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Il gioco d'azzardo è irrazionale, eppure...

Il gioco d’azzardo è la quinta industria italiana, dietro Fiat, Telecom, Enel, e i film, la prima per ritmi di crescita, movimenta qualcosa come il 2% del Pil, è la prima causa dell’indebitamento degli italiani. Ed è un fenomeno che sta crescendo: il 2009 si è chiuso con un incasso di oltre 53 miliardi di €uro per lotterie, slot machines, giochi on-line, scommesse e le decine di altre offerte dei concessionari dei Monopoli di Stato.

japan.jpgLa grande maggioranza degli italiani gioca. Al Lotto, alle scommesse, al Gratta e Vinci, al Poker On-line. E il gioco d’azzardo è diventato in Italia una vera e propria industria che permette di rimpinguare le casse dello Stato. A scapito dei cittadini che tentano la fortuna…
Cinquanta miliardi di euro. Sono i soldi che lo Stato spende per gestire l’enorme macchina dell’istruzione in Italia, quindi le scuole, i professori, i bidelli, la manutenzione, gli acquisti, gli investimenti…
Ma cinquanta miliardi sono anche i soldi che spendono gli italiani nel gioco d’azzardo ogni anno. Una cifra enorme, che colloca il Belpaese al terzo posto nel mondo, dopo Giappone e Regno Unito. In Italia gioca l’80% delle persone: chi raramente, chi tutti i giorni, chi più volte al giorno. Il gioco d’azzardo è la quinta industria italiana, dietro Fiat, Telecom, Enel, e i film, la prima per ritmi di crescita, movimenta qualcosa come il 2% del Pil, è la prima causa dell’indebitamento degli italiani. Ed è un fenomeno che sta crescendo: dal 2000 al 2008 si è passati da 17 a 47 miliardi di €uro di entrate. E il 2009 si è chiuso con un incasso di oltre 53 miliardi di €uro per lotterie, slot machines, giochi on-line, scommesse e le decine di altre offerte dei concessionari dei Monopoli di Stato.
Che gli operatori del gioco vogliano massimizzare i propri profitti è un fatto pacifico, ma cosa avviene quando è lo stesso Stato a regolamentarne il gioco e allo stesso tempo a ricavarne gli utili? Non è forse un uso improprio del potere? Dove è finita l’etica, il compito dello Stato è di tutelare i cittadini, in qualche modo di “educarli”, di pensare alla loro salute?
Sembra che la morale sia stata messa in secondo piano rispetto alle logiche economiche. E tutto ciò nella più completa indifferenza: poche voci si levano per denunciare la questione.
Sul gioco d’azzardo scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2413) che, seppur con poche righe, chiarisce il fenomeno in modo inequivocabile: “i giochi d’azzardo o le scommesse non sono in se stessi contrari alla giustizia. Diventano moralmente inaccettabili allorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù”.
Come ci è possibile resistere a questa schiavitù ed evitare i mali provocati dall’eccessiva dedizione al gioco?
Forse la risposta sta nel riscoprire una vita orientata dalle virtù, che sono “attitudini ferme, disposizioni stabili, perfezioni abituali dell’intelligenza e della volontà che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni e guidano la nostra condotta secondo la ragione e la fede (n. 1804)”.
La virtù cardinale della temperanza sembra appropriata al tema del gioco d’azzardo.
La temperanza, spiega il Catechismo al n° 1809 “è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati”.

Una moderazione e un equilibrio spesso gravemente assenti nella cultura contemporanea, soprattutto per quel che riguarda il gioco d’azzardo o le altre dipendenze.
Ma oltre all’impegno personale di ognuno, è compito dello Stato garantire la tutela dei cittadini, moderare quell’attrattiva dei piaceri (se potenzialmente pericolosi) anziché fomentarla. È compito dello Stato mettere in secondo piano il proprio interesse economico a favore del bene della collettività. Ed è lo Stato che deve riappropriarsi di una moralità e di un’etica che rischia di essere trascurata.
 

Stralci del dossier di F. Redolfi, Il cenacolo, n°5/2010

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