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Che cosa spinge un commentatore che si definisce cattolico, e dimostra una certa competenza su temi e posizioni ecclesiastiche a invocare con violenza addirittura eresie e roghi?

new-blog.jpg«Al rogo gli eretici della curia!... e l'arcivescovado sia trasformato in casa accoglienza per ragazze madri»! L'argomento che suscita questo commento è una questione delicata e complessa ma non epocale, peraltro dibattuta a seguito di un'intervista contestata, riportata dal passaparola degli altri commenti e lanciata con un titolo a senso unico. Il luogo della disputa, la bacheca Facebook di un organo di informazione cattolico. Il commento in questione è firmato con nome e cognome e foto di profilo d'ordinanza.  E forse galleggia ancora nel web da qualche parte.

Cosa spinge il nostro commentatore - che si definisce cattolico, e dimostra una certa competenza su temi e posizioni ecclesiastiche - a invocare con violenza addirittura eresie e roghi?

E chi sono coloro che nella Rete tempestano con parole violente, minacce e commenti senza alcun accenno di misericordia - e di consapevolezza della potenza delle parole scritte - in particolare, blog e social network in cui si parla di Chiesa e vita nella Chiesa?

Luigi Accattoli, in un articolo su Il Regno, nel 2009 scriveva : "Io credo che la violenza dei blog superi quella della realtà". E che questo non è meno vero per social network e blog e siti esplicitamente cattolici. E continuava:

Non c'è soltanto la rissa ideologica, ma anche quella caratteriale. Uno non sopporta un altro e lo tormenta a ogni momento. Un mio visitatore che non nomino il 25 gennaio così interloquisce con altri due: "Mi piacciono sempre tanto: non capiscono nulla, ma devo chiedere scusa al secondo per averlo finora messo sullo stesso piano del primo, che è inarrivabile". Chi nella vita associata si comporterebbe così?

I rivoli di riflessione - psicologia, teoria della comunicazione, sociologia etc etc - sarebbero tanti. Ma lasciamo aperte le domande.

Ne seguiamo solo uno che riguarda un tema caro a Vino Nuovo: l'opinione pubblica nella Chiesa.

Ancora Luigi Accattoli:

C'è chi si esprime con violenza nella Rete perché non trova spazio nella realtà. Il fatto che posizioni ecclesiali marginali si manifestino più nei blog che nelle parrocchie sta a segnalare una mancanza di accoglienza nei luoghi ordinari della comunità".

Insomma, alcuni sfruttano il web per dire qualcosa. Spesso (non sempre) in anonimato, perché hanno "paura". E si esprimono in rete come non farebbero in parrocchia.

Perché si ritroverebbero in minoranza? Perché verrebbero scherniti o rimbrottati da qualcuno, magari dotato di autorità? O semplicemente perché non vogliono, o non possono, trovare nella loro parrocchia quella "compagnia" (community... comunità) che trovano in rete?

Dai blog, (specie da alcuni commenti) sembra emergere una Chiesa divisa, polarizzata, polemica anzitutto al suo interno (a volte le dispute tra sedicenti "conservatori" e "progressisti", o pro e contro quel certo movimento, sembrano molto più virulente di quelle con "anticlericali" e "laicisti").

È internet che, come mezzo/luogo di comunicazione, esaspera questi aspetti?  Ma in che misura chi frequenta questi luoghi virtuali è statisticamente rappresentativo, per così dire, del cattolicesimo italiano? Tanti interrogativi aperti, alcuni anche poco rassicuranti.

Come scriveva - ancora una volta - Luigi Accattoli:

Che cosa ho imparato bloggando? Che la Rete è piena di animosi e sgarbati, alcuni caratteriali altri ideologici. Decisissimi tutti a influenzare il prossimo e convinti di poterlo fare con quattro battute bene assestate. Ma siccome nulla vi è nella Rete che non sia prima nella realtà, l'emergere di tanta violenza è interessante a conoscersi. In parte è un gioco, favorito dall'uso dei nicknames: tra i miei visitatori solo un paio usano nome e cognome. E chi non firma magari attacca smodatamente chi firma.

Ma non è solo un gioco. Tutta quella violenza sta anche a dire che intorno a noi c'è gente che non vede l'ora di menar la lingua e forse anche le mani. Ci ricorda che la violenza seduce più della mitezza e che il disprezzo dell'altro è un sentimento sempreverde in questo basso mondo.

Ebbene?

Abbiamo di recente ascoltato la proposta spirituale di Benedetto XVI nel suo messaggio in vista della 46ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, con la comunicazione riproposta come dinamica tra "silenzio" e "parola":

«Due momenti della comunicazione che devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vicinanza tra le persone (...)

Nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezza ciò che desideriamo dire o ciò che ci attendiamo dall'altro, scegliamo come esprimerci. Tacendo si permette all'altra persona di parlare, di esprimere se stessa, e a noi di non rimanere legati, senza un opportuno confronto, soltanto alle nostre parole o alle nostre idee (...)

Il silenzio è prezioso per favorire il necessario discernimento tra i tanti stimoli e le tante risposte che riceviamo, proprio per riconoscere e focalizzare le domande veramente importanti (...)

Per questo è necessario creare un ambiente propizio, quasi una sorta di "ecosistema" che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni».

Un'indicazione spirituale e, quindi, molto concreta, che si può tradurre anche in cose apparentemente spicciole: attenzione nell'uso della parola scritta, attesa e ascolto (di sé e dell'interlocutore) prima di reagire, consapevolezza che dall'altro lato dello schermo - nickname o no, che "bari" o no - c'è una persona, una storia e una vita di carne.

Su questo blog possiamo proporci di continuare a costruire piano piano questo "ecosistema", un otre nuovo per il Vino Nuovo. Per chi come noi scrive, e spesso, sul web è una provocazione non da poco. E per voi?

Simone Sereni e Luca Grasselli

© www.vinonuovo.it, 28 febbraio 2012

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