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Sostegno alla famiglia: lo dice la Carta

Il presidente del Forum De Palo: vogliamo risposte

«Il dato demografico toglie slancio all’Italia. Prospettiva. Ci penso sempre. Mi interrogo ogni giorno. Perché e per chi tutti questi sacrifici? Che senso hanno se non facciamo più figli?». Una smorfia amara taglia il volto di Gigi De Palo mentre una riflessione dura mette sul banco degli imputati il governo e chi lo guida. «Renzi capisce che se non cambia rotta rischia di essere il curatore fallimentare del Paese? Lui parla di sogni, di bellezza... Non possono essere solo parole. Non c’è bellezza senza figli. Non c’è futuro. C’è solo decadenza. Dov’è l’Italia? Dove va? Ogni anni nascono 20 mila bambini in meno. Nel 1964 ne nascevano un milione, oggi meno della metà». Dieci secondi di silenzio poi una nuova riflessione amara.

«Colgo un’attenzione, una consapevolezza, anche uno sforzo di proposta del governo. Ma non bastano. Renzi ammette una drammatica emergenza demografica, riconosce la necessità di nuove politiche per la famiglia, ma non si può fermare ai titoli». Siamo nella casa romana del presidente del Forum delle famiglie. C’è rumore. I quattro bambini giocano. Si respira la vita mentre le domande si accavallano nette. «Dove va l’Italia senza figli?». Quell’interrogativo si lega a un’idea. A una soluzione che negli ultimi mesi si è costantemente affinata. «Fattore famiglia», ripete il presidente del Forum. E spiega: «Si tratta di individuare una 'no tax area familiare' che cresca secondo il numero dei componenti di quella famiglia». Capiamo la forza del progetto, De Palo però insiste. Ci guarda e recita a memoria, quasi meccanicamente, l’articolo 53 della Costituzione: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Ecco il punto: la capacità contributiva. Che dipende dal reddito disponibile, cioè 'pesato' secondo i carichi familiari. All’improvviso i ragionamenti lasciano il posto ai numeri. Il Forum ha un progetto, De Paolo lo spiega così: «La no tax area per un single potrà scendere a 7.200 euro. Per poi crescere in base al numero delle persone a carico: 11.520 con una, 15.840 con due, 20.160 con tre, 25.920 con quattro, 31.680 con cinque. La filosofia è chiara: più persone sono a carico, minore è la capacità contributiva e dunque più alta deve essere l’area di reddito esente da tasse. Se non si riconosce questo, si perpetua una grande ingiustizia».

Ancora un messaggio a Matteo Renzi?
La ricostruzione di un Paese e di un futuro passa dai figli. E chi crede nelle potenzialità di un Paese non ha paura di diventare padre o madre. Ma il governo deve capire fino in fondo l’emergenza e non mi pare che lo faccia. Per me- si e mesi ha messo la testa sulle unioni civili e ha dimenticato che troppe famiglie faticano a sopravvivere e che la grande sfida del presente è prenderle per mano. È eliminare le zavorre di un sistema ostile. È sostenerle.

Le unioni civili sono legge, ma ora si fa largo un referendum abrogativo che si propone di cancellarla. Il Forum lo sosterrà?
La legge sulle Unioni civili non mi convince per niente. Vedo contraddizioni, ambiguità, rischi. Ma voglio restare concentrato sull’unica vera priorità: la famiglia. La sfida è costruire, non distruggere. E guai se qualcuno pensasse di bilanciare gli effetti di una legge ingiusta e inutile come la Cirinnà con un qualche piccolo segnale alla famiglia. Serve un progetto vero, forte, articolato, un impegno corale del governo. E tutto questo serve ora, è vietato rinviare.

Ma la 'no tax area familiare' costa e la crisi è tutt’altro che passata…
È tutto vero, ma è anche vero che tutto dipende dalla volontà politica. C’è questa volontà? Renzi capisce questa emergenza? In Francia il quoziente familiare è stato introdotto durante la Seconda guerra mondiale. E noi? È vero, la no tax area familiare costa. A regime saranno 14 miliardi di euro. Ma la soluzione c’è: il progetto può essere avviato e portato avanti con gradualità. In una prima fase si potrà rimodulare il bonus da 80 euro in funzione del carico familiare: avremmo già 10 miliardi disponibili per un prima applicazione che andrebbe a sostituire integralmente l’attuale sistema di detrazioni per i figli a carico. Poi avanti per arrivare a regime in cinque anni. Facciamolo perché è ora di mettere qualche euro nelle tasche delle famiglie che non ce la fanno.

E che lasciano l’Italia...
Ogni anno 100 mila giovani fuggono da questo Paese per realizzare i loro sogni lavorativi. Un’emorragia drammatica con conseguenze gravi sul sistema Paese: i nostri figli vanno a pagare il debito estero di un paese concorrente. È inaccettabile. Non ho messo al mondo quattro figli per vederli su Skype. Non mi rassegno a vederli emigrare perché qui non trovano risposte. Le risposte ci possono essere, ci devono essere. Solo così salviamo il nostro Paese.

Arturo Celletti

© Avvenire, 14 maggio 2016

 

Unioni civili

 

Costa: «Più figli meno tasse è strada obbligata»

«È il momento di un grande patto con le famiglie. Ne parlerò nei prossimi giorni con il ministro Padoan, serve un segnale per le famiglie numerose, in gran parte a rischio povertà, già nella prossima Legge di stabilità». Enrico Costa, ministro per gli Affari Regionali ha assunto la delega alla Famiglia da poco più di tre mesi. «Sin qui non sono mai riuscito, mediaticamente, a portare l’attenzione su questo tema. I fari erano tutti puntati sulle unioni civili. Ora, si può finalmente voltare pagina». La prima occasione per far valere il fattore famiglia è l’approvazione, prevista per giugno, del Social act, che prevede misure di contrasto della povertà. «Si dovrà tener conto dei carichi familiari - chiede Costa -. Il 30% delle famiglie con tre o più figli è sotto la soglia di povertà».

La priorità numero uno diventa la denatalità.
Ai primi di giugno sarò in Francia per parlare con il mio omologo in un Paese che questa inversione di tendenza l’ha posta in essere. Non è più rinviabile una strategia incisiva di intervento anche in Italia.

I dati da noi, invece, sono sempre più impressionanti.
Negli ultimi 6-7 anni le nascite sono diminuite di 100mila unità. Rispetto a 7 anni fa abbiamo 100mila culle vuote, l’equivalente di un capoluogo di provincia di media importanza. L’indice di fecondità delle donne è in calo, siamo a 1,35: c’è una tendenza, di fatto, verso il dimezzamento delle generazioni. L’età media delle mamme che ha superato i 31 anni. E c’è un altro dato su cui riflettere: i matrimoni sono diminuiti a un ritmo di oltre 50mila all’anno. I giuristi, in questi casi, parlano di indizi gravi, precisi e concordanti.

Solo sostenendo la famiglia naturale si rilancia la natalità.
Il matrimonio è sinonimo di stabilità e di radici per una coppia. C’è un aumento delle convivenze more uxorio, ma vediamo che esse presentano un indice di filiazione molto inferiore. È come se ci fosse poca fiducia nel futuro, che si traduce in minore voglia di un legame stabile, con ripercussioni sulla scelta di mettere al mondo dei figli.

Come intervenire, allora?

Innanzitutto sul metodo, occorre un disegno organico per aiutare le famiglie. Ci sono state varie misure assunte negli ultimi anni, penso alla conciliazione famiglia-lavoro, alle politiche per assegni e detrazioni, l’aumento di flessibilità dei congedi parentali per figli minori, nel Jobs act, con l’innalzamento da 8 a 12 anni del limite di età del bambino. Ora nel Def abbiamo inserito una norma volta a far nascere il testo unico della famiglia. L’obiettivo è farne il punto di riferimento delle politiche sociali ed economiche del nostro Paese. Anche con interventi sperimentali, come il family audit: una tecnica di monitoraggio della conciliazione famiglia-lavoro che si sta sperimentando in Trentino, con la collaborazione di grandi aziende e professionisti esterni, e potrà essere estesa anche altrove.

Ma ora urge una terapia d’urto, almeno per quei tre milioni di famiglie sotto la soglia di povertà.
Propongo un patto con le famiglie. Nella consapevolezza che ogni euro investito per la famiglia ritorna con gli interessi nelle casse dello Stato in termini di crescita e sviluppo. Deve cessare l’idea che gli interventi per le famiglie creino deficit invece di sviluppo.

È assurdo in questa denatalità che le famiglie numerose, citate dall’articolo 31 della Costituzione, debbano dare e non ricevere.
Il disegno di legge delega Social act, che dovrebbe essere approvato entro giugno, prevede uno stanziamento nel 2016 di 600 milioni. È auspicabile, già a partire da esso, un’attenzione per i nuclei numerosi. Non si può pensare che le famiglie siano considerate delle somme di individualità.

Il quoziente familiare non è la soluzione più equa ed efficace?
È un principio di buon senso. Ma stiamo valutando con attenzione anche il 'fattore famiglia' proposto dal Forum delle famiglie, altre proposte fanno leva sulle detrazioni, ma tutto va inserito in una politica generale pro-famiglia. Mi batterò per questo, ma il mio è un ministero senza portafoglio: occorre un piano organico e compatibile di tipo complessivo.

Sulle adozioni la delega è andata al ministro Boschi.
Fin dall’inizio questa delega è a Palazzo Chigi, che ora l’ha assegnata alle Pari opportunità. Certo è una materia che si lega molto all’attività del mio ministero, ma ho molta fiducia nel ministro Boschi e sono certo che ci metterà il massimo impegno.

Non può esserci il disegno, con la riforma, di sottrarre questo istituto alla famiglia?
La legge sulle adozioni ha bisogno di un tagliando, ci sono tanti problemi da mettere a punto. Ma la priorità va data al bambino in stato di abbandono prima che ai soggetti che aspirano all’adozione. C’è una legge sulle unioni civili che non prevede le adozioni e sana la lacuna colmata sin qui dai Tribunali. Oggi non c’è più spazio per interpretazioni ed eviterei far rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta.

Angelo Picariello

© Avvenire, 14 maggio 2016

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