I canti popolari quaresimali. Tradizione antica e diffusa
Sono canti che provengono da origini antiche. Conosciuti come Canti di Passione, impiegano sia l’italiano, il dialetto che il latino. Alcuni traggono spunto da narrazioni popolari legate a personaggi e motivi evangelici, altri da forme di drammaturgia liturgica medievale, altri ancora sono elaborazioni di racconti che presentano a tratti dei richiami ai vangeli apocrifi. La loro esecuzione è affidata a gruppi che possono far parte sia di organizzazioni religiose penitenziali, come le Confraternite, che da ensemble spontanei. Generalmente ai cantori confraternali è affidata la trasmissione del repertorio dei salmi in latino, fra cui spicca il Miserere (salmo n.50), eseguito dal Nord al Sud e nelle Isole prevalentemente “a cappella” e in modo polifonico. Di grande suggestione sono anche la Lamentatio del Profeta Geremia e il Cantico di Zaccaria (Benedictus).
La ricchezza di questo repertorio penitenziale raggiunge altissimi livelli di elaborazione musicale e costituisce un modello di devozione di grande intensità spirituale e suggestione poetica. Le punte più alte di questo tipo di manifestazioni hanno luogo durante la Settimana santa e in particolare nelle celebrazioni processionali del Venerdì. In alcune processioni il coinvolgimento spirituale è esaltato dall’esecuzione di questi antichi canti da parte di gruppi di donne. I più originali sono quelli conosciuti come L’Orologio della Passione, che racconta le ultime ore della vita del Nazareno, e La Morte di Gesù Maria s’affanna, che ricorda nelle varie trasposizioni dialettali alcuni passi dello Stabat Mater di Jacopone da Todi. Di grande intensità drammaturgica sono anche alcune canzoncine spirituali settecentesche attribuite a sant’Alfonso Maria de’ Liguori, e fra queste le più conosciute sono Gesù mio con dure funi, O fieri flagelli che vengono cantate durante le processioni in forma iterativa.
Un’altra caratteristica del repertorio quaresimale è costituita dai canti di questua, (Pasquelle) eseguiti in occasione della festività delle Palme da gruppi di cantori spontanei con l’accompagnamento dell’organetto, tamburello ed altri strumenti tipici. Sono brani in italiano antico con influenze dialettali, cantati sia in forma monodica che polivocale. Costruiti con testi di grande lirismo e intensità drammaturgica questi canti raccontano alcuni dei momenti salienti della Passione di Gesù Cristo e sono diffusi in tutto il territorio nazionale ed in particolare nell’area dell’Appennino centrale. Talvolta al termine dell’esecuzione i cantori dopo aver raccolto le offerte ricevute, si riuniscono per pregare e consumare insieme un semplice pasto di magro. Un’altra caratteristica di questo periodo sono i canti legati alle cene quaresimali che si svolgono ancora in alcune comunità dell’Italia meridionale.
A Sessa Aurunca il periodo quaresimale è ricco di celebrazioni che vedono protagoniste le sei confraternite locali. In questo antico centro dell’alto Casertano, la tradizione vuole che in occasione dell’esposizione in chiesa nei venerdì di Quaresima dei Misteri della Passione, (dei gruppi plastici raffiguranti delle scene della Passione di Cristo che comporranno il corteo processionale del Venerdì Santo) al termine del rito religioso, un ristretto numero di confratelli ed amici si ritrovi in una casa accogliente e consumi una cena di magro, intervallata dall’esecuzione di alcuni canti penitenziali. Di grande suggestione è la riproduzione in coro delle varie marce funebri tipiche del repertorio bandistico locale che vengono cantate dai commensali “imitando” il suono e la linea melodica di uno strumento. La riproduzione è così suggestiva e curata da far sembrare il gruppo di cantori una vera banda musicale.
IL SOGNO DI MARIA
Pregamo Dio de non venire a morte
che non ce serri quelle sante porte
le sante porte de lu Paradiso
dove che se fa festa canto e riso
Che ci dormiva la mamma Maria
il suo figliolo annava e rivenia
“Perché non dormi Voi Madre Maria?”
“Un brutto sogno io me so’ sonniato
T’hanno portato al monte Calvario
il sangue vi colava da ogni lato
un angelo santo l’aricojea
in quello sante altare lo mettea
Dopo la santa messa se dicea
dopo le sante messe furno ditte
dopo le sante messe furno ditte
che ’n mezzo al Paradiso stanno scritte
O Fijo o fijo quanto so’ dolente
che nove mesi t’ho portanto in ventre
che nove mesi t’ho portanto in ventre
ora ti vedo alla croce pennente”.
Questo canto di passione umbro, tratto dalle raccolte di Oreste Grifoni, pubblicate a Foligno nel 1911 e riedito da Pier Paolo Pasolini nel suo Canzoniere italiano (1955), racconta il sogno premonitore di Maria della passione e morte di Gesù Cristo. Ispirato probabilmente al passo evangelico (Luca 2,25-35) relativo alla presentazione al tempio e alla premonizione di Simeone, il canto evidenzia un forte impianto drammaturgico espresso nel dialogo fra Gesù e la Madonna. L’apertura contiene una formula tipica che ha il carattere di invocazione e di introduzione alla narrazione. Così strutturato il canto appartiene al repertorio delle sacre rappresentazioni, ancora largamente diffuse in Umbria e in tutto il territorio nazionale. In questo canto quello che colpisce è l’immagine umanizzata della Madonna che sogna suo figlio. La scena della narrazione è caratterizzata da segni molto forti come il sangue raccolto nel calice dagli angeli e si chiude con la visione dolente della croce.
Ambrogio Sparagna
© Avvenire, 18 marzo 2016