prima di tutto dagli anticorpi della solidarietà”, ricorda il Papa utilizzando l’espressione contenuta nel documento “Pandemia e fraternità universale” pubblicato dalla Pontificia Accademia per la Vita lo scorso 30 marzo. “Una lezione – prosegue – che spezzerà tutto il fatalismo in cui eravamo immersi e ci permetterà di sentirci di nuovo architetti e protagonisti di una storia comune e, quindi, di rispondere insieme a tanti mali che affliggono milioni di fratelli in tutto il mondo. Non possiamo permetterci di scrivere la storia presente e futura con le spalle rivolte alle sofferenze di tanti”.

Le giuste risposte

Il Papa ha una certezza: “Se ci comporteremo come un unico popolo, anche di fronte alle altre epidemie che ci affliggono, potremo avere un impatto reale”. E una serie di domande dalle cui risposte il pianeta potrà rinascere. “Riusciremo ad agire responsabilmente di fronte alla fame che tanti soffrono, sapendo che c'è cibo per tutti? Continueremo a guardare dall'altra parte con il silenzio complice di fronte a quelle guerre alimentate dal desiderio di dominio e di potere? Saremo disposti a cambiare gli stili di vita che fanno sprofondare così tanti nella povertà, promuovendo e incoraggiandoci a condurre una vita più austera e umana che consenta un'equa distribuzione delle risorse?”. Come comunità internazionale “adotteremo le misure necessarie per fermare la devastazione dell'ambiente o continueremo a negare l'evidenza? La globalizzazione dell'indifferenza continuerà a minacciare e a tentare il nostro cammino... Che ci trovi gli anticorpi necessari della giustizia, della carità e della solidarietà”.

“Non abbiamo paura – conclude - di vivere l'alternativa della civiltà dell'amore, che è "una civiltà della speranza: contro l'angoscia e la paura, la tristezza e lo scoraggiamento, la passività e la stanchezza". La civiltà dell'amore si costruisce ogni giorno, ininterrottamente. Richiede l'impegno di tutti. Essa presuppone, quindi, una comunità impegnata di fratelli”.

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, venerdì 17 aprile 2020

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