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Il Papa: Dio è un papà per noi

Lo ha detto Francesco all'udienza di oggi dedicata alla spiegazione della fede nella Risurrezione, a partire dalla prima lettera di Pietro

Il Papa, stamattina all'udienza generale in Piazza San Pietro, ha svolto la sua catechesi sul significato salvifico della Risurrezione di Gesù e sul perché senza di essa la nostra fede è vana.“La nostra fede – ha detto - si fonda sulla Morte e Risurrezione di Cristo, proprio come una casa poggia sulle fondamenta: se cedono queste, crolla tutta la casa. Sulla croce, Gesù ha offerto se stesso prendendo su di sé i nostri peccati e scendendo nell’abisso della morte, e nella Risurrezione li vince, li toglie e ci apre la strada per rinascere a una vita nuova. San Pietro lo esprime sinteticamente all’inizio della sua Prima Lettera, come abbiamo ascoltato: «Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce»”.

Il Papa ha quindi sottolineato che “l’Apostolo ci dice che con la Risurrezione di Gesù qualcosa di assolutamente nuovo avviene: siamo liberati dalla schiavitù del peccato e diventiamo figli di Dio, siamo generati cioè ad una vita nuova. Quando si realizza questo per noi? Nel Sacramento del Battesimo. In antico, esso si riceveva normalmente per immersione. Colui che doveva essere battezzato scendeva nella grande vasca del Battistero, lasciando i suoi vestiti, e il Vescovo o il Presbitero gli versava per tre volte l’acqua sul capo, battezzandolo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Poi il battezzato usciva dalla vasca e indossava la nuova veste, quella bianca: era nato cioè ad una vita nuova, immergendosi nella Morte e Risurrezione di Cristo. Era diventato figlio di Dio. San Paolo nella Lettera ai Romani scrive: voi «avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”». E’ proprio lo Spirito che abbiamo ricevuto nel battesimo che ci insegna, ci spinge, a dire a Dio “Padre”, e meglio “Abbà” è “papà”, così è il nostro Dio, è un papà per noi”.

© Avvenire, 10 aprile 2013

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L'Omelia a Santa Marta

«Il Signore ci salva con il suo amore»

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non vada perduto ma abbia la vita eterna»: su questa affermazione di Gesù contenuta nel Vangelo proposto dalla liturgia del giorno, il Papa ha svolto la sua breve omelia durante la Messa presieduta nella Cappellina della Casa Santa Marta. Con lui hanno concelebrato il cardinale Angelo Sodano e il cardinale Angelo Comastri, alla presenza di alcuni dipendenti della Fabbrica di San Pietro e del ministro italiano dell’Interno Anna Maria Cancellieri accompagnata dai familiari.

A volte vogliamo salvarci da soli "e crediamo di farcela", basando per esempio le nostre sicurezze sui soldi e pensiamo: "sono sicuro ho dei soldi, tutto si può fare, non c'è problema". Papa Francesco ha fotografato così la situazione di quanti cadono nella tentazione di confidare sulla ricchezza. Altre volte - ha proseguito nell'omelia della messa celebrata questa mattina alla Domus Santa Marta - "pensiamo di salvarci con la vanità, con l'orgoglio di crederci potenti. Anche quello non va". "Mascheriamo - ha osservato - la nostra povertà, i nostri peccati con la vanità, l'orgoglio, ma anche quello finisce".

Per Papa Francesco, "la vera salvezza" sta nella dignità che Dio ci ridona, nella speranza che Cristo ci ha dato nella Pasqua. Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perchè chiunque crede in Lui non vada perduto ma abbia la vita eterna".

"Il Signore - ha detto il Pontefice nel testo diffuso dalla Radio Vaticana - ci salva con il Suo amore: non ci salva con una lettera, con un decreto, ma ci ha salvato con il suo amore". Un amore così grande che lo spinge ad inviare suo Figlio che "si è fatto uno di noi, ha camminato con noi ? e questo ci salva". Ma - si chiede il Papa - "cosa significa, questa salvezza? Che significa essere salvati?". Significa - spiega - riavere dal Signore "la dignità che abbiamo perduto", la dignità di essere figli di Dio. Significa riavere la speranza.

Questa dignità cresce "fino all'incontro definitivo con Lui. Questa è la strada della salvezza, e questo è bello: lo fa l'amore soltanto. Siamo degni, siamo donne e uomini di speranza. Questo significa essere salvati dall'amore". Ma il problema - ha sottolineato - è che a volte vogliamo salvarci da soli "e crediamo di farcela", basando per esempio le nostre sicurezze sui soldi. Pensiamo a quella parabola del Vangelo, di quell'uomo che aveva il granaio tutto pieno e disse: 'Ne farò un altro per avere di più e poi dormirò tranquillò. E il Signore gli dice: 'Sciocco! Questa sera moriraì. Quella salvezza non va, è una salvezza provvisoria, è anche una salvezza apparente!".

"Facciamo oggi un atto di fede - è stato l'invito del nuovo Papa - 'Signore, io credo. Credo nel Tuo amore. Credo che il Tuo amore mi ha salvato. Credo che il Tuo amore mi ha dato quella dignità che non avevo. Credo che il Tuo amore mi dà la speranza". E "soltanto l'amore di Dio" può dare la vera dignità e la vera speranza. "È bello credere nell'amore - ha concluso Francesco - questa è la verità. È la verità della nostra vita. Facciamo questa preghiera: 'Signore, credo nel Tuo amore. E apriamo il cuore perchè questo amore venga, ci riempia e ci spinga ad amare gli altrì".

© Avvenire, 10 aprile 2013