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«L'ecumenismo chiede una santa ostinazione, no alle scorciatoie»

Arrivato a Ginevra per i 70 anni del Consiglio mondiale delle Chiese papa Francesco ragiona del cammino che accomuna i cristiani di varie confessioni: protestanti, ortodossi e cattolici. Si deve agire insieme per amare meglio il mondo e non per contare di più, in una logica mondana di potere

Il Papa dà inizio alla preghiera in inglese. Accolto dal segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese, il reverendo Olav Fykse Tveit, da Agnes Abuom, moderatore, dai due vice moderatori, il metropolita Gennadios di Sassina e Mary Ann Swenson, vescovo, attraversa la hall del centro ecumenico fino alla cappella. Insieme, in questo Centro ecumenico dove ogni anno vengono accolti circa tremila visitatori e che si trova a due passi dagli uffici delle Nazioni Unite a Ginevra, tutti pregano e cantano insieme.

Papa Francesco è l’unico a prendere la parola, dopo aver ascoltato le parole della Lettera di San Paolo ai Galati. È da qui che il Papa prende spunto per ricordare che «siamo chiamati, insieme, a camminare». Già in aereo, parlando con i giornalisti al suo seguito, aveva sottolineato che «questo è un viaggio verso l’unità». Un cammino difficile che però bisogna intraprendere. «Abbiamo ascoltato le parole dell’Apostolo Paolo ai Galati, che sperimentavano travagli e lotte interne», ha spiegato subito Francesco. E a loro, che, divisi in gruppi, «si affrontavano e si accusavano a vicenda», l’apostolo ricorda due volte in pochi versetti, che occorre «camminare secondo lo Spirito».

Camminare, però è «una disciplina, una fatica, servono pazienza quotidiana e allenamento costante. Occorre rinunciare a tante strade per scegliere quella che conduce alla meta e ravvivare la memoria per non smarrirla».

Per camminare occorre umiltà, cura dei compagni di viaggio, conversione continua. «Per questo tanti vi rinunciano, preferendo la quiete domestica, dove curare comodamente i propri affari senza esporsi ai rischi del viaggio. Ma così ci si aggrappa a sicurezze effimere, che non danno quella pace e quella gioia cui il cuore aspira, e che si trovano solo uscendo da sé stessi».

Ma fin dall’inizio i cristiani sono chiamati a camminare, già da Abramo al quale «fu chiesto di lasciare la sua terra, di mettersi in cammino equipaggiandosi solo di fiducia in Dio». Il Papa cita Mosè, Pietro e Paolo. Cita, soprattutto Gesù che, «per noi è uscito dalla sua condizione divina e tra noi è sceso a camminare».

Camminare secondo lo Spirito, un esercizio che richiede il rifiuto di ogni mondanità per scegliere la logica del servizio. La scelta è chiara: o si cammina secondo lo Spirito, seguendo il tracciato inaugurato dal Battesimo, oppure si cerca di «soddisfare il desiderio della carne». L’espressione suata nella Lettera ai Galati, sottolinea Francesco, «significa provare a realizzarsi inseguendo la via del possesso, la logica dell’egoismo, secondo cui l’uomo cerca di accaparrare qui e ora tutto ciò che gli va. Non si lascia accompagnare docilmente dove Dio indica, ma persegue la propria rotta. Abbiamo sotto gli occhi le conseguenze di questo tragico percorso: vorace di cose, l’uomo perde di vista i compagni di viaggio; allora sulle strade del mondo regna una grande indifferenza. Spinto dai propri istinti, diventa schiavo di un consumismo senza freni: allora la voce di Dio viene messa a tacere; allora gli altri, soprattutto se incapaci di camminare sulle loro gambe, come i piccoli e gli anziani, diventano scarti fastidiosi; allora il creato non ha più altro senso se non quello di soddisfare la produzione in funzione dei bisogni».

Oggi più che mai bisogna interrogarsi su quello che sta accadendo, su come la mentalità mondana si è infiltrata tra i cristiani creando divisioni. «Il nemico di Dio e dell’uomo», ha spiegato il Papa, «ha avuto gioco facile nel separarci, perché la direzione che inseguivamo era quella della carne, non quella dello Spirito. Persino alcuni tentativi del passato di porre fine a tali divisioni sono miseramente falliti, perché ispirati principalmente a logiche mondane. Ma il movimento ecumenico, al quale il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha tanto contribuito, è sorto per grazia dello Spirito Santo».

Per la logica mondana questo cammino è in perdita, «l’ecumenismo è una grande impresa in perdita», scandisce il Papa, ma si tratta di una perdita secondo la logica di Dio, di «una perdita evangelica, secondo la via tracciata da Gesù: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”». E anche se si può pensare che in questo modo «non si tutelano a dovere gli interessi delle proprie comunità, spesso saldamente legati ad appartenenze etniche o a orientamenti consolidati, siano essi maggiormente “conservatori” o “progressisti”», in realtà lasciare la logica mondana che predilige il proprio è «scegliere di essere di Gesù prima che di Apollo o di Cefa , di Cristo prima che “Giudei o Greci”, del Signore prima che di destra o di sinistra».

In questo cammino bisogna guardarsi dalle tentazioni di «stare insieme agli altri, camminare insieme, ma con l’intento di soddisfare qualche interesse di parte. Questa non è la logica dell’Apostolo, è quella di Giuda, che camminava insieme a Gesù ma per i suoi affari. La risposta ai nostri passi vacillanti è sempre la stessa: camminare secondo lo Spirito, purificando il cuore dal male, scegliendo con santa ostinazione la via del Vangelo e rifiutando le scorciatoie del mondo».

Nel settantesimo anniversario del Consiglio il Papa chiede «allo Spirito di rinvigorire il nostro passo» che troppo facilmente «si arresta davanti alle divergenze che persistono; troppo spesso si blocca in partenza, logorato di pessimismo. Le distanze non siano scuse, è possibile già ora camminare secondo lo Spirito: pregare, evangelizzare, servire insieme, questo è possibile e gradito a Dio!».

La strada maestra è «camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme». In questo modo si arriva all’unità e anche alla pace. Al contrario, la strada della divisione conduce «a guerre e distruzioni». La divisione, lo aveva già detto anche incontrando a Istanbul il patriarca Bartolomeo, è uno «scandalo» per il mondo. «Il Signore ci chiede unità; il mondo, dilaniato da troppe divisioni che colpiscono soprattutto i più deboli, invoca unità».

E l’unità «non è una strategia per far maggiormente valere il nostro peso, ma un atto di obbedienza nei riguardi del Signore e di amore nei confronti del mondo».

Annachiara Valle

© www.famigliacristiana.it, giovedì 21 giugno 2018

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