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«Lasciatemi cantare, sono italiana». «No, sei africana»

Una liceale figlia di genitori africani ma con la cittadinanza del nostro Paese si è vista rifiutare la partecipazione a un concorso canoro a Verona perché per l'organizzatore «ci sono anche cinesi nati in Italia ma non sono italiani». E si riaccende il dibattito sullo ius soli (anche se in questo caso non c'entra)

Dora, 15 anni, nata a Verona ma da genitori di origine africana, in possesso della cittadinanza italiana, è stata rifiutata da un concorso canoro a cui voleva partecipare. Motivo: «Italiani si nasce, non si diventa. E si nasce da genitori italiani», le ha spiegato l'organizzatore. L'episodio è stato rivelato dalla stessa ragazza sulla sua pagina Facebook, dove ha allegato lo screenshot del suo dialogo con l'organizzatore del festival "Canta Verona".  Alla sua richiesta di maggiori informazioni riguardo al concorso si è sentita rispondere con un lapidario. "Non accetto stranieri". Lei ha insistito: "Se ho la cittadinanza italiana non sono una straniera, di conseguenza posso partecipare, no?" . Ma l'uomo è stato irremovibile. "No!!! Italiani si nasce non si diventa e si nasce da genitori italiani... io la penso così ed è riservato esclusivamente ad italiani di fatto". E per rendere ancora più chiaro il concetto ha aggiunto: " "Ci sono anche cinesi nati in Italia, ma non sono italiani".,

La famiglia di Dora è di origini ghanesi e vive in Italia da oltre trent'anni. L'organizzatore le ha poi chiesto scusa, ma solo dopo che la loro conversazione è stata resa pubblica. Così il caso è esploso, tanto che ha ritenuto opportuno intervenire il governatore della regione Veneto, il leghista Luca Zaia: "Fatela cantare e basta, che non si venga a dire adesso che serve lo ius soli per questo caso". "Abbiano ben altri problemi - ha continuato - che star qui a vietare ad una ragazzina di cantare in un concorso. Si faccia questo atto e si eviti di aprire un'altra polemica, magari con qualcuno che ci venga a dire che per risolvere questi problemi ci vuole lo ius soli". "Lo ius soli - ha ricordaro Zaia - mi vede contrario, perchè il buon senso deve risolvere problemi come questi senza fare delle leggi. Si tratta semplicemente di dare un segnale di civiltà; non si arrivi a dire che serve lo ius soli. Fatela cantare e sia finita qui".

Giova solo ricordare al Governatore Zaia che in questo caso lo ius soli non c'entra nulla, dato che Dora è già cittadina italiana perché lo sono i suoi genitori, mentre la legge al momento insabbiata in Parlamento prevede che un bambino nato in Italia diventi automaticamente italiano se almeno uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da almeno 5 anni. In più, potrebbero ottenere la cittadinanza anche i minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il 12esimo anno, che abbiano “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”. La frequenza del corso di istruzione primaria deve essere coronata dalla promozione. I ragazzi arrivati in Italia tra i 12 e i 18 anni, poi, potranno avere la cittadinanza dopo aver risieduto legalmente in Italia per almeno sei anni e aver frequentato “un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo”: è il cosiddetto ius culturae.

La storia di Dora è sintomatica proprio di questo: prima ancora di ogni dibattito politico, c'è un'arretratezza culturale in una fetta consistente della popolazione che sembra essersi fermata al 1983, quando al festival di Sanremo Toto Cutugno cantava: "Buongiorno Italia gli spaghetti al dente..."

Eugenio Arcidiacono

© www.famigliacristiana.it, mercoledì 16 agosto 2017

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