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Se domenica non è più domenica

Manifestazione in tutta Europa contro la liberalizzazione degli orari. Ma in Italia è probabilmente una battaglia già persa

domenica-2_2605927.jpgDomenica, benedetta domenica. Ma la benedizione rischia di estinguersi, di trasformarsi in un giorno come gli altri. Il Governo Monti lo prevede espressamente (chissà se si è tagliato i capelli di domenica anche come azione simbolica della politica di governo). Ma non tutti ci stanno. E manifestano in favore di una battaglia che pare persa in partenza. Anche Confesercenti e Cgil, Cisl e Uil hanno infatti aderito alla “Giornata europea per le domeniche libere dal lavoro”, promossa dall’European sunday alliance. In Europa sono 80 gli organismi, dai sindacati alle chiese cristiane, che aderiscono a questa organizzazione, fondata a Bruxelles nel giugno 2011 con lo scopo di battersi per il rispetto dei giorni festivi.

Stamattina in tutte le piazze sono stati distribuiti volantini. A Modena all’uscita della Messa in Duomo è stato distribuito un volantino con scritto “Grazie di essere qui (e non all’ipermercato”). A Bolzano, Curia e sindacati hanno diffuso un manifesto in tre lingue (italiano, tedesco e ladino), per disincentivare la spesa domenicale. Come accennato, il decreto “Salva Italia” del governo Monti prevede la possibilità di tenere aperti negozi e supermercati 24 ore su 24 e sette giorni la settimana. Qualcuno oserà fermarlo in Parlamento?

Chi ha scritto questo articolo lo ha fatto di domenica e potrebbe essere tacciato di incoerenza. Ma quello dei giornalisti è un mestiere che rasenta l’ossessione. Inoltre, l’attività domenicale di chi lavora nei mass media, oltre che essere necessaria, è ben organizzata in turni di lavoro e orari che permettono a tutti di riposarsi. Sarebbe come chiedere ai pompieri di non lavorare per le feste. Ai commercianti, che sono molti di più, invece, lo si può chiedere, anche perché l’impatto sociale della liberalizzazione degli esercizi sarebbe (anzi, sarà) enorme.

Il provvedimento di Monti è infatti criticabile sia sotto il profilo economico che morale. Innanzi tutto non sta scritto da nessuna parte che aumenterà i consumi e l’occupazione nel settore. Al contrario, potrebbe danneggiarli ulteriormente. Tentativi analoghi effettuati negli anni scorsi non hanno prodotto un incremento ma hanno semplicemente aumentato i problemi degli addetti del settore, con un aumento, tanto per cambiare, del precariato nei contratti e nelle condizioni di lavoro. Dicono i sindacati: “Si continua ad alimentare la spirale della precarietà aggravata dal rischio di peggioramento dell’organizzazione del lavoro a partire dagli orari e dai turni trascinando anche il peggioramento delle condizioni economiche”. Insomma, il decreto sugli orari ha più lo scopo di aggiungere un’altra bandiera all’ideologia liberista che caratterizza questo governo di “tecnici” che quello di creare occupazione e produzione.

Inutile aggiungere che il decreto favorisce la grande distribuzione creando problemi enormi per i piccoli negozi, che costituiscono la rete capillare dei centri storici e dei piccoli Comuni. Come può una bottega retta da una famiglia tenere aperto sempre, anche alla sera tardi, magari per tener testa ai cinesi che hanno aperto una bottega analoga a cinquanta metri di distanza e che tengono aperto giorno e notte?

L’Italia dei negozi e dei supermercati aperti 24 ore su 24, sette giorni su sette, penalizza non poco la famiglia. Pensiamo ai nuclei familiari che hanno almeno uno dei componenti che lavora nel commercio. La domenica libera dovrebbe consentire alle famiglie e ai singoli individui di godere di serenità e distensione, di incontri tra parenti e in comunità, di riflessione, celebrazione festiva, vacanze, studio, di molteplici altri impegni.

Ma è difficile che questo Governo faccia un passo indietro. Anche perché non c’è in giro, a parte qualche rara iniziativa come quella di oggi, anche nel mondo cattolico (eppure si tratta del Terzo Comandamento), un clima granché interessato a quello che ci sta per capitare. Gli italiani paiono in altre faccende affaccendati. La maggior parte accoglierà il decreto come un occasione in più per fare quattro passi in centro la domenica pomeriggio.

Francesco Anfossi
 
© Famiglia Cristiana, 4 marzo 2012
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