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Roncalli e Wojtyla, il racconto dei miracoli

Momenti di commozione durante il briefing del pomeriggio, affollatissimo, nel Media Center, in vista della canonizzazione di Roncalli e Wojtyla

Oggi protagonisti sono i miracoli avvenuti per l'intercessione dei due Papi. A parlare suor Adele Labianca, figlia della Carità, responsabile dell'Ospedale Umberto I di Fasano (Brindisi) che curava suor Caterina Capitani, miracolata da Giovanni XXIII e Floribeth Mora Diaz, miracolata da Giovanni Paolo II. Le due donne hanno raccontato, con visibile emozione, i due episodi miracolosi.

Toccante la testimonianza di Floribeth. Il suo miracolo infatti è stato quello che ha portato a rendere Santo il Papa polacco. La costaricana Floribeth, accompagnata dal marito, ricorda come tutto iniziò l'8 aprile 2011 con un improvviso e fortissimo mal di testa, il suo calvario. La diagnosi era terribile: rottura di aneurisma fusiforme dell'arteria cerebrale media destra con emorragia subaracnoidea. Floribeth aveva, secondo i medici, un mese di vita. Medici che le consigliarono di tornare a casa per poter vivere gli ultimi giorni insieme alla sua famiglia. Il giorno della beatificazione di Wojtyla (primo maggio 2011), Floribeth, sua grande devota, segue la cerimonia in televisione. Intontita dai farmaci, aveva chiesto a Dio di farla restare sveglia. Dal letto vedeva lo schermo televisivo, sopra il quale aveva fissato un inserto del quotidiano costaricano 'La Nacion', che in copertina riportava la fotografia di Wojtyla nel giorno della sua elezione al pontificato, quando, allargando le braccia, salutava e benediceva il mondo intero. "Ho sempre pregato Giovanni Paolo II affinchè intercedesse per non farmi morire, non volevo abbandonare i miei figli... Nella mia parte umana avevo paura ma la mia fede era forte", afferma la donna. Alla fine della celebrazione Floribeth si addormenta ma, lei stessa afferma "una voce mi svegliò: era la voce di Giovanni Paolo II che mi diceva: alzati, non avere paura...". L'aneurisma era sparito.

Giovanni XXIII apparve invece a suor Caterina Capitani, suora delle Figlie della Carità della provincia napoletana, che cominciò ad accusare disturbi alla salute alcuni mesi dopo la vestizione all'età di appena 18 anni. È il 1962 e suor Caterina lavora come infermiera presso gli Ospedali Riuniti di Napoli. Un giorno un dolore intercostale, seguito da vomito con sangue la spaventa. "Era riservata e non voleva rivelare la sua malattia", dice suor Adele Labianca che poi ammette di essere stata costretta a dirlo ai superiori. Il male scomparve, per sette mesi, per poi ritornare più aggressivo: dopo radiografie a torace e stomaco da dove non si evinceva il perchè di quei conati di sangue, da un'esofagoscopia si scopre una zona emorragica nel segmento toracico: "Suor Caterina viene operata nel 1965 - racconta suor Adele - l'intervento dura 5 ore, durante il quale le vengono asportati i 3 quarti dello stomaco...". Nel maggio del 1966 la crisi acuta. Sullo stomaco di suor Caterina si aprì un buco dal quale uscivano i succhi gastrici. Si era formata una perforazione che aveva causata una fistola esterna. Era in atto una peritonite diffusa. La febbre era salita a 39,5. La situazione era disperata. "Durante la sua degenza, recitavamo il rosario in omaggio di Giovanni XXIII - continua suor Adele - suor Caterina era prostrata dalla sofferenza". Il miracolo avvenne alle 14.40 del 25 maggio 1966. È la stessa suora a raccontarlo in seguito. Mentre dormiva "suor Caterina - dice suor Adele - si svegliò sentendo una mano appoggiata al suo stomaco. Alla sua sinistra le apparve, seduto sul letto, Roncalli, in abiti papali, con un viso molto bello e sorridente che le disse: 'Mi hai molto pregato... Mi avete strappato dal cuore questo miracolo. Tu ora stai bene, non temere, non hai più niente. Suona il campanello, chiama le suore che stanno in cappella, fatti misurare la febbre e vedrai che la temperatura non arriverà neppure a 37 gradi. Mangia tutto quello che vuoi, come prima della malattia. Non avrai più niente. Va dal professore, fatti visitare, fà delle radiografie e fai mettere tutto per iscritto, perchè un giorno queste cose servirannò. Suor Caterina ci chiamò, aveva il viso trasfigurato e gridava 'Sono guarita, sono guarità e chiedeva di mangiare...". Anche il medico constatò che la fistola era sparita ("questa suora è strana nel bene e nel male", disse il professore Giuseppe Zannini, che la teneva in cura).

© Avvenire, 24 aprile 2014