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Papa ai migranti: "Perdonateci, siete un dono non un peso"

Dopo la visita a Lesbo nella quale ha chiesto a gran voce che l’Unione Europea sia "solidale coi profughi", Francesco torna a denunciare con forza l'indifferenza e la chiusura delle nostre società verso i migranti. E dice: "Centro Astalli canto del cigno di padre Pedro Arrupe"

Foto Ansa"Troppe volte non vi abbiamo accolto! Perdonate la chiusura e l'indifferenza delle nostre società che temono il cambiamento di vita e di mentalità che la vostra presenza richiede. Trattati come un peso, un problema, un costo, siete invece un dono". Lo dice il Papa rivolto ai rifugiati in un videomessaggio per il 35/o anniversario della fondazione del Centro Astalli.

E aggiunge: "Siete la testimonianza di come il nostro Dio clemente e misericordioso sa trasformare il male e l'ingiustizia di cui soffrite in un bene per tutti. Perchè ognuno di voi può essere un ponte che unisce popoli lontani, che rende possibile l'incontro tra culture e religioni diverse, una via per riscoprire la nostra comune umanità". Chi fugge dalla propria terra per le guerre o la fame è "un fratello".

"La vostra esperienza di dolore e di speranza - dice Francesco rivolto ai rifugiati - ci ricorda che siamo tutti stranieri e pellegrini su questa Terra, accolti da qualcuno con generosità e senza alcun merito. Chi come voi è fuggito dalla propria terra a causa dell'oppressione, della guerra, di una natura sfigurata dall'inquinamento e dalla desertificazione, o dell'ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, è un fratello con cui dividere il pane, la casa, la vita".

Dopo la visita a Lesbo nella quale Francesco ha chiesto a gran voce che l’Unione Europea sia «solidale coi profughi», e dopo la decisione altamente simbolica di portare in Vaticano dodici migranti, Francesco torna a denunciare con forza l'indifferenza delle nostre società verso i migranti, definiti come un dono e non come un peso.

Francesco segue da vicino il lavoro dei suoi confratelli gesuiti del Centro Astalli. Nella sede romana del Centro egli era stato già il 10 settembre del 2013. Aveva esortato a non aver paura delle differenze e a impegnarsi insieme per la causa del bene comune e della dignità dell’uomo. In particolare aveva chiesto alla Chiesa di compiere gesti concreti e coraggiosi di accoglienza: «I conventi vuoti non servono a aprire alberghi e fare soldi: sono per la carne di Cristo, sono per i rifugiati», aveva detto.

E oggi ancora parole significative per il Centro:  "Siete la testimonianza di come il nostro Dio clemente e misericordioso sa trasformare il male e l'ingiustizia di cui soffrite in un bene per tutti. Perché ognuno di voi può essere un ponte che unisce popoli lontani, che rende possibile l'incontro tra culture e religioni diverse, una via per riscoprire la nostra comune umanità".

"Il Centro Astalli - dice il vescovo di Roma - è esempio concreto e quotidiano di questa accoglienza nata dalla visione profetica del padre Pedro Arrupe. E' stato il suo canto del cigno, in un centro di rifugiati in Asia. Grazie a voi tutti, donne e uomini, laici e religiosi, operatori e volontari, perché mostrate nei fatti che se si cammina insieme la strada fa meno paura. Vi incoraggio a continuare. Trentacinque anni sono solo l'inizio di un percorso che si fa sempre più necessario, unica via per una convivenza riconciliata. Siate sempre testimoni della bellezza dell'incontro. Aiutate la nostra società ad ascoltare la voce dei rifugiati. Continuate a camminare con coraggio al loro fianco, accompagnateli e fatevi anche guidare da loro: i rifugiati conoscono le vie che portano alla pace perché conoscono l'odore acre della guerra".

Paolo Rodari

© www.repubblica.it, 19 aprile 2016

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