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Ite, missio est. Vita consacrata, Vocazione della Famiglia e Missionarietà

«Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi” dei più piccoli e abbandonati», ha spronato il Papa all'Angelus del 6 Settembre u. s.

Sullo sfondo dell'Anno della Vita Consacrata, i consacrati, sia di vita attiva che di vita contemplativa, e le comunità parrocchiali sono invitati «ad esprimere la concretezza del Vangelo: ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma» (Papa Francesco, 06.09.2015). Di fatto Gesù ci esorta ad annunciare concretamente la Parola, in una sorta di "Missio ad gentes" che oggi si realizza "a domicilio", interpellandoci con vigore.

Parafrasando San Giacomo, senza l'Opera della Missione la Fede è morta in se stessa. Non si tratta semplicemente di offrire una collocazione logistica a gente che necessita soprattutto di accoglienza amorevole, che lenisca le piaghe fisiche, morali e spirituali causate dalle violenze subite in Patria, dallo strappo straziante e pur necessario dai loro Paesi, dai rischiosi e costosissimi viaggi della speranza; è  necessario, piuttosto, accogliere nelle proprie famiglie queste Icone di Cristo che hanno sì fame e sete di cibo, ma ancor più fame e sete di fraternità, di ascolto, di riconoscimento della "ricchezza" che possono offrirci. Purché glielo permettiamo!

E se noi religiosi forse non abbiamo ben compreso l'invito del Santo Padre ad aprire opere parrocchiali, foresterie e persino monasteri per le famiglie di altra cultura ed espressione religiosa, i nostri fedeli laici molto probabilmente si rivelano più attenti e pronti di noi a questa concreta attuazione del Vangelo. Allora, sarà soprattutto la famiglia a divenire apostola dei vari nuclei familiari che oggi bussano alle nostre porte; mentre noi consacrati, illuminati da così trainante esempio, saremmo più autentici nella comunione, richiesta sia nelle nostre comunità di vita consacrata che in quelle a noi affidate pastoralmente. Solo così diverremmo coscienti che «l'annuncio del Vangelo, prima di essere un bisogno per coloro che non conoscono Gesù, è una necessità per chi ama il Maestro» (Papa Francesco).

E mi sia concessa quest’ultima riflessione.

Non pochi ritengono esagerata l'attenzione da offrire ai profughi, ben sapendo quante siano le necessità in cui versano i cittadini europei e gli stessi abitanti delle nostre città.

È vero! Ma chi ci vieta di impegnarci in un ambito senza trascurarne altri? Ovviamente, ciascuno secondo il carisma ricevuto e le situazioni più urgenti.

È proprio a tal proposito che nel Documento di preparazione al Sinodo dei Vescovi siamo provocati ad affrontare le varie “sfide” che ci vengono presentate: le famiglie ferite (separati, divorziati, monoparentali), la terza età, la vedovanza, l’ultima stagione della vita, i matrimoni misti, il lutto in famiglia, la disabilità, la bioetica, l’impegno socio-politico a favore della famiglia, l’adozione e l’affido, l’omosessualità (cfr.: Instrumentum Laboris per la XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi – dal 04 al 25 Ottobre 2015 - su La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo).

Consegno a voi tutti, miei carissimi, queste brevi riflessioni, con l’auspicio che diventino il binario su cui far scorrere la missionarietà e la risposta alla Parola del Cristo, che interpella la nostra Diocesi, in merito ad un’attualità della vocazione della famiglia e ad una specifica risposta della vita consacrata.

sac. Ambrogio Avelluto

Direttore diocesano Ufficio/Centro Missionario

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