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Processo breve. Il resto non conta

Tra le lotte di potere nella maggioranza, l'incertezza dell'opposizione e lo sfarinamento delle istituzioni, colpisce che l'unico elemento di coesione siano le "leggi ad personam".

presti_1366679.jpgIl dibattito in Parlamento ridotto a una rissa da ballatoio, non si era mai visto. Nemmeno sessant’anni fa, quando erano in discussione temi alti come l’adesione alla Nato e l’adozione di una legge maggioritaria: quella famosa “legge truffa” che, se fosse andata in porto, avrebbe risparmiato al Paese decenni di instabilità.

     I vecchi cronisti ricordano bene quei giorni, al Senato tavolette divelte dagli scanni e assalto al presidente Ruini, a Montecitorio l’ardente Pajetta che scavalcava i banchi. Ed anche qualche episodio marginale ma illuminante: il comunista Laconi che si rivolge a De Gasperi con il tu, “sei un servo dell’America”, e il premier che risponde impassibile: “Giovanotto, mi dia del lei...”.     

     Grandi passioni allora, anche aggressioni fisiche, ma ben pochi nessi con l’attualità. Non più temi elevati, oggi ci si scontra su temi bassi. Non sono in gioco l’ideologia o le scelte di campo, né tanto meno leggi che giovino agli interessi nazionali. Detto in massima sintesi, è essenzialmente una lotta di potere: ma non solo fra maggioranza e opposizione. Le divisioni, le rivalità sono vive in entrambi gli schieramenti. Fra chi comanda, al posto dell’interesse patrio prevale l’interesse personale: di qua l’immunità, di là il compenso con poltrone ministeriali o di sottogoverno. E per tutti, al posto della dialettica, la bagarre in aula, giornali e plastificati che volano, insulti, offese.       

     Giornali e tv fanno logicamente da megafono, i cittadini assistono attoniti. Si ha davvero la sensazione che le istituzioni si stiano sfarinando. Governo contro magistratura, e viceversa. Presidenza della Camera sotto tiro per mancanza di imparzialità. Ministri che lanciano parolacce od oggetti, dimenticando la dignità della loro carica. Ciascuno impegnato a dare il peggio di sè. Come dettaglio comico, Di Pietro stravolto perché il tesserino di Alfano ha colpito il suo e altri due partiti, neanche fosse caricato a mitraglia. Un clima, avrebbero detto i latini, da “cupio dissolvi”. E viene in mente un’altra citazione, “quos Deus vult perdere, dementat”. Superfluo tradurre. I politici in crisi demenziale li abbiamo visti dal vivo.       

     In questo quadro, con una opposizione incerta se battersi o assentarsi, e comunque ininfluente,  impressiona il fatto che l’unico elemento di vera coesione nella maggioranza sia costituito dalle leggi “ad personam”. Trecento e passa deputati non hanno esitato a prendere per autentica la storiella di Ruby nipote di Mubarak. Qualunque altra invenzione, se valida a togliere Berlusconi dagli impicci processuali, la voterebbero. Nel frattempo restano insoluti i veri problemi nazionali, giovani e lavoro, famiglie in crisi, espansione della criminalità, concorrenza con l’estero,  mancanza di progetti sull’immigrazione. “Fuori dalle scatole”, non solo i nordafricani ma tutto l’insieme. Processo breve, il resto non conta.  

Giorgio Vecchiato
© Famiglia Cristiana, 1 aprile 2011
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