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Papa a Bari. "La Guerra una follia. Non alimentare l'odio"

Nel primo discorso, Francesco chiede pace e mette in guardia da nazionalismi e populismi. Il premier Conte fermato a Roma dall'emergenza Coronavirus

"La guerra è una follia". E alla pace "non c'è alternativa". Queste le prime parole del Papa a Bari. Dalla Basilica di san Nicola, dove è intervenuto per concludere l'Incontro "Mediterraneo frontiera di pace", il suo discorso si invola in tutto il bacino del Mare Nostrum e chiede alla comunità internazionale di non cedere alla logica dello "scontro di civiltà". "La guerra, che orienta le risorse all’acquisto di armi - ha sottolineato - e allo sforzo militare, distogliendole dalle funzioni vitali di una società, quali il sostegno alle famiglie, alla sanità e all’istruzione, è contraria alla ragione, secondo l’insegnamento di san Giovanni XXIII. In altre parole, essa è un’autentica follia, perché è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umane ed economiche. È una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare: mai la guerra potrà essere scambiata per normalità o accettata come via ineluttabile per regolare divergenze e interessi contrapposti. Il fine ultimo di ogni società umana rimane la pace, tanto che si può ribadire che non c’è alternativa alla pace, per nessuno". Perciò il Pontefice è tornato a sottolineare "l'ipocrisia" dei governi che parlano di pace e poi commerciano in armi.

Giunto in elicottero poco dopo le otto, Francesco è stato accolto dall’arcivescovo di Bari-Bitonto, Francesco Cacucci, dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, dal prefetto di Bari, Antonia Bellomo, e dal sindaco della Città, Antonio Decaro. Quindi si è trasferito in auto alla Basilica di San Nicola, dove ha ascoltato l’introduzione del presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Gualtiero Bassetti, e gli interventi dell’arcivescovo di Vrhbosna-Sarajevo cardinale Vinko Puljić, e dell’amministratore Apostolico “sede vacante” del Patriarcato Latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, prima di prendere la parola.

Il discorso in San Nicola

Alla lettura del discorso Francesco ha anteposto un pensiero a braccio, definendo "Bari capitale dell'unità", in riferimento anche all'incontro di un anno e mezzo fa di tutti i capi delle chiese cristiane, cui egli stesso era presente. "Quella era la prima volta dopo lo scisma - ha detto -. Oggie è la prima volte dei vescovi del Mediterraneo". Quindi ha proseguito: "Non c’è alcuna alternativa sensata alla pace, perché ogni progetto di sfruttamento e supremazia abbruttisce chi colpisce e chi ne è colpito, e rivela una concezione miope della realtà, dato che priva del futuro non solo l’altro, ma anche se stessi. La guerra appare così come il fallimento di ogni progetto umano e divino". E sempre a proposito di pace, Francesco chiede di "non dimenticare il conflitto ancora irrisolto tra israeliani e palestinesi, con il pericolo di soluzioni non equee, quindi, foriere di nuove crisi".

Molti gli spunti contenuti nelle parole del Pontefice. la denuncia delle disuguaglianze che creano ingiustizia, ad esempio. "A cosa serve, del resto una società che raggiunge sempre nuovi risultati tecnologici, ma che diventa meno solidale verso chi è nel bisogno?". Quindi la questione migratoria, "con le sue dinamiche epocali". Francesco ha avuto espressioni molto nette a proposito dei nazionalismi: "Si fa strada un senso di paura, che porta ad alzare le proprie difese davanti a quella che viene strumentalmente dipinta come un’invasione. La retorica dello scontro di civiltà serve solo a giustificare la violenza e ad alimentare l’odio. L’inadempienza o, comunque, la debolezza della politica e il settarismo sono cause di radicalismi e terrorismo. La comunità internazionale si è fermata agli interventi militari, mentre dovrebbe costruire istituzioni che garantiscano uguali opportunità e luoghi nei quali i cittadini abbiano la possibilità di farsi carico del bene comune". A braccio ha quindi ripetuto un concetto più volte ribadito durante il Pontificato: "Mi fa paura quando ascolto i discorsi di certi leader dei nuovi populismi. Mi fanno ricordare i discorsi degli anni '30 del secolo scorso".

Un altro capitolo del discorso è stato riservato alla tutela delle minoranze e della libertà religiosa. "Alziamo la voce per chiederle ai governi", ha detto. "La persecuzione di cui sono vittime soprattutto ma non solo le comunità cristiane è una ferita che lacera il nostro cuore e non ci può lasciare indifferenti. Nel contempo, non accettiamo mai che chi cerca speranza per mare muoia senza ricevere soccorso o che chi giunge da lontano diventi vittima di sfruttamento sessuale, sia sottopagato o assoldato dalle mafie".

La questione si intreccia a quella dell'accoglienza e di "una dignitosa integrazione". Tappe di un processo non facile, ha detto il Papa, "ma è impensabile poterlo affrontare innalzando muri". Tra l'altro, ha aggiunto il Pontefice, il Mediterraneo "è il mare del meticciato, culturalmente sempre aperto all'incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione". Non lasciamo, ha proseguito, "che a causa di uno spirito nazionalistico, si diffonda la persuasione contraria, che cioè sono privilegiato gli Stati meno raggiungibili e geograficamente più isolati". Francesco ha perciò un sogno. "Guardare a questo mare già divenuto cimitaero come a un posto di futura vrisurrezione per tutta l'area". Dialogo e accoglienza dunque. "Per chi crede nel Vangelo, il dialogo non ha semplicemente un valore antropologico, ma anche teologico. Ascoltare il fratello non è solo un atto di carità, ma anche un modo per mettersi in ascolto dello Spirito di Dio". Invece Troppo spesso la storia ha conosciuto contrapposizioni e lotte, fondate sulla distorta persuasione che, contrastando chi non condivide il nostro credo, stiamo difendendo Dio. In realtà, estremismi e fondamentalismi negano la dignità dell’uomo e la sua libertà religiosa, causando un declino morale e incentivando una concezione antagonistica dei rapporti umani. È anche per questo che si rende urgente un incontro più vivo tra le diverse fedi religiose, mosso da un sincero rispetto e da un intento di pace". Il documento di Abu Dhabi, che il Papa cita, è sicuramente un esempio in tal senso.

Il saluto di Bassetti e dei vescovi

Il Pontefice conclude così l'Incontro "Mediterraneo frontiera di pace", di cui aveva ascoltato un sunto dei lavori nei saluti iniziali. "La sua presenza - gli aveva detto il cardinale Bassetti - corona di grazia queste giornate di incontro e riflessione, di fraternità e condivisione". Quindi, citando La Pira, il porporato, aveva ricordato che "i popoli dei Paesi rivieraschi, con l’appartenenza alla comune radice di Abramo, condividono una visione della vita e dell’uomo che, nonostante le profonde differenze, è aperta ai valori della trascendenza. E da qui discende la visione comune non solo della sacralità di ogni vita umana, ma anche della sua intangibilità. Con questo Incontro - aveva concluso - abbiamo iniziato a mettere in pratica questa visione".

Anche il cardinale Puljic aveva sottolineato: "Siamo contenti che, durante queste giornate, abbiamo incontrato cuori disposti ad ascoltare, pensare con noi e cercare insieme modi di cooperazione e sostegno. Abbiamo bisogno di sentirci accompagnati e di essere sostenuti rispetto ai potenti, ai quali chiediamo di lavorare di più per costruire la pace, il dialogo e la cooperazione. Sentiamo l’importanza di essere visitati dagli altri Pastori nelle nostre Chiese e di aiutarci a trovare i modi per compiere la nostra missione in questo mondo".

Infine l'arcivescovo Pizzaballa aveva ricordato che tra i frutti dell'Incontro c'è la necessità di "rafforzare iniziative di conoscenza reciproca, anche agevolando gemellaggi di diocesi e parrocchie, scambio di sacerdoti, esperienze di seminaristi, forme di volontariato. “Venite e vedete” è stato il nostro motto. Finora, forse si è molto “parlato sulle Chiese e le loro realtà”. Ora bisogna passare al “parlare con le Chiese e le loro realtà”. L’ospitalità, che è tipica della cultura mediterranea, deve iniziare innanzitutto tra noi".

Dopo il discorso del Papa, parole di ringraziamento gli erano state rivolte dall'arcivescovo di Algeri, Paul Desfarges. "In tutto il mondo, anche nel Maghreb da dove vengo, a maggioranza musulmana, i suoi gesti e le sue parole sono ascoltati - aveva sottolineato -. La gente ci dice: questo Papa ci vuole bene. Sì, Santo Padre, la sua parola passa perché è piena di umanità. Lei ci aiuta a essere, come lei, non solo servitori delle nostre comunità, ma servitori di tutti gli abitanti del nostro Mediterraneo, cristiani, musulmani, ebrei, cercatori di senso, uomini e donne di buona volontà. Se i suoi gesti e le sue parole suscitano qualche volta delle resistenze, molto più spesso infondono una grande speranza". Come appunto la speranza accesa a Bari dai gesti e dalle parole del Pontefice, che a conclusione della tappa in San Nicola, scende nella cripta per venerare le reliquie del Santo e salutare la comunità dei Domenicani, ai quali la Basilica stessa è affidata. Il rettore, padre Giovanni Distante, gli dona un reliquiario con la manna, il liquido che trasuda dalle ossa del vescovo di Mira.

Il saluto ai fedeli

Uscito quindi all'esterno della Basilica dopo un incontro riservato con i Patriarchi presenti, il Papa ha rivolto parole di saluto ai fedeli assiepati sul sagrato: “Io vorrei ringraziarvi, perché voi state aiutando con le vostre preghiere il lavoro dei pastori, che sono la forza della comunità cristiana”. “Si sono sentiti accompagnati e sicuri con le vostre preghiere”, ha proseguito Francesco sempre fuori testo, sottolineando l’importanza di questo “apostolato”: “Per la Chiesa, per i pastori”. “Nei momenti brutti si prega di più – ha spiegato il Papa – perché deve venire sempre il Signore a risolvere i problemi”, “Pregate, sempre!”, l’invito finale, prima della recita corale dell’Ave Maria.

Mimmo Muolo, inviato a Bari

© Avvenire, domenica 23 febbraio 2020

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